SandroWeb Posted November 2, 2009 Report Posted November 2, 2009 Da "Il Piccolo" odierno, il capitano della Triestina Princivalli parla della città: INTERVISTA SENZA PALLONE, TRA ARTE E POLITICAPrincivalli fotografa la sua città: «Trieste non vive, si trascina Ma almeno qui si sta tranquilli» «Cresciuto in mezzo ai quadri grazie alla casa d’aste di mio padre Preferisco i vini del Carso a quelli del presidente Fantinel» Le idee del giocatore: «Bisognerebbe puntare sulla vocazione portuale come fa Capodistria» Nicola e il dopo-calcio, non conferma l’acquisto del Bar Walter di via San Nicolò : «Solo voci...» Mi mancano solo sei esami per laurearmi in lettere moderne: ho un po’ rallentato ma adesso riprendo Spesso siamo poco propositivi, basta cambiare un senso di marcia come in via Diaz e ne nasce una tragedia di MATTEO UNTERWEGER Per una volta, niente calcio. La Triestina resta fuori dalla porta: questione di un’ora, poco più. E Nicola Princivalli, classe 1979, calciatore e bandiera dell’Unione, si lascia andare a una chiacchierata diversa, estranea alla retorica del pallone. Spazia fra arte, politica e prospettive. Non solo personali: c’è da svegliare quella “sua” Trieste che, oggi, «si trascina, quando invece dovrebbe vivere». Parola di uno che la ama, ma non le risparmia critiche. Princivalli, ha scelto Lettere moderne all’università: come mai? Vivo in un ambiente dove l’arte la fa da padrone. Mio padre (titolare della Casa d’aste Stadion, ndr) è il contatto più diretto in questo senso. Prim’ancora, poi, a mio nonno, da collezionista, piaceva comprare quadri di artisti triestini. Ho avuto la fortuna di andare in giro per musei e appassionarmi a qualsiasi forma d’arte. Più direttamente alla pittura, la vivo ogni giorno. Da piccolo non l’apprezzavo forse, poi nel tempo ho imparato a farlo: un bel quadro dà emozioni difficilmente riscontrabili in altri campi. Ha degli artisti di riferimento? Mi piacciono gli impressionisti, in generale. Fra i triestini, poi, adoro Timmel, Sofianopulo e Levier. Guardando le loro opere, mi emoziono. Quindi, chiusa la carriera da calciatore, avrà la strada già spianata? Vedo il percorso universitario come un aiuto per qualcosa che in futuro potrebbe essere la mia attività post calcio ma pure per la mia cultura personale. Approfondisco una materia in maniera più didattica rispetto alla possibilità di viverla sul campo come fa mio padre. Sarebbe interessante continuare nella sua attività, magari con progetti miei, nuovi. I tempi cambiano, bisogna cercare di adattarsi al mercato. Quando smetterà con il calcio? Credo che per altri cinque-sei anni continuerò a giocare, se il fisico regge. E quelle voci sul suo acquisto del bar Walter in via San Nicolò per 600mila euro? Sono voci. Non confermo. Smentisce? Non confermo. Quanti esami le mancano per finire l’università? Sei. Dal mio ritorno a Trieste, due anni fa, ho un po’ rallentato. Adesso però ho ripreso: a metà dicembre darò la seconda parte dell’esame di Storia dell’arte moderna. La tesi? Dieci anni fa, quando ho iniziato, avevo un’idea, pensavo di incentrarla sul periodo fra la fine dell’Ottocento e i primi vent’anni del Novecento. Però è banale, potrei cambiare idea. Spesso si imputa ai calciatori uno scarso interesse per il mondo della cultura: si sente un’eccezione? Alcuni dei miei compagni, anche a Trieste, hanno fatto corsi universitari o coltivano interessi in vari campi. Non è un ambiente di cultura, ma ci sono ragazzi che hanno delle basi. I problemi, eventualmente, sono dovuti non al periodo in cui si fa il professionista, ma a quello che lo precede. Quando dici: o ci provo adesso o lascio. Forse è la famiglia che ha delle responsabilità in molte situazioni del genere? Credo di sì. Negli ultimi anni, in tanti mi hanno chiesto come fare a far diventare i loro figli calciatori. I miei, invece, fin da piccolo, se prendevo un brutto voto a scuola, non mi lasciavano andare all’allenamento. A scuola facevo il minimo indispensabile, è vero, ma almeno quel poco che studiavo tentavo di ricordarmelo. Alle superiori ero iscritto al Petrarca, linguistico sperimentale. Poi ecco l’università che è un piacere. Cosa ama di Trieste? Le sue potenzialità. Dobbiamo far vedere che questa può essere una città ricca, che vive. In questo momento, invece, si trascina. Poi è casa mia, si vive bene, si può rincasare alla sera a qualsiasi ora senza paura: è una fortuna, Trieste è un’oasi di sicurezza. Salvaguardiamola. E sui triestini che dice, anche alla luce dei non facili rapporti del passato con la tifoseria locale? Il triestino ha la tendenza a dire che c’è sempre qualcosa che non funziona, che non va bene. Però, se gli si chiede cosa fare per migliorare le cose, risponde: tutto fuorché ciò che è stato proposto. Quindi, che fare? Mi rendo conto che abbiamo dei problemi logistici: siamo una città difficilmente raggiungibile, lontana dal resto d’Italia. Ma per questo, ci sono anche delle potenzialità diverse: guardiamo ad Est, allora. Pensiamo a quello che dobbiamo fare noi e non agli altri. Non potremo mai diventare come Padova o Treviso, come il ricco Nordest. Siamo ancora più in là, a Est: rivolgiamoci ai paesi in cui oggi l’economia viaggia forte e che stanno progredendo. Miglioriamo così il benessere della nostra città. Sono fiero di aver portato la maglia con la scritta “triestino purosangue” (sotto la casacca di gioco, ndr), ma bisogna essere tutti più propositivi. Come? Pensiamo ad esempio al Porto vecchio. Ci saranno degli aspetti positivi nella sua ipotesi di rilancio, invece si guarda solo a quelli negativi, che a mio avviso non ci sono peraltro. Qui è così, anche se si cambia un senso di marcia, come in via Diaz, per i primi mesi è una tragedia. Bisognerebbe fare e basta. Su cosa deve puntare Trieste per il futuro? Sulla vocazione portuale sì, posto che lo scalo di Capodistria lavora probabilmente più di noi. Trieste ha una posizione perfetta per i traffici sul Mediterraneo. E il problema dei collegamenti? Esiste sicuramente. È qualcosa di folle dover impiegare due ore per arrivare a Venezia e viceversa. Il treno deve essere veloce, tanto da farcela raggiungere in un’ora: così ci aprirebbe al resto del paese. Quindi è giusto investire nelle infrastrutture. Se ne gioverebbe anche il turismo? Chiaro. Ma ricordo che, quando arrivavano le navi da crociera, i passeggeri, una volta scesi, trovavano tutto chiuso in città. Dai ristoranti ai negozi, e nessuna navetta per raggiungere Miramare, San Giusto, Duino. È chiaro, poi, che le compagnie non tornino più. Trieste non è fatta per i turisti da una settimana, ma per chi arriva di passaggio e magari va in Croazia. Puntiamo a trattenere queste persone per due, tre giorni. Anche le istituzioni sono chiamate a lavorare in modo differente? Credo che in questi anni, siano stati apportati dei miglioramenti alla città. Penso al rifacimento delle Rive, ad esempio. Però non ci si deve fermare a questo. L’aumento delle zone pedonali in centro, poi, va bene per tutti ma bisogna osare. Sul Porto vecchio, in primis, che è un patrimonio ma a volte viene visto come un peso. Ci vuole coraggio per risollevare una città. Veniamo alle sue esperienze al Sud nel calcio: che vita era rispetto a Trieste? Sono realtà che hanno poco in comune. I triestini, inoltre, sono diversi anche dagli abitanti del resto del Nord Italia. Al primo impatto siamo difficili, dopo un po’ ci apriamo e diventiamo accoglienti. Al Sud, questo non succede: le persone ti trattano subito come se fossi uno di famiglia. Poi, a Messina come a Salerno si vive di calcio. Però cancellerei l’annata a Foggia, l’ho vissuta malissimo, anche senza contare le minacce e l’episodio in cui mi hanno menato e per il quale ho ricevuto le scuse ufficiali della città. Torniamo all’attività di famiglia. Alle aste partecipa e compra solo quadri? Anche altro, dipende. Un po’ di tutto. Ma non mobili: se sono belli mi piace guardarli, però non li terrei a casa per me. Sono attratto dai quadri: il pittore si esprime in maniera forte, diretta. Lo stesso non accade, a mio avviso, con la scultura e le altre forme d’arte. Si è mai cimentato nella pittura? Da piccolo, mio nonno paterno, che era fumettista-pittore, ha provato ad avvicinare me, mia sorella e i miei due cugini all’arte. Avevamo una postazione con una tavolozza. Mi piacerebbe saper disegnare ma probabilmente non sono fare neanche una linea retta. In politica, da che parte sta? Centrodestra, come ideologia. Seguo la politica, ma ci vedo delle cose che mi sembrano assurde: dire sempre bianco, per forza, se l’altro dice nero è incredibile. Conta la bontà dell’idea alla fine, non mi interessa chi la sostenga. Se l’opposizione afferma qualcosa di intelligente, perché bisogna andarci contro? Invece, i politici pensano solo alle poltrone, non al bene comune. Suggerimenti agli eletti? Sarebbe il caso di guardare in avanti a trent’anni di distanza, se vogliamo davvero il bene dei nostri figli. Con che prospettiva può operare un politico che di anni ne ha 70 o più? Noi trentenni, impegnamoci. Che partito sceglie nel centrodestra? Oggi tutto mi sembra una barzelletta. Ho sempre sostenuto il modello all’americana, con due grandi schieramenti. Due poli ben distinti è la soluzione migliore, con un solo capo da una parte e uno dall’altra. Altrimenti resteremo sempre schiavi dei piccoli partiti: una follia solo italiana. Credo che tre quarti degli elettori la pensi così, ma non ci viene data l’opportunità di farci sentire. Ha un politico di riferimento? Ora no. Qualche anno fa, una persona che aveva idee e un bel modo di proporsi era Gianfranco Fini, ma a un certo punto ha dovuto cambiare rotta per restare in sella. Perché da solo, sei nessuno. Vado a votare sì e alle ultime elezioni ho scelto il Pdl, ma ci vado controvoglia. Tuttavia è un dovere civico. E a livello locale? Non mi sono ancora posto il problema del 2011. Dipiazza ha cercato di fare: chi verrà dopo dovrà avere coraggio, come lui, di andare alle volte contro la piazza. Tra qualche anno, scenderà in campo in politica? Chissà, potrebbe essere un’idea. Chiudiamo con leggerezza. Meglio i vini del suo presidente Fantinel o quelli dei produttori del Carso? Con tanto dispiacere per i Fantinel, scelgo i nostri vini. E poi un buon bicchiere di terrano in osmiza d’estate, lo bevono tutti! Quote
tifosa Posted November 2, 2009 Report Posted November 2, 2009 e bravo Princi, complimenti per il corraggio di dire da che parte stai, e complimenti per la disamina, nonostante la differenza di età la pensiamo uguale, e trovo le tue risposte molto razionali, saggie ed equilibrate. Quote
dido76 Posted November 2, 2009 Report Posted November 2, 2009 molto intelligenti le risposte, bravo mulo. Quote
jota&piada Posted November 2, 2009 Report Posted November 2, 2009 Bell'intervista! Interessante! Penso che questo sia un pensiero condiviso da molti, sempre troppo poche sono le occasioni per esprimere le proprie idee, anche per chi ci tiene davvero a questa città. Vivendola da lontano da molto tempo e potendo confrontare i triestini con gli abitanti di altre città, da subito mi è apparso chiaro che la città è molto chiusa, stretta nel motto "No se pol" e "Viva là e po bon", mentre gli altri sono aperti e più intraprendenti. Non sono fossilizzati sul passato. Daccordo che la città è chiusa ad est e con radici austro ungariche rilevanti... Per far rinascere Trieste non basta restaurare le rive o rendere Cavana un quartiere di lusso (da ghetto malfamato quale era diventato), ma bisogna investire per rendere vivibili tutte le zone della città, che si è sviluppata con grandi quartieri popolari che vengono emarginati se si punta solo al centro città pedonale... Ma prima ancora bisognerebbe cambiare la mentalità pessimista del triestino medio, dare voce ai giovani propositivi... Tutte soluzioni non immediate... Abbiamo un sindaco presidente che a Muggia ha avuto il coraggio di far partire mille lavori importanti che han cambiato il volto della cittadina, rinnovandola ed andando contro le fazioni politiche, non essendo un vero politico ma un imprenditore prestato alla causa. A Trieste la carica era più importante, ha dato il la a diverse innovazioni e migliorie, ma ha dovuto scendere a compromessi e si è fatto consigliare "male" dai politici che a Trieste tengono ormai troppo alla loro poltrona, mentre gli ideali che probabilmente avevano, sono stati smarriti per strada. Bravo il Princi! Quote
nordica Posted November 2, 2009 Report Posted November 2, 2009 D'istinto o a pelle, se volete, princi mi piace tanto. Adesso poi che ho letto questa intervista, l'opinione che ho di lui è andata alle stelle. Un mulo veramente "completo": intelligente, colto, sportivo... e (cosa che non guasta) carino . In più parla e ragiona bene, è schietto, diretto, sincero; non ha remore a manifestare e difendere le sue idee, ma rispetta anche quelle degli altri. Insomma, un grande triestino, e ