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Le eredità post-derby regionale


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È giusto lasciarsi andare a un briciolo di sconforto dopo la seconda sconfitta consecutiva in trasferta? Se guardi su che parquet hai giocato, molto probabilmente sì. Perché una gara come quella contro Udine la vorresti vincere sempre, a prescindere dalla classifica, dagli obiettivi di stagione e dalla differenza tecnica tra le due squadre.

La piccola "eredità" che il derby regionale di fine 2017 lascia in grembo all'Alma ha le sembianze di piccolo esame di maturità che Trieste - forte di un primato in classifica indiscutibile sino a qui, poiché va sempre tenuto del 12-2 col quale i biancorossi continuano a guardare sempre tutti dall'alto verso il basso - non riesce a superare nell'ultima gara dell'anno solare. E in tal senso ci sono sempre i pro e i contro da analizzare.

QUELLO CHE VA SALVATO Partiamo sempre dal presupposto che il primo posto a Est permette alla squadra di Dalmasson di poter anche tirare un po' il fiato: il cammino sin qui è stato da favola ed era logico aspettarsi qualche passaggio a vuoto dopo quasi tre mesi ininterrotti di vittorie. Certo è che, come già accaduto a Verona, anche in Friuli l'Alma ha mostrato il suo volto "umano": nella tana della Gsa, tanti alti e bassi, tanti minuti a rincorrere senza però mai riuscire a riacciuffare la preda. E se per l'Apu e buona parte dei suoi tifosi il match del venerdì sera rappresentava una sorta di ossessione, la Trieste approdata al "Carnera" e forte di quel +32 nella partita pre-natalizia contro Piacenza è sembrata essere maggiormente scarica da un punto di vista emotivo. Nonostante tutto, i biancorossi hanno ugualmente venduto cara la pelle sino al termine, segnale che basta tanto poco per rimettersi in carreggiata e che, grazie alla caratura tecnica in proprio possesso, sono sempre in grado di poter raddrizzare le sorti avverse. 

Aggiungiamo, tra le cose positive del derby, anche il colore e il calore dei triestini presenti in mezzo al mare di bandierine bianconere udinesi. Tanti sfottò e campanilismo, ma zero problemi dal punto di vista dell'ordine pubblico. Tutto sommato, il vero successo della sfida regionale arriva proprio dallo spettacolo che si è visto sulle tribune e dalla civiltà dei relativi supporters.

QUELLO CHE VA SCARTATO Nell'analizzare la sconfitta del derby, ci sono molteplici punti di vista da poter tenere conto. Se, per giudizio puramente personale, la Gsa è in questo momento la squadra più rognosa da affrontare (e, in un ambito di post-season, ritrovarsela davanti sarebbe estremamente problematico per come il team di Lardo sia stato in grado - per il secondo anno di fila - a far giocare male Trieste tra le proprie mura amiche), dall'altra l'Alma non è esente da colpe.

Non ne faremo sicuramente una malattia, tuttavia sono i dettagli ad aver premiato Udine, abile a preparare bene la partita specialmente nel contenimento di buona parte delle punte di diamante biancorosse (e in tal senso, è indicativa la prova di Green, mai realmente entrato in gara). Gli ospiti c'hanno capito poco da un punto di vista puramente tattico, anche qui merito della combriccola di Lino Lardo che - in fatto di granelli di sabbia da inserire negli ingranaggi biancorossi - hanno fatto capire di essere perfettamente sul pezzo in questa serie A2 e di poter dare fastidio a molte, non solo ai "cugini" regionali.

Trieste dovrà abituarsi a tutto questo. Al termine di questo girone d'andata, dove manca ancora la "sorpresa" Montegranaro da affrontare a Valmaura, è evidente come da una parte la forza di questa squadra sia nettamente superiore a quella dell'80% delle altre avversarie di girone. Dall'altra, che nel corso del tempo il coefficiente di difficoltà sarà sempre più elevato, considerando il fatto che il valore dell'Alma è sempre più noto e che le rivali studieranno contromosse sempre più potenzialmente ostiche da digerire per Cavaliero e soci. E tutto sommato è giusto così: analizzare per bene ciò che non va, con un tesoretto di quattro punti di vantaggio sulle seconde e con una tranquillità interiore di chi il suo sporco dovere sin qui lo ha fatto alla grande, non è roba da poco. Specie per chi come Trieste è costretto a vincere e ha un unico pallino nella testa: quello del salto di categoria.

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