Vai al contenuto

25 dicembre 1991: fine dell'URSS


Starlite

Messaggi raccomandati

20 anni fa se dissolveva l'URSS

Da Il Piccolo de oggi riporto el ricordo de Sergio Canciani, testimone sulla Piazza Rossa dell'ammainamento della bandiera con falce e martel dal Cremlino.

Quella notte in piazza Rossa quando crollò il comunismo

Per il Natale del 1991 la Rai mi fece seguire la messa anticipata di mezzanotte

Ma poi arrivò l’allarme e vidi in diretta il lungo ammainabandiera del Cremlino

di SERGIO CANCIANI Tema: un Natale che non dimenticherò mai. Svolgimento: è quello del 1991 allorché la Rai per la prima (e l’ ultima volta) da territori ostili alla religione trasmise dall’allora unica chiesa cattolica di Mosca la messa di mezzanotte. Per l’esattezza, causa freddo e residui polizieschi, era stata anticipata alle sette (le cinque in Italia) ma tutto si svolse in diretta: omelia del prete, preghiere e canti dei fedeli, un commento imbarazzato che il direttore del TG3 Sandro Curzi (che da vecchio trinariciuto ci si divertì parecchio) affidò al vostro cronista con l’appoggio di Giulietto Chiesa, già corrispondente dell’Unità e poi esegeta del gorbaciovismo per La Stampa. Ci piazzammo in sacrestia, tra effluvi di incenso e di borsch in un’atmosfera da parocchia di campagna. Invece eravamo tra le mura di San Luigi dei Francesi, un modesto tempietto neoclassico in pietra e legno, a pochi passi dal torvo palazzone della Lubianka con i suoi gironi infernali gestiti ancora dalla polizia segreta. Tutto comunque andò benissimo: predica, inni, scambio di auguri tra i non moltissimi astanti in prevalenza lavoratori polacchi che tutto si sarebbero aspettati salvo vedere due tipi strampalati a commentare (commentare? Ma si può commentare una messa?) ciò che accadeva tra altare e inginocchiatoi. Al di là dell’imbarazzante inadeguatezza liturgica fu per noi un’esperienza bella e stravagante ma il “coupe de thèatre”, il gran botto doveva ancora arrivare. Stavamo là a sistemare cavi e lampade quando trillò il radio-telefono, un pesante Nokia che si portava a spalla. Erano Gennadij e Kirill, i nostri due uomini di fiducia, che chiamavano affannati dall’ufficio. «Che fate lì, correte in piazza Rossa che sta venendo giù tutto!». Allarme. Corremmo verso la non lontana piazza attraversando una città spettrale. Sotto una piccola neve la Lubianka sembrava un’isola dei morti e così la lugubre infilata dei palazzoni del Comitato Centrale sulla via Ilinka. Sulla distesa ibernata sotto le mura del Cremlino non c’era un fantasma, nemmeno il tradizionale ubriaco. Solo l’ombra di qualche poliziotto appostato in angoli poco illuminati. Poi arrivarono alcuni colleghi della Bbc e della Zdf e insieme vedemmo l’inopinabile ovvero il lento ammainabandiera dalla cupola verde del Cremlino. Dopo sette decenni il vessillo rosso con la falce e martello senza troppi rimpianti del popolo finiva metaforicamente nella polvere e concretamente in un deposito museale lasciando il posto al bianco-rosso-blu della vecchia/nuova Russia. In quella notte di Natale di vent’anni fa si compì così l’ultimo atto del lungo dramma, tra rottami e speranze. In quei giorni prenatalizi si susseguirono eventi epocali che ci avevano lasciato tutti sbigottiti, russi e occidentali (i famosi cultori della cremlinologia, la più fallace delle scienze). In pochi mesi, in una micidiale sequenza si era sciolto il Patto di Varsavia, un golpe fallito aveva distrutto l’astro di Gorbaciov, poi umiliato pubblicamente come fosse l’ultimo dei muzhiki dal fiammeggiante nuovo padrone Boris Eltsin che prese il potere. In accordo con Ucraina e Bielorussia, dopo settant’anni di glorie e vergogna, l’Urss veniva liquidata e con essa il comunismo double face: capsule spaziali e pentole vuote. Erosa dal degrado, divorata dalla corruzione e dall’ incompetenza la baracca si era sfasciata seppellendo la “perestrojka” di Gorbaciov, ovvero il tentativo di riformare “dall’ interno” un sistema ormai irrecuperabile. Dopo aver perso la sfida con l’America di Bush padre senza nemmeno accennare battaglia e incapace di concedere un minimo di dignità e di benessere ai suoi sudditi, il “Sovjetskij Sojuz” (l’Unione dei Soviet) era ormai cadavere, nemmeno imbalsamabile come la mummia di Lenin. A quell’ammainabandiera seguirono anni turbolenti, ruberie più rapaci di prima e guerre tribali fino all’abdicazione del malfermo Eltsin e l’ascesa del fermissimo Putin il quale, a beneficio delle masse inerti, ora dice che «il crollo dell’Urss fu una delle grandi tragedie del ventesimo secolo». Affermazione presuntuosa e rischiosa già subissata dai fischi dei manifestanti della “nuova classe” democratica. Per tornare a quelle ore: inaudita diretta TV per la messa papista, archiviazione della bandiera rossa con falce e martello, nessuna stella cometa che indicasse la via. Troppo per una sola notte, benché natalizia. Così noi, perplessi marinai, decidemmo di cercare ormeggio nel caffè del vicino hotel Metropol. Il barman si era fatto le ossa sui “wagon lits” tra Leningrado e Helsinki e dopo vari brindisi, guardando sulla Cnn il saliscendi delle bandiere, sospirò nella sua lingua ferroviaria: «Mister, c’est la fin. Prosit».

Link al commento
Condividi su altri siti

Partecipa alla conversazione

Puoi pubblicare ora e registrarti più tardi. Se hai un account, accedi ora per pubblicarlo con il tuo account.

Ospite
Rispondi a questa discussione...

×   Hai incollato il contenuto con la formattazione.   Rimuovere la formattazione

  Sono consentiti solo 75 emoticon max.

×   Il tuo collegamento è stato incorporato automaticamente.   Mostra come un collegamento

×   Il tuo contenuto precedente è stato ripristinato.   Pulisci editor

×   Non puoi incollare le immagini direttamente. Carica o inserisci immagini dall'URL.

Caricamento...
  • Chi sta navigando   0 utenti

    Nessun utente registrato visualizza questa pagina.

×
×
  • Crea Nuovo...
×
Il Forum di Elsitodesandro
Indice
Attività
Accedi

Accedi



Cerca
Altro
×