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Da Bassano al Monferrato.La lunga strada della rinascita.


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Un mio umile e piccolo omaggio per chi  c'era anche contro Corno di Rosazzo e anche per chi non c'era.

Per Voi, per loro, per noi ed anche un po' per me..

 

Ps: Vogliate scusare  le imperfezioni o l'inesattezze.

Lo stile e' ispirato indegnamente ad un noto giallista italiano.

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Questa e’ una storia di rinascita.

Come quei film in cui il protagonista cade, si rialza, ricade e si risolleva.

Ritrovandosi alla fine ricco, famoso e pieno di successo.

Ma questo non e’ un film

Questa e’ una storia vera, realmente accaduta nel panorama cestistico italiano tra il 2008 ed il 2018.

Questa e’ la storia della Pallacanestro Trieste

 

Ed inizia da un’autostrada.

Di quelle che spaccano la pianura in 2 ,con interminabili rettilinei.

C’e’ una macchina, di quelle belle, di grande cilindrata, che vi sfreccia.

Dentro c’e’ un uomo.

Distinto, ben vestito, che maneggia sull’autoradio nervosamente, per trovare una stazione radiofonica non disturbata.

Di tanto in tanto fuma una sigaretta, per ingannare il tempo sprecato nel viaggio, mentre l’auto avanza su quella autostrada, in quel pomeriggio di tarda primavera dell’anno 2013.

Tenetevelo a mente questo anno.

Perche’ ora saltiamo indietro.

Di esattamente 5 anni.

Nel maggio 2008, Contador si apprestava a vincere il suo primo Giro d’Italia, e nelle sale dei cinema italiani stava per uscire il DIVO, ritratto di Andreotti, firmato Sorrentino.

La Pallacanestro Trieste in quei giorni si gioca la permanenza in B2 con Bassano.

A dire il vero il baratro per la societa’ si era spalancato gia’ 4 anni prima.

Con il fallimento della vecchia societa’, la scomparsa dal basket che conta e la ripartenza con un nuovo soldalizio, Pallacanestro Trieste 2004,che noi continueremo comunque a chiamare semplicemente Pallacanestro Trieste, la passioni non cambiano marchio, guidato dall’allora Sindaco Dipiazza, dalla B2.

Pronta la risalita in B1, campionato di assestamento, ricaduta in B2 dopo una violenta serie con Patti, e poi..e poi, dopo una campionato fatto di equivoci, malintesi e malumori interni ed esterni, lo spareggio per non retrocedere con Bassano.

Dopo che Trieste si era fatta eliminare da Gorizia.

Ed e’ una serie brutta questa contro Bassano, con scontri non sempre solo verbali, in campo, con tanto nervosismo fuori.

Trieste in gara 3 sta per perdere anche il fattore campo, dopo un parziale prima dell’intervallo

di una ventina di punti a 0 a favore dei meno considerati giocatori veneti. Forse il punto agonistico piu’ basso toccato dal basket di vertice cittadino

Ma poi Trieste reagisce, vince gara 3, sfiora la chiusura vincente a Bassano in gara 4, dopo una partita persa con molte polemiche e recriminazioni, ma trionfa, davanti a 4000 spettatori, dato inusuale per una partita di quarta serie, gara 5, salvandosi dalla caduta nell’oblio cestitico.

Ma non era piaciuta questa stagione ai dirigenti triestini, che decidono, grazie anche alla generosa sponsorizzazione, e non solo, Acegas, di rifondare un progetto e di risalire dal punto piu’ basso mai toccato dalla pallacanestro di vertice cittadina.

E per farlo, richiama come consulente Boniciolli, personaggio cresciuto all’ombra dei Tanjevic negli anni d’oro targati Stefanel, reduce da ottimi successi su varie panchine italiane in massima serie.

Personaggio difficile, spigoloso, che spesso dice quel che pensa, ma spesso pensa cio’ che non dice.

Ma e’ anche una persona carismatica, che conosce i meandri del mondo del basket nazionale.

E si mette subito al lavoro Boniciolli, lasciando andare dalla panchina triestina l’arcaico Pasini, e chiamando alla guida tecnica della squadra un allenatore relativamente giovane con buona esperienza nelle seconda serie nazionale, Massimo Bernardi.

Uomo estroso ed estroverso, non fa fatica a attirarsi la simpatia della frangia piu’ estrema dei tifosi.

Costruisce una squadra solida, chiamando Bocchini, Lenardon e Benevelli.

La stagione regolare e’ un cammino abbastanza costante e di alto livello.

Ma nella prima partita dei play off promozione, complice una decisione arbitrale che mai si e’ vista

nei campi di basket, Trieste perde con Como, lasciando ai Comaschi anche il fattore campo della serie.

Ma la squadra e’ forte e vince abbastanza agevolmente a Como, portando la serie a casa nella successiva partita giocata in esilio.

Perche’ in esilio? Perche’, dopo gara 1 conclusasi in modo rocambolesco i tifosi non avevano accettato la decisione arbitrale che ha regalato, a loro dire,la vittoria ai Comaschi, giungendo pure a contatto fisico con uno degli arbitri.

Inevitabile la squalifica del campo.

