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I suntini sandrini di martedì 12 gennaio 2021


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MARTEDÌ 12 GENNAIO 2021

- «Bisogna essere onesti. Non abbiamo giocato bene e lo stop subito è pesante». Come scrive oggi Ciro Esposito, va reso onore a Bepi Pillon per l'onestà dell'analisi a fine gara. Niente isterie, niente fronzoli, niente alibi. Perché una squadra reduce da tre buone prestazioni, corroborata dalla sosta natalizia e con ambizioni, non può incappare in una prova mediocre contro il Fano che è una delle formazioni più giovani e meno attrezzate del girone e per di più ridotto in dieci da un' espulsione sacrosanta. Primo tempo giocato sotto ritmo, tante occasioni non trasformate, un gol balordo preso per mancanza di equilibrio e su una conclusione anche fortunata. Domenica al Rocco si è assistito a un film in parte già visto nella prima di campionato contro il Matelica (0-1). L'andamento del match in quell'occasione era stato un po' diverso ma l'approccio della Triestina quasi uguale. La differenza è che quella era solo la partita d'esordio e che l'avversario, anch'esso marchigiano, ha poi dimostrato di essere pimpante nell'arco del torneo. Per certi versi è come se non fossero passati tre mesi e non ci fosse stato l'avvicendamento in panchina.LA RESPONSABILITÀ Nel calcio il primo a essere chiamato in causa è l'allenatore. Così è toccato a Gautieri e la società è corsa ai ripari reclutando uno dei tecnici più esperti sulla piazza. E adesso tocca a Pillon rimediare a una situazione che forse aveva fiutato ma che sperava non accadesse. A preoccupare non è tanto il risultato, comunque pesantissimo nell'ottica di una possibile rimonta verso il primato, ma il vecchio vizio dei giocatori di non saper interpretare la gara nei modi nei quali si presume sia stata preparata durante la settimana. Pillon sapeva che serviva ritmo e questo si è visto soltanto per una ventina di minuti nella seconda parte della gara. E anche quando la Triestina ha incalzato l'avversario è mancata cattiveria e lucidità. LA SQUADRA Ma allora se nemmeno il cambio di allenatore è servito a diluire i vecchi difetti la responsabilità deve ricadere sulla squadra e quindi sulla società che l'ha costruita? Nessuno può tirarsi fuori dalla mischia soprattutto per analizzare il presente e porre i rimedi necessari per le prossime gare. L'organico è di fascia alta e infatti lì l'Unione si trova in classifica anche se la debacle con il Fano impone di lasciar perdere al momento come orizzonte la vetta. Ci sono almeno un paio di squadre più attrezzate. Ma la rosa è ancora menomata dagli infortuni e dal rendimento al di sotto delle aspettative di alcuni elementi. E questo vale per qualunque allenatore abbia a che fare con questo gruppo.I DIFETTI La costante di questi mesi è il rendimento basso dei terzini Brivio e Rapisarda. Se con il gioco di Gautieri, con due esterni d'attacco, forse il difetto si poteva mascherare, con l'attuale assetto le loro scorribande diventano decisive per allargare l'avversario specie se arroccato. Questo è mancato, nè è dato sapere quale sia il valore delle alternative Filippini e Struna perché di fatto non hanno mai giocato.LE ASSENZE Tra i giocatori in rosa le pedine più ambite del mercato di un anno fa e cioè Lodi e Sarno, impiegati da tempo con il contagocce, non sono decisive. E poi è superfluo rimarcare l'importanza delle assenze di Procaccio (e Paulinho) e soprattutto di Litteri e Gomez, con Granoche e Mensah che stanno tirando la carretta, ma non hanno la stessa vena realizzativa dei compagni. Un tanto per non dimenticare che la realtà ha penalizzato non poco quella rosa allestita da Milanese con ben altre ambizioni rispetto all'attuale ottavo posto. Tante pedine stanno per rientrare e magari qualcuno arriverà dal mercato.L'IDENTITÀ La continuità di rendimento è figlia di una compattezza che l'Unione dimostra solo a tratti. Perché non c'è in campo un leader carismatico capace di trascinare il gruppo nei momenti difficili, nè l'avvicendamento della guida tecnica ha favorito un percorso lineare di crescita. LE PROSPETTIVE Fare con quello che c'è (o poco altro) è la linea finora tracciata dalla società ed è anche quella che può fornire le migliori garanzie per non aggiungere altre incognite. Squadra e staff lavorino sul presente senza farsi distrarre dal blasone o ammaliare dai sogni legittimi della tifoseria. Loro devono fare i conti con i risultati e a far quadrare il bilancio non bastano le ottime prestazioni estemporanee con le big se poi si perde con le piccole. E anche il club deve fare i suoi conti. E non è scontato che i conti alla fine tornino.

- Diciannove anni dopo, Trieste torna alle finali di Coppa Italia. Vetrina prestigiosa per l'Allianz: da giovedì 11 a domenica 14 febbraio, il basket italiano si ritroverà al Mediolanum Forum di Assago per mettere in palio il secondo trofeo stagionale. Come scrive oggi Lorenzo Gatto, l'ultima volta nel febbraio del 2002, con l'allora Coop Nordest guidata da Cesare Pancotto a chiudere al sesto posto il girone d'andata. Accoppiamento severo, sulla strada dei biancorossi la Kinder Bologna di un Manu Ginobili che da li a breve avrebbe spiccato il volo verso l'Nba per scrivere la storia dei San Antonio Spurs. Quarto di finale senza storia, Trieste regge nel primo quarto (19-23) poi cede sotto i colpi di un'avversaria che avrebbe poi vinto la coppa superando in finale la Montepaschi Siena. Smodis, Jaric e Ginobili sono folletti inarrestabili per la Coop che cede 96-71 nonostante il cuore messo in campo da Nate Erdmann (19 punti), Ivo Maric (18) e Derell Washington (14). Prima di allora, nella prima metà degli anni novanta, Trieste fu assidua frequentatrice della manifestazione. Ci provò con lo sponsor Stefanel sulle maglie ma, paradossalmente, l'occasione della vita arrivò proprio nella stagione più difficile quando, dopo l'addio dell'imprenditore veneto, la Illy consentì al basket giuliano di ripartire. La Stefanel di Boscia Tanjevic ci provò al palaFiera di Forlì nella stagione 1992/1993 arrivando alle final four dopo aver eliminato Sassari ai sedicesimi, lo Yoga Napoli negli ottavi e la Scavolini Pesaro nei quarti. Semifinale contro la Knorr Bologna e sconfitta per 79-61. L'anno successivo dopo aver eliminato prima Teorematour Milano e Telemarket Forlì, Trieste passò i quarti a scapito della Clear Cantù e si ritrovò al palaMalaguti di Casalecchio con Benetton Treviso, Buckler Bologna e Glaxo Verona. Esodo di tifosi, i centri commerciali dell'area felsinea pullulavano di magliette biancorosse griffate Stefanel. Una grande attesa tradita sul campo dove la Benetton Treviso si impose 81-77 in un finale molto equilibrato. Ma il rammarico più grande arrivò l'anno dopo quando in finale ancora contro la Benetton, la Illycaffè sfiorò l'impresa contro la corazzata trevigiana. Finale tiratissimo, palla della vittoria in mano a Burtt che, unico caso in carriera, decise di non tirare scaricando su Pol Bodetto. Fallo non fischiato, Treviso recuperò palla e dalla lunetta sancì l'81-77 finale che lasciò l'amaro in bocca ai tanti tifosi triestini 

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