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I suntini sandrini di martedì 17 maggio 2022


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MARTEDÌ 17 MAGGIO 2022

- I grandi uomini se ne vanno quando meno te l'aspetti. Lo scrive oggi Ciro Esposito su "Il Piccolo": il destino ha fermato il suo cuore generoso in un incidente stradale. Il come e il perché non contano nulla. Ieri alle nove del mattino la notizia della morte di Mario Biasin intercettata sul sito del Melbourne Victory ha avuto un effetto deflagrante. Il primo pensiero è andato alla moglie Glenda, ai quattro figli, ai nipoti e a Mauro e Romina Milanese comprensibilmente chiusi nel loro dolore. Ma a piangere è l'intera comunità cittadina assieme al mondo rossoalabardato.Il presidente dell'Unionese n'è andato all'improvviso e lascia a 71 anni un vuoto in tutti quelli che hanno avuto la fortuna di incontrarlo, di parlarci, di pranzare assieme, di riflettere con lui su Trieste e sulla Triestina sull'erba del Rocco. Il sorriso, la battuta in triestino sempre pronta e lo sguardo capace di vedere oltre quasi da sognatore, restano nel cuore ferito. Perché Mario Biasin era un presidente gentleman, un uomo di quelli che non ne nascono più. La ragione e il cuore uniti in un entusiasmo contagioso capace di far breccia anche nei suoi burberi concittadini. Nel maggio del 2016, nella sua prima volta a Trieste da presidente dell'Unione assieme all'inseparabile moglie Glenda, le navi da crociera ormeggiate davanti al suo hotel sulle Rive stavano lì a ricordargli il suo viaggio della vita. Era partito con il padre e la famiglia il 15 marzo del '54, come migliaia di triestini, sulla Castel Verde. «Quando siamo arrivati in Australia siamo stati alloggiati nelle baracche di un villaggio per emigrati» ricordava Mario. Un'esperienza che si portava dentro con fierezza anche dopo essere riuscito a fondare nelle costruzioni un'azienda milionaria. «Voi vi siete dimenticati di noi ma noi non di voi» diceva Mario per spiegare l'affetto per la sua città dove aveva vissuto solo per tre anni. E come lui le migliaia di triestini partiti per cercare fortuna o per sopravvivere in quegli anni post-bellici e di sofferenza per la città affidata all'amministrazione americana.La passione per il calcio la aveva ereditata dal padre e quando alla fine del secolo scorso veniva in Europa, proprio il papà voleva andare a vedere il football di livello internazionale. E poi c'era il secondo cugino Mauro che contribuiva ad alimentare la passione con le sue performance sui campi di serie A. Un rapporto filiale, quello con Mauro e la sorella Romina, perché Mario era legatissimo alla loro mamma e sua prima cugina scomparsa prematuramente. Anche in Australia il calcio aveva la sua parte con il Melbourne Victory, un gioiellino che milita nella massima divisione, e che doveva essere il modello per la sua Triestina. A Melbourne Biasin era partito dal basso ma aveva studiato e ha coltivato un'idea visionaria: costruire case chiavi in mano per la classe media australiana. E negli ultimi anni l'obiettivo era quello di allestire anche un progetto di edilizia popolare sostenuto dal governo. Per lui, che da bimbetto aveva dovuto abbandonare la sua casa, pensare alle case dove vivere bene era una missione. Era un'idea semplice che Biasin, è riuscito a realizzare dal 1976 con la Metricon entrata ormai nel gotha delle imprese di costruzioni australiane con un fatturato di un miliardo e mezzo di dollari. "Love where you live" era il suo credo che è anche il principio e il brand dell'azienda. Proprio l'amore per le persone si leggeva nel suo volto. Per amore verso la città, i suoi tifosi, i giovani atleti alabardati Biasin ha "salvato" e ridato vita alla Triestina a suon di milioni come unico azionista. Il suo sogno era quello di vedere di nuovo gremito lo stadio Rocco. «Pian pianin» diceva. Lo ha visto, anche se solo per una volta. Unico, come unica è la sua storia e il suo rapporto con Trieste. E infine (anzi per primo) l'amore per la famiglia costruita con la signora Glenda, e vissuto con i figli e i nipoti. Mancherà a loro, mancherà a tutti. Mario resterà per sempre nel cuore. Il suo sogno ha illuminato uno stadio dopo anni di buio. È un giorno tristissimo ma chissà che nel suo nome e con la sua idea il sogno non possa continuare. E comunque, grazie

- La partita è aperta, le carte sul tavolo, scoperte. Pallanuoto Trieste e Brescia esigono la finale scudetto e la resa dei conti è giunta al suo febbricitante epilogo. L'ultimo ballo di una semifinale già scritta in un racconto thriller che non ha ancora letto nessuno.Quello che però che già tutti sanno è che non potrà finire male. Prima di tutto - come scrive Francesco Bevilacqua - perché la sensazione che si respira nei pressi di Passeggio Sant'Andrea è che questa, di tutta la storia, sia solo l'inizio. E poi perché, qualsiasi risultato rifletta il tabellone tra 32 minuti di pura pallanuoto, la notizia è che ai campioni d'Italia in carica non sono bastate due gare per liquidare Trieste che ai tempi regolamentari di questi play-off ha lo zero vicino alla voce sconfitte. Mercoledì sera (ore 18.30) bisognerà ricorrere al "passi chi può", soluzione meno usata del "si salvi chi può" ma non per questo meno efficace. Servirà entusiasmo, fortuna, ritmo, fantasia, sofferenza, freddezza per decifrare e addomesticare una partita dai mille volti, che potrà essere risolta in un soffio. La squadra griffata Samer & Co. Shipping ha già esplorato le variabili sulle quali Brescia può condurre gli avversari, riuscendo sempre a rimontare, persino da quello 0-7 che avrebbe annegato chiunque in Italia e non solo. Galleggiare però non basta più, perché Bettini e la sua folle pattuglia di alabardati hanno intenzioni straripanti, incontenibili anche per i campioni d'Italia. A spiegare l'umore della squadra giuliana, è il direttore sportivo Andrea Brazzatti, certo che le smorfie per la sconfitta dai cinque metri sono durate quel segmento di tempo trascorso tra il rigore decisivo di Presciutti e la doccia. «L'arrabbiatura è passata presto - ha garantito il ds - ho visto un clima disteso in tutti questi giorni, ci siamo confrontati ed allenati bene sia in vasca all'aperto che a secco e conviviamo con il fatto che i rigori si sbagliano e si deve andare avanti. Rammarico? E' normale, ma tendiamo a trasformarlo tutti insieme in energia positiva da tradurre nel gioco di mercoledì». Il match point della Mompiano si giocherà a viso aperto perché non ci sarà tempo di nascondersi e attendere.«Non intendiamo lasciarli scappare. Il loro valore tattico è una certezza in eurovisione (i leoni sono arrivati primi nel girone di Champions League e sono in corsa nelle final eight, ndr) e cercheremo di mantenere la scia per lasciare la gara aperta fino all'ultimo gol. Vogliamo ottenere questo pesantissimo risultato che ha un peso enorme per tutti e una pressione che con il passare dei minuti non sarà facile gestire»

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