Ma poco male, perche’ dopo Como, Trieste si sbarazza di una delle favorite, Trento ed in finale, con Riva del Garda, raggiunge la promozione in B1.

L’entusiasmo della piazza per il primo gradino di una rinascita, si scontra con una stagione di b1 abbastanza anonima, non priva di attriti tra Bonicciolli e Bernardi.

Tensioni che portano, al termine della stagione 2009/10 al via libera di Bernardi.

Al suo posto, Boniciolli sceglie un allenatore veneto, brizzolato e di poche parole e di poche emozioni.

Una di quelle persone che non noteresti mai ad una festa, un uomo dai modi anonimi ed austeri.

Il suo nome e’ Eugenio Dalmasson.

Allenatore con molti successi in campo femminile e nelle serie minori maschili, pragmatico, anti personaggio per eccellenza, sara’ uno dei tasselli fondamentali per la scalata al successo della Pallacanestro Trieste.

Ma torniamo a quell’uomo misterioso, che macina km in quell’anonima autostrada in quella fredda primavera 2013.

Quell’uomo e’ vicino alla sua meta.

Esce dall’autostrada e si dirige verso una localita’ di una ricca provincia Veneta.

L’uomo sa benissimo dove andare, con chi parlare e cosa fare.

Si fa aprire un cancello, ed arriva davanti ad un edificio con le finestre specchiate.

Una azienda, forse un fabbrica, forse semplicemente un palazzo dirigenziale.

L’uomo spegne l’autoradio che tanta noia gli aveva dato in quel viaggio, scende dall’auto, apre la portiera posteriore e dal sedile preleva un’elegante valigetta d’affari, di quelle di pelle nera.

Entra nell’edificio, si annuncia alla portineria, gli viene indicato il piano ed il numero di una stanza, prende l’ascensore, cerca quella stanza , vi entra e si siede su un’elegante poltrona di pelle. Ai muri vi sono appese, oltre che delle locandine di famosi fim del passato , delle foto di giocatori di basket, alcuni in maglia verde, alcuni in maglia blu.

Non ci sono altre persone in quella stanza.

L’uomo un po’ provato dal viaggio, le osserva distrattamente, si accende una sigaretta, l’ennesima di quella giornata, ed aspetta.

Non ci si aspetta granche’ invece dalla stagione 2010/11 dalla Pallacanestro Trieste.

Ed infatti il campionato non e’ di quelli che si ricordano, se non per lo strano avvicendamento in cabina di regia Lenardon - Busca, giocatore quest’ultimo, abbastanza anziano che non rende quanto ci si aspetta, facendo spesso rimpiangere il gioco brioso e un po’ illogico del suo predecessore.

Per questo, ma non solo per questo, Dalmasson non piace. Troppo ingessato, troppo serioso, che poco concede al pubblico, specie quello piu’ caldo, abituato a 2 anni alla panchina agitata e spettacolare di Bernardi.

La stagione, che prevede un numero cospicuo di retrocessioni in quarta serie per l’ennesima riforma dei campionati, si conclude con uno spareggio per restare nella terza serie, contro una squadra pugliese, Molfetta; Trieste se ne sbarazza agevolmente mostrando un gioco d’insieme che poche volte si era visto in quella stagione.

Gioco d’insieme che sara’ poi il marchio di fabbrica delle future squadre di Dalmasson.

Come quella 2011/12, composta da tre giocatori mandati via dall’ambiziosa Omegna, che non era riuscita con loro a centrare la promozione, Carra, Zaccariello e Ferraro.

Tre scarti, insomma, venuti a Trieste con sete di rivincita. Accanto a loro arriva un centro non spettacolare, ma estremamente concreto, Gandini, un giovane friulano di buone speranze, Maganza,

che raggiungono il nucleo rimasto dall’anno prima, composto da giovani triestini, Coronica, Scutierio, Ruzzier che bene si sono comportati l’anno prima nelle occasioni in cui Dalmasson ha concesso loro fiducia.

La stagione regolare di quello strano campionato di terza serie, diviso per conference e division come l’Nba, inizia bene e finisce meglio.

Trieste e’ prima della sua division .

Ed inizia bene anche la sua post season,facendo fuori Recanati in sole due partite.

Ma poi arriva Ferentino ed iniziano i guai.

I Ciociari, guidati da Guarino, un play tanto odiato dal pubblico avversario, quanto efficace e carismatico sul campo, sbancano il Palatrieste in gara 1, perdono, sempre in terra giuliana,

gara 2, e, con il fattore campo ribaltato, si giocano la promozione tra le mure amiche.

Acciuffano gara 3 per i capelli, e vincono gara 4. Ferentino sale in A2.

Nessuno ad inizio stagione si aspettava la promozione, con un allenatore mediaticamente insipido, con i 3 scarti di Omegna, con un mestierante sottocanestro e con un manipolo di giovani dal futuro non chiaramente glorioso.

Ma l’appetito vien mangiando. E la quasi eliminazione con Ferentino e’ un macigno di delusione difficile da digerire, anche per i rapporti non proprio idilliaci tra le opposte tifoserie.

E’ una quasi eliminazione, quasi, perche’ quell’anno le eliminate delle semifinali si potranno giocare l’ultimo posto utile per la promozione in uno spareggio al meglio delle 5 partite.

Quelle 2 squadre sono Chieti e Trieste.

Trieste ha il vantaggio del fattore campo favorevole. Che perde subito uscendo sconfitta in casa in gara 1 dagli onesti giocatori abruzzesi.

Niente di nuovo sotto il sole, con tre perdenti a guidare la squadra e con un allenatore che non si mette mai a zona, dicono in molti.

L’ambiente e’ depresso, pronto ad affrontare l’ennesima stagione nel purgatorio cestitico nazionale, giocando spesso in palestre,piuttosto che in palazzi dello sport, in localita’ nemmeno di provincia, senza stranieri, senza spettacolo.

Trieste,pero’, vince agevolmente gara 2.Pareggia la serie; ma il problema e’ che deve andare a vincere a Chieti. Almeno una delle 2 partite previste, per salvare la serie e tornare a Trieste per giocarsi la bella.

E non sara’ la prima delle 2, avranno pensato in molti, a riportare il fattore campo a favore di Trieste, dopo aver visto il risultato del primo tempo, che vede Chieti guidare con ampio margine.

Ma dopo l’intervallo succede qualcosa.

La squadra reagisce, recupera e supera Chieti,e controlla sino alla fine con un po’ pathos, e porta a casa la partita.

Trieste,, se va male si giochera’ la promozione tra le mura amiche.

I tifosi tirano un sospiro di sollievo.

Trieste nella quarta partita e’ gia’ con il pensiero alla bella, sbraca e Chieti prenota l’albergo a Trieste.

E’ il 14 giugno 2012. Il Palatrieste, da troppi anni semivuoto, rivive il lustro di un tutto esaurito.

Fittizio, fittizio perche’ la societa’ permette l’ingresso gratuito per tutti.

La partita e’ una classica partita di play off, in cui la squadra che guida non da’ mai l’impressione di poter chiudere il match, e la squadra che insegue non sembra in grado di ribaltare la situazione.

Poco male. La squadra che guida e’ Trieste, quella che insegue e Chieti.

Trieste torna in A2, mandando in visibilio i 7000 tifosi, di cui molti occasionali, che hanno assistito alla partita. Con tre perdenti, un mestierante, giovani dal futuro incerto e con un grigio allenatore che poco concede allo spettacolo.

C’e’ molta curiosita’ a Trieste, e non solo Trieste, per la squadra che verra’ allestita per il ritorno nel basket che conta, finalmente con gli Americani e contro piazze di una certa tradizione.

E’ estate, tempo in cui le societa’ coltivano i sogni, e i sogni dei triestini si chiamano Thomas, Filloy, Brandon Brown. Ce ne sarebbe un quarto, ma quello rimane appunto un sogno, Marko Milic.

Al timone rimane Dalmasson che, nonostante abbia dimostrato di saper essere un vincente, non ha allontanato lo scetticismo che lo circonda.

Con gli Americani sara’ diverso, si dice, lui non sapra’ gestirli e loro si stuferanno del suo gioco poco incline alle concessioni poetiche e agli individualismi.

Ma l’inizio e’ incoraggiante e la squadra, da neopromossa, viaggia nelle posizioni di meta’ classifica, in tranquillita’, senza grossi affanni.

Sinche’ in una partita di meta’ inverno, gli Americani non ci sono piu’.Se ne sono andati.

Ma non e’ colpa di Dalmasson.

La societa’, dopo l’esclusione di Napoli si sente sicura senza piu’retrocessioni.

Non naviga nell’oro il soldalizio triestino, anzi, e’ proprio con l’acqua alla gola. Il ritorno nella seconda serie nazionale aveva contagiato di entusiasmo un po’ tutti, anche quelli che dovevano far quadrare i conti. In piu’, l’Acegas si e’ defilata,lasciando un vuoto economico di una certa importanza.

Per evitare un nuovo fallimento, mantenendo la categoria, la stanza dei bottoni della Pall. Trieste decide, in maniera tutt’altro che indolore, di risparmiare, mandando via i giocatori con gli ingaggi piu’ sostanziosi, mantenendo l’ossatura italiana della squadra per quasi tutto il girone di ritorno.

La squadra, protetta dal carisma di Dalmasson, non leva gli ormeggi, ma lotta ad armi impari ogni singola partita, riuscendone pure a vincere un paio, dimostrando che il gioco di sistema dalmassoniano funziona, nei limiti del possibile, anche senza giocatori guida e di talento superiore.

Ci si salva, senza gioia, senza soldi. E’ la primavera, quella fredda, del 2013.

Dove e’ iniziata la nostra storia.

Dove c’e’ quell’uomo che aspetta in quella stanza tappezzata di cinema e di basket, in quell’edificio dalle finestre specchiate, in mezzo alla ricca provincia veneta.

 

Poi, in quella stanza, arriva un’austera segretaria in tailleur.

Lo invita ad entrare in un altra stanza piena di trofei e con una scrivania di legno pregiato. Seduto a quella scrivania c’e’ un altro uomo dall’aspetto fine ed i modi gentili.

L’uomo entra, spegne la sigaretta, scusandosi per il disturbo recato dal fumo, si siede e comincia a discutere.

Ma di cosa discutono quei due uomini, uno nervoso e dai gesti improvvisi e l’altro pacato e sicuro di se?

Parlano di numeri, di soldi, di parco giocatori, di categorie, di scambi.

Quei due uomini parlano della cessione dei diritti di A2 da Trieste a Treviso.

Eh si, perche’ Trieste nel frattempo aveva terminato la stagione alla canna del gas,nonostante la rinuncia agli ingaggi degli americani Jobey Thomas e Brandon Brown.

La citta’ sentendosi tradita da quel gesto ha iniziato di nuovo ad allontanarsi dalla Pallacanestro Trieste, e pur di evitare un altro fallimento, chi comanda in societa’ decide per il male minore.

Treviso, sprofondata pure lei dopo l’abbandono dei Benetton, invece di soldi ne ha abbastanza.

La sua piazza e’ ancora abbastanza calda e reclama una risalita immediata del basket trevigiano .

Quell’ incontro, tenuto in stretto riserbo, si conclude con una stretta di mano che sa tanto di accordo.

Treviso giochera’ in A2 e Trieste sara’ costretta a ripartire di nuovo dal basso, dopo aver solo assaporato per pochi mesi, la gioa del basket che conta.

Ma invece, succede qualcosa, un colpo di scena di quelli che rivoltano la trama di un libro giallo, o sorprendono lo spettatore di un film thriller.

 

Succede che gli spifferi, che in questi caso vi sono sempre, di una possibile cessione dei diritti, ha allarmato i tifosi. In particolare, cinque tifosi, tifosi qualunque,di quelli che vanno alla partita pagandosi il biglietto, e qualcuno pure nei settrori piu’ popolari , chiedono di poter parlare con Istituzioni triestine e con la societa’.Qualcuno li considera dei meri sognatori, dei don chishotte che saranno costretti a sbattere il muso contro i mulini a vento.

 

Propongono alla societa’ di avviare una precoce campagna abbonamenti per raggiungere una somma di denare tale, da poter iscriversi al prossimo campionato, fermando la trattativa con Treviso.

I vertici della Pall.Ts. Acconsentano, i tifosi si danno da fare e i piu’affezionati non perdono tempo per dimostrare il proprio attaccamento alla pallacanestro.

L’iniziativa suscita piu’ scetticismo che entusiasmo, la citta’, molto incline al fatalismo, non e’ convinta, il no se pol, non si puo’ in italiano, domina ancora nell’animo del tifoso medio triestino.

Eppure, nonostante che il numero stabilito di abbonamenti non venga raggiunto, la societa’ decide ugualmente di interrompere la trattativa con Treviso e si prepara, sempre con Dalmasson alla guida, alla stagione 2013/2014, in serie A2.

Un mercato povero, non poteva essere diversamente quello Triestino.

Eclissatosi Boniciolli un anno prima, non senza polemiche e veleni specie con la parte piu’ calda della tifoseria, a guidare il mercato viene chiamato Ghiacci, vecchia conoscenza triestina ai tempi della Coop Nord est, che insieme a Bocchini riesce ad allestire una squadra con pochi spiccioli, puntando sui giovani e sulla triestinita’.Coronica, Ruzzier, Tonut, Fossati ed altri giovani, costituiscono l’anima italiana, assieme a Mastrangelo al fedelissimo dalmassoniano, Carra, e al prestito veneziano, Candussi, giovane e lungo di belle speranze.

 

Come stranieri arrivano il semisconosciuto Harris e l’esperto ma ormai logoro tiratore Hoover.

Che infatti verra’ sostituito a febbraio con Wood, play guardia fisicamente piu’ fresco.

La serie con Bassano, l’arrivo di Dalmasson, il mancato accordo con Treviso per lo scambio dei diritti.

Queste sono alcune delle pietre miliari di questa storia.

Ma quello che succede una domenica di inzio aprile 2014 ,di diritto entra tra i momenti cruciali di questo racconto.

C’e’ un giocatore, giovane, Triestinissimo.

Gioca play e di lui si dice un gran bene.

Dalmasson gli affida la regia della squadra triestina da un paio di anni, nonostante la giovane eta’.

Perche’ e’ un raccomandato, dice qualcuno, no, perche’ e’ forte, dicono altri.

Ma Ruzzier, questo il suo nome, pur essendo forse raccomandato, e’ nipote di quel Boniciolli tanto discusso a Trieste, ha davvero talento e gambe forti.

E lo dimostra pienamente in quella domenica di aprile 2014.

Si gioca al Palatrieste, una sfida decisiva per la permanenza in A2. Chi perde e’ spacciato.

Trieste contro Forli, come in altri anni, come in altri momenti cruciali della loro storia, le due realta’ si incrociano in una partita del dentro o fuori.

La partita e’ equilibrata sinche’ dopo l’intervallo, Ferguson, swingman forliverse, non si sveglia dal torpore e, a suon di bombe,indirizza la partita verso i colori romagnoli.

Forli e’ in vantaggio, quasi in doppia cifra, ad una manciata di minuti dalla fine.

Ma l’orgoglio triestino di Ruzzier ribalta la situazione ;il giovane play si porta sulle spalle la squadra e a suon di canestri a ripetizione, in 3 minuti, sconvolge l’esito della partita, salvando Trieste.

Questi sono stati gli ultimi 3 minuti del Triestino Ruzzier al Palatrieste in maglia biancorossa.

3 minuti indimenticabili e fondamentali per la storia del basket triestino.

Sempre con il solito affanno, specie dal punto di vista societario.

Se Ruzzier, parte per Venezia, per tentare l’avventura in A1, in una societa’ ambiziosa, c’e’ un altro Triestino doc che rimane, figlio d’arte:Stefano Tonut.

Tonut e’ una guardia, forse un’ala che mai aveva convinto del tutto.

Un anno piu’ giovane di Ruzzier, quasi sempre da questo e’ stato oscurato.

Snobbato dai piu’, Tonut, assieme al nuovo Americano, bizzoso, ma talentuoso e fisicamente devastante, Holloway e al sempreverde Carra, porta la pallacanestro Trieste, orfana di sponsor, addirittura ai play off, dopo una stagione travagliata per la Lega, con rinunce ed esclusioni, che ne falsano, in qualche modo la classifica.

Qualcuno dice che senza quegli incassi nella post season, Trieste sarebbe fallita.

Qualcuno ironicamente osserva lo strano andamento dell’ultima partita di stagione regolare, contro Ferentino, partita vinta al supplementare da Trieste, che regala in extremis la possibilita’ di giocarsi la teorica promozione in A1, per la prima volta alla squadra Giuliana.

Sta di fatto che in realta’, voci maligne a parte, Trieste meritava di partecipare alla post season.

Post season che onora, eliminando Ferrara e portando l’ambiziosa Brescia a gara 5.

Tonut si rende protagonista di una stagione fantastica, inaspettata per certi versi, il cui apice viene raggiunto con il canestro da 3 a fil di sirena o quasi,in gara 3 contro Brescia, al termine di una delle piu’ belle partite viste al PalaTrieste.

Tali prestazioni non potevano passare inosservate ed infatti la solita Venezia lo strappa a Trieste per lanciarlo nell’olimpo del basket.

La stagione successiva riparte con le solite premesse, con la solita rifondazione con il solito nucleo triestino a tirare la carretta. Nucleo triestino che si arrichisce con un’arrivo importante: Andrea Pecile, giocatore esperto e di talento, reduce da una carriera importante, che vuole chiudere presumibilmente nella sua citta’.

Con Carra ritirato, dovra’ essere lui, l’anima della squadra. Squadra formata da un bulgaro, un Americano sconosciuto, giovane e senza grosso pedigree, da un altro triestino preso in prestito da Trapani, Bossi, e da un altro giovane di belle speranze che sostituisce Candussi, partito per altri lidi, Landi.

La stagione non inzia bene per Trieste, manca il talento di Tonut, e l’estro di Holloway, ma pian piano, Dalmasson inizia ad infondere ai giocatori la sua personalita’; la squadra ricomincia a vincere, con una certa continuita’, Parks, l’americano sconosciuto che viene dal Bronx, e’ efficace e gioca con grande cuore, Bossi guida la squadra, Pecile ci mette tutto il suo talento e la sua esperienza.

E cosi’ Trieste, senza grossi affanni, questa volta, non solo si salva, ma raggiunge, per la seconda volta consecutiva, i play off.

Ma non e’ questa la cosa piu’ importante di questa stagione.

La serie con Bassano, l’arrivo di Dalmasson, i 3 minuti di Ruzzier, l’utopia vincente di quei cinque di tifosi.

Questa storia si arricchisce di un altro tassello importante.

Di quelli che se non ci fosse stato, oggi non saremmo qui a raccontarla questa storia.

In quell’inverno arriva a Trieste a dar manforte alla societa’, uno sponsor, dopo tanti anni di magliette anonime, e aiuti economici irrisori .

E’ una societa’ interinale di lavoro, una delle tante che fioriscono in questi anni.

La proprieta’ ha sede nel sud, con varie filiali in diverse parti del Paese.

Da una di queste filiali, situata nel profondo Friuli, arriva un uomo.

Piccolo,entusiasta e, per sua stessa ammissione, non un conoscitore di basket.

Quell’uomo si chiama Gianluca Mauro e rappresenta L’Alma agenzia per il lavoro.

Non un nome conosciutissimo ai piu’ questo dell’Alma, sta di fatto che Mauro per conto dell’azienda mette subito a disposizione denaro fresco, la societa’ sostituisce il Bulgaro con un piu’ navigato ed talentuoso Americano, Nelson e finalmente la societa’ finisce la stagione senza affanni economici.

Anche se un po’ brucia l’eliminazione al primo turno di Play off con Tortona.

Ma non e’ tutto.

Alma ha soldi e li desidera spendere.

In estate entra in societa’ ed in breve tempo ne diventa socio maggioritario.

Inizia per Trieste una nuova era: l’era di Gianluca Mauro.

 

E’ un decisionista questo Mauro e ha dalla sua i denari freschi che Alma gli mette a disposizione.

Elimina le diatribe con la parte triestina della societa’ con grande autorevolezza.

Con grande abilita’, fa in modo che la squadra di basket diventi una realta’ trasversale in tutti gli aspetti cittadini.

l’Alma Trieste non si distingue solo per le sue gesta sul parquet ma anche per inziative benefiche e visite frequenti nelle scuole cittadine; insomma il suo marchio si estende su tutto il tessuto cittadino.

Il risultato e’ che l’Alma Trieste rincoquista l’entusiasmo di un’intera piazza, facendo scoppiare in citta’ la cosiddetta “almamania” .

Si, proprio come negli anni ruggenti dell’Hurligham o in quelli ricchi ed ambiziosi della Stefanel.

Le partite al Palatrieste diventano un rituale domenicale per molti, in palazzo ricco di colore, il rosso, di rumore.di atmosfera.

Palatrieste che ben presto si chiamera’ Alma Arena, avendo la societa’ avuto in concessione la struttura dal Comune.

Il primo mercato estivo pero’, in apparenza, non regala colpi a sensazione.

Confermato a furor di popolo Parks, lasciato intatto il nucleo triestino, Bossi,Coronica, Pecile, assieme al dalmassoniano DOC, Prandin, Landi lascia Trieste alla volta di Roma, abbandono questo che provoca piu’ di qualche malumore in societa’ e staff tecnico,ed al suo posto viene ingaggiato un Milanese, uno di quei giocatori che tanto prometteva e poco ha mantenuto:Matteo Da Ros.

E dopo Da Ros, in sostituzione di Nelson, dalla terza lega spagnola arriva uno Statunitense ai piu’ sconosciuto, fortemente voluto da Dalmasson: Javonte Green.

Forse qualcuno si aspettava di meglio, tantopiu’ che la squadra non inzia bene.

Poi, pero’, succede che la squadra inzia a vincere, da Brescia Mauro fa arrivare un rinforzo di nome e importante, Alessandro Cittadini, e si arriva a fine stagione con 22 vittorie, a pari punti con Treviso e la Virtus Bologna.

Solo la classifica degli scontri diretti sancisce un comunque ottimo terzo posto nella stagione regolare.

Ma Mauro ha un’altra sorpresa da spendere e la spende bene e al momento giusto.

Prima dell’inizio della post season arriva da Varese nientemeno che Daniele Cavaliero.

Daniele Cavaliero e’ Triestino, anche se non di nascita, ed era il simbolo dell’allora Coop nord est, pre fallimento.

Con Trieste abbissata in B2, lui si e’ costruito un’onorevole carriera in serie A, giocando pure in piazze importanti.

Ora, a 33 anni decide di tornare per portare Trieste li’ dove l’aveva lasciata nella primavera 2004:

In serie A.

E inizia bene Cavaliero, quei play off. Decidendo gara 5 contro Treviglio che non senza sorpresa, aveva fatto penare Trieste per il passaggio del turno.

Contro Tortona, la squadra biancorossa si vendica del 3 a 1 dell’anno precedente e con il medesima sequenza di risultati,elimina la squadra Piemontese.

Trieste gia’ cosi tocca il punto piu’ alto mai raggiunto nell’era post fallimento: arriva nella semifinale per la promozione.

Grazie a 2 vittorie a Treviso, a contendere l’accesso alla finalissima ai Triestini sara’ la Fortitudo Bologna di Boniciolli.

Si, quel Boniciolli, quello che aveva scelto Dalmasson, quello che se n’era andato da Trieste sbattendo la porta. Quello odiato dai tifosi piu’ caldi,e non solo, del palazzo.

La serie contro la Fortitudo e’ una di quelle che non si scordano facilmente.

Dopo due vittorie in casa, Trieste avra’ comunque la possibilita’ di giocarsi la finale tra le mura amiche in gara 5, Bologna vince agevolmente gara 3.

Gara 4, dominata per 38 minuti dai Triestini, ha un epilogo amaro, polemico e violento.

Amaro perche’ viene deciso da una tripla di Candi negli ultimi secondi.

Polemico perche’ in quell’azione potevano starci due o 3 infrazioni da parte dei Bolognesi

Violento, perche’ a fine partita alcuni giocatori sono stati strattonati,colpiti alle spalle da pseudo supporter della Fortitudo.

Gara 5 si gioca in un’arena.

Trieste la fa sua gia’ nel primo quarto, quando distanzia i rivali di una ventina di punti.

Qualche brivido nel finale non basta ad arginare la marea biancorossa

Trieste e’ in finale.

Ed e’ una finale che si gioca con l’altra Bologna, quella piu’ borghese, piu’ titolata, la Virtus.

Ed e’ una finale senza storia. Troppo forte e riposata l’altra Bologna, Trieste e’ troppo stanca e forse un po’ appagata.3 a 0 per la Virtus.

Trieste rimane in A2.

Ma rimane in A2 con una societa’ solida, con una squadra competitiva e con la consapevolezza che la scalata si puo’ fare.

Pochi tasselli ma ben precisi vengono aggiunti nell’estate 2017.Juan Fernandez, play protagonista della promozione di Brescia due anni prima, Laurence Bowers, mezzo lungo reduce da una stagione eccellente a Ferrara e Federico Loschi, anche lui uno che ha militato a Brescia assieme a Fernandez ed al confermato Cittadini.

L’estate 2017 pero’ porta i primi problemi.Da Ros deve subire due interventi chirurgici, Bowers si ferma per problemi ad un ginocchio, Cavaliero si procura una distorsione alla caviglia durante la vittoriosa kermesse della supercoppa di Lega.

Ma il campionato e’ una sinfonia.11 vittorie consecutive, giunte con un roster incompleto, con giocatori assenti o convalescenti. Prima piazza in classifica poco discutibile,in termini numerici, ma anche come qualita’ di gioco.

Poi pero’, ad inizio inverno, qualcosa si inceppa. La squadra in trasferta si ferma,non vince piu’.

Si recuperano gli infortunati ma nel contempo si fermano altri giocatori.

Si perde un sanguinoso derby con Udine, ed in gennaio le due trasferte consecutive su campi solo in apparenza agevoli, portano altrettante sconfitte.

L’ambiente mugugna, i tifosi abituati a troppe vittorie, si pongono dei dubbi, sull’allenatore, su alcuni giocatori.

Ne’ la situazione migliora in seguito. Per fortuna, la squadra all’Alma Arena ha un rendimento perfetto. Ma in trasferta le cose non cambiano.

I due punti piu’ bassi di questa stagione sono la sconfitta in Coppa Italia ad opera di Tortona, e la prima sconfitta casalinga, ad opera, e questo fa malissimo ai tifosi, degli odiati cugini di Udine.

Nel mezzo c’e’ anche un brutto rovescio, quello contro Treviso, a Treviso. Squadra che aveva iniziato il campionato molto male, che con il recupero di alcuni giocatori e con l’innesto dell’Americano Swann, fa paura, e tanta paura.

Con la disfatta di Udine, giunta alla penultima giornata di campionato, in pericolo c’e’ il primo posto della Lega.

Trieste deve andare a vincere a Montegranaro, quarta in classifica in quel momento.

In pochi ci credono,Mauro striglia la squadra: Trieste va nelle Marche e ritorna vincente.

Il primo posto e’ suo.

Ed ora?

Ora ci sono i play off.

Ma non sono i soliti play off in cui Trieste partiva senza i favori del pronostico.

Questi sono play off difficili, in cui Trieste parte per vincere.

Ed il primo scoglio e’ una squadra che viene dall’altro girone, quello ovest, quello piu’ debole, dicono in tanti:Treviglio.

I Lombardi arrivano alla post season grazie a 5 vittorie nelle ultime 5 partite.

Ma a parte qualche patema in gara 1, Trieste se ne sbarazza agevolmente: 3 a 0.

E poi? Poi c’e’ Montegranaro, versa sorpresa del girone est.

Montegranaro invece e’ avversario tosto.

Perde nel finale gara 1, sta per portare a casa una gara 2, salvata all’ultimo minuto da Triestini,

Vince gara 3, ma poi si deve arrendere ai biancorossi in Gara 4.

Gli uomini di Dalmasson sono in semifinale.

E in semifinale li aspetta Treviso.

Si, quella Treviso che tremare il mondo fa: ha perso 3 partite nelle ultime 24 partite, spesso ridicolizzando gli avversari di turno.

In molti vedono, nonostante che il fattore campo penda dalla parte dei Triestini, i Veneti favoriti.

Alcuni lo dicono apertamente, lasciando ben poche speranze a Green e compagni;

3 a 0, azzarda qualcuno, altri lasciano a Trieste la soddisfazione del goal della bandiera pronosticando un 3 a 1.Sempre a favore dei Trevigiani.

Ed il destino che stava per togliere l’A2 a Trieste a favore di Treviso, ripropone un confronto tra le due realta’, pressoche’ decisivo.

Ma questa volta la partita, ovvero le partite, si giocano sui legni di un parquet, non in un ufficio.

Trieste vince, soffrendo, gara 1.

Controlla, pur con qualche patema, gara 2, portando a casa anche questa vittoria.

Si va a Treviso forti di un solido 2 a 0 .

In pochi se lo aspettavano.

Forse quelli che se lo aspettavano di meno sono proprio i giocatori di Treviso.

Che in gara 3 si squagliano clamorosamente davanti a loro pubblico, lasciando ai Triestini in campo

e a quelli fuori, il compito di suonare un sinfonia vincente.Anzi, trionfale.

84 a 52, il risultato, clamoroso nei numeri e nella sostanza.

Trieste va in finale e ci fa sbattendo forte i pugni sul tavolo della promozione.

E aspetta la sua avversaria che sara’ decisa dal confronto tra la Fortitudo e Casale.

E se per la societa’ della Fortitudo la semifinale e’ il minimo sindacale per chi, come lei, ha speso ingenti somme di denaro per allestire una formazione competitiva, per Casale, no.

Ad inizio anno nessuno avrebbe potuto prevedere un simile risultato.

Squadra senza grossi nomi, con un manipolo di giovani a dar manforte ai piu’ esperti, Sanders, Martinoni, Blizzard e Tomassini.

In pochi credono anche che i Piemontesi, nonostante il fattore campo a favore, riescano ad elimanare la blasonata Fortitudo.

Ed invece no. Dopo un 2 a 0 casalingo , Casale prende un’imbarcata biblica al Paladozza in gara 3.

Tutti, o quasi, sono convinti che si dovra’ tornare in Piemonte.

Succede pero’ che in gara 4 la Fortitudo giochi sulle ginocchia e se Trieste aveva maremaldeggiato a Treviso, Casale domina davanti a 5500 tifosi bolognesi attoniti, gara 4.

La finale e’ sua.

 

Questa e’ una storia di rinascita.

Come quei film in cui il protagonista cade, si rialza, ricade e si risolleva.

Ritrovandosi alla fine ricco, famoso e pieno di successo.

E come le storie piu’ toccanti, il finale regala spunti emozionali altissimi.

Daniele Cavaliero, l’ultimo Triestino ad arrendersi in quel lontano 2004 al retrocessione, al fallimento, trascina la squadra e la riporta dove l’aveva lasciata 14 anni prima.

Lo fa a Casale, in una di quelle serate che resteranno scolpite nelle memoria dei Tifosi triestini.

Come la partita con Mecap Vigevano, e si parla di 40 anni fa o quasi, come la Felicita’ contro Forli nella Pasqua dell’82, come a Varese nell’89, come contro Gorizia nel 90.Come conto Venezia nel 2005, come contro Riva del Garda nel 2009, come contro Chieti nel 2012.

Trieste vince le prime 2 all’Alma arena con diverse difficolta’, specie in gara 1.

Va a Casale e nessuno scommette ormai su un risultato diverso da una promozione triestina.

Magari non sara’ decisiva, la partita di Daniele Cavaliero contro Casale ma, per tutti i motivi descritti prima, ha un alto valore simbolico e aggiunge significato ad emozione, storia ad altra storia.

Segna 23 punti, il suo massimo stagionale ed accompagna tutta una citta’ verso il paradiso.

Ed e’ giusto cosi. Che sia lui a condurre Trieste dove l’aveva lasciata.

In serie A.

 

Ci sono tanti personaggi in questa storia lunga 10 anni.

Iniziata nella primavera 2008 e terminata nell’estate 2018.

Come in tutti i romanzi, o film, ci sono stati i cattivi, gli antagonisti,

quei due misteriosi uomini che stavano trattando per rigettare il basket triestino nell’oblio.

E poi ci sono quei personaggi controversi, che non sai se amare odiare.

Come Bonicciolli per esempio.

E poi ci sono i buoni,quelli che hanno contribuito ad un successo, magari non sempre in modo consapevole.

Ci sono i giocatori, quelli che non si ricordano, come Bartolucci o Maiocco, che magari senza saperlo, restano comunque protagonisti in questa storia.

Ci sono invece altri giocatori, quelli che si ricordano, come Ruzzier, Carra, Tonut, Parks, Cavaliero.

Ci sono i condottieri, come Dalmasson, Bocchini,Ghiacci, Mauro.

E poi ci sono quei cinque sognatori, che hanno un nome e cognome, a cui in pochi credevano e che invece con il loro sogno hanno permesso che questa storia venga scritta.

E nel mezzo ci sono quel migliaio di persone senza nome e cognome, che in quel momento a quel sogno hanno aderito, alcuni senza aver mai visto, e mai in seguito vedranno, una partita di basket.

Ma lo hanno fatto per evitare che una parte di Trieste muoia.

Ora quella parte di Trieste gioisce.

Perche’ Trieste, alle 22.35 di sabato 16 giugno 2018, e’ tornata in serie A.

 

Modificato da alvin66
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Letta con gli occhi lucidi di chi in parte ha vissuto la tua,la noatra storia.E la storia della Pallts dal 1977 . Un grazie enorme . Non ti conosco di persona ma se scrivi in privato sarei felice di conoscerti.

Giorgio

Modificato da gpetrus
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Un grazie di cuore, Alvin. Bellissima storia. Non conoscevo le vicissitudini precedenti alla A2 e mi ha fatto piacere sentirle da te.

Anch’io ho contribuito – nel mio piccolo e quasi per caso – a salvare la PallTs con TSEIG. Da allora mi sono innamorato della squadra e del basket. Le emozioni che mi hanno dato e l’adrenalina prodotta sono state impagabili, …. e non è finita qui. Ci aspettano giorni interessanti con il mercato e gloria nelle partite a venire. Buona giornata,

 

Roberto

 

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9 ore fa, fp17 ha scritto:

chapeau

Mi associo ai complimenti.

Un'emozione infinita ripensare a tutti i momenti bui (e non) vissuti.

Ho una mia idea (ed ovviamente chiedo venia per la banalità della domanda) ma vorrei confermarla. Chi era l'uomo andato a TV a trattare la cessione dei diritti prima dell'azione miracolosa dei 5 ? (che imho andrebbero ringraziati prima di ogni partita interna come prassi)

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5 ore fa, Marco.Riva ha scritto:

Mi associo ai complimenti.

Un'emozione infinita ripensare a tutti i momenti bui (e non) vissuti.

Ho una mia idea (ed ovviamente chiedo venia per la banalità della domanda) ma vorrei confermarla. Chi era l'uomo andato a TV a trattare la cessione dei diritti prima dell'azione miracolosa dei 5 ? (che imho andrebbero ringraziati prima di ogni partita interna come prassi)

Un fumatore ?

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