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I suntini sandrini di martedì 13 dicembre 2022


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MARTEDÌ 13 DICEMBRE 2022

- La partita di Seregno è stata persa così come sono state perse altre nove prima di quella di domenica. E cioè oltre la metà di quelle giocate. Gli episodi non sono stati favorevoli? L'arbitro ha commesso degli errori penalizzanti? Come scrive oggi Ciro Esposito sul quotidiano locale, in parte è così anche se chi frequenta il calcio ha visto molto e tanto di peggio ed è successo anche agli avversari (vedi la Virtus a Trieste). Si può comprendere lo sfogo a caldo del mister ma non il resto. Con una media a partita, che era di 1 punto nell'era Bonatti, ed ora è di poco sopra lo 0.50 a match c'è poco da discutere. O meglio c'è tanto da discutere ma è fuorviante e nefasto trovare alibi e dare la caccia a nemici veri o presunti. Ad agosto c'era il problema dell'allestimento della squadra vista l'operazione salvataggio in extremis, a settembre il ritardo della preparazione, ad ottobre l'inesperienza di Bonatti, poi la mancanza di cattiveria dei giocatori mandati in ritiro a oltranza, quindi la contestazione del pubblico e l'atteggiamento dei media, adesso gli errori arbitrali. Massimo Pavanel e la società fanno quadrato ed è pienamente legittimo e sensato. Tutti dovrebbero essere consapevoli tuttavia che la piazza sta cadendo nell'indifferenza e nel sarcasmo che è peggio della critica e della contestazione. Ormai servono solo fatti concreti sul campo e fuori. Le chiacchiere, le polemiche, le dispute sui social stanno a zero. Un numeretto che sta lì anche a ricordare quanti punti ha fatto la Triestina di Pavanel in trasferta e quanti gol abbia segnato (solo un rigore inutile di Ganz a Busto) in due mesi lontano dal Rocco. In casa questo gruppo fragile e mal assortito ha saputo creare qualcosa di meglio: un'ora con il Mantova, un tempo con il Renate, un'intera partita con la Feralpisalò. E da lì che Pavanel deve partire e dimostrare sabato contro la Pergolettese che c'è qualcosa da salvare. È l'ultima partita al Rocco dell'annus horribilis planetario e alabardato (anche per la prematura scomparsa dell'ex presidente Mario Biasin). Il club, anche sul piano della comunicazione, deponga l'ascia e la corazza e lanci qualche segnale tangibile alla città. Una tregua potrebbe non fare male. Poi sarà il tempo della rivoluzione di gennaio. Se ci sarà. Il presidente Giacomini e la società la scorsa settimana non hanno palesato tentennamenti. Sia nel rintuzzare le critiche che nell'affermare la volontà di proseguire nel progetto. Gli attori e cioè il tecnico, il direttore generale e la presidenza si sono già confrontati su cosa c'è da tenere e da buttare. L'esperienza di 6 milioni di euro investiti per una squadra che vede da vicino lo spettro della D è fresca. Ed è un inedito assoluto per il calcio professionistico italiano di terza serie e non solo. C'è sempre tempo per rimediare quando c'è consapevolezza degli errori commessi anche se la situazione è difficile da raddrizzare. Al di là di un ambiente ormai disilluso e deluso, anche sul piano tecnico la dirigenza alabardata sarà messa a dura prova. Togliendo i giovani perché hanno giocato a sprazzi (Felici a parte), non sono più di 5-6 i giocatori (portieri esclusi) che in questo contesto hanno saputo finora esprimere un rendimento appena sufficiente: Di Gennaro, Crimi, Ciofani, Gori, Paganini, mezzo Ganz, forse Lollo in alcune gare. E visto che finora tutti i tentativi di cambiare contesto sono andati a vuoto, a gennaio bisognerà attuare una staffetta per almeno una mezza dozzina di giocatori. Ma i nuovi arrivi devono essere pronti per giocare subito, abituati alle battaglie di chi deve salvarsi in C e auspicabilmente da inserire nel progetto della prossima stagione. Non bastano i soldi, servono idee chiare, conoscenza e competenza. Per non ripetere quel che è sotto gli occhi di tutti.

- Un vecchio professore balcanico, che di basket qualcosa sapeva, dipingeva metafore per raccontarci la vita. «Tu sei come mucca di Erzegovina: prima fare tanto buon latte e poi dà calcio al secchio». Come scrive oggi Roberto Degrassi su "Il Piccolo", , quel professore si chiamava Aza Nikolic, una leggenda che ha segnato un'epopea. L'esempio, diventato un cult delle citazioni sportive, era riferito a squadre o giocatori che costruivano qualcosa di buono poi vanificandolo banalmente.Ecco, la Pallacanestro Trieste sta facendo questo. Aveva vinto a Reggio Emilia confermando progressi e solidità di gruppo emersi già nel ko interno con Brescia ma alla prova di verifica - quello che giustamente Marco Legovich ha definito «esame di maturità» - contro Brindisi ha steccato. Era una sfida crocevia, di quelle che vincendo danno relativa serenità mentre perdendo ti fanno male. Trieste ha perso, e male. Siamo crudi e realisti: i biancorossi non possono prescindere da intensità difensiva e gioco di squadra, altrimenti in questa serie A perdono sicuramente contro dieci formazioni e rischiano seriamente contro le ultime cinque. Non dispongono di classe diffusa tale da svoltare un match semplicemente aumentando i giri. E lo si è visto quando nelle rotazioni è rimasto in campo il quintetto "dei gregari", quello con minor talento offensivo e che stavolta non ha graffiato neanche in difesa. Contro Brindisi Trieste è apparsa scarica, di testa e nelle gambe, senza capacità di reazione. Quando l'HappyCasa ha sorpassato conquistando una manciata di punti di vantaggio, i biancorossi sono rimasti impietriti, quasi rassegnati.I PROBLEMI Qualche numero. Trieste 24 punti in area, Brindisi 42. Eppure la squadra di Legovich ha conquistato 19 rimbalzi offensivi, un'enormità visto che la media stagionale appena superava gli 11. I quattro lunghi insieme hanno tirato con il 22,2% (4 su 18), non si può andare da nessuna parte con questi dati. Il solo Perkins dall'altra parte ha segnato il doppio dei quattro i lunghi triestini messi insieme. Tirando con il 62%...Stavolta non ha cannato il solo Spencer, benchè sia l'anello debole del parco stranieri biancorosso, non avendo la personalità per essere un punto di riferimento sotto canestro nè quel po' di pericolosità offensiva da poter preventivare di ricavarne qualcosa.A un terzo di campionato già in archivio l'altro anello debole è l'ala piccola. Bartley può coprire alcuni minuti ma domenica scorsa l'abbiamo visto eccessivamente e ostinatamente individualista, poco inquadrato in un contesto di gruppo. Il 3 titolare è, o meglio sarebbe, Luca Campogrande ma l'esterno romano non riesce a uscire dal tunnel. Sette minuti anonimi, un solo tiro da tre tentato e fallito, un fallo subito e stop. Non sono numeri da ala piccola da starting five di serie A. Al giocatore, reduce da due anni complicati e condizionati dagli infortuni, sono state date responsabilità e fiducia. Ma i fatti raccontano che la scommessa purtroppo non sta pagando.FATTORE CAMPO Houston abbiamo un problema. Anzi, Valmaura abbiamo un problema. Cinque sconfitte su sei in casa. All'Allianz Dome le quattro peggiori prestazioni stagionali. L'effetto fortino non esiste più. Il pubblico si è ormai assestato attorno ai 2500 spettatori, largamente il più basso dell'ultimo weekend. Poco, troppo poco per una città appassionata di basket. La situazione è complessa. La squadra ha bisogno del calore del pubblico ma d'altra parte non si mette certo nelle condizioni migliori per sognare il pienone se il rendimento casalingo rimane insoddisfacente. Attenzione: nel girone di ritorno quasi tutti gli scontri diretti saranno in casa. Si tratta dell'unico vero favore fatto dal calendario. Non sfruttarlo sarebbe un delitto

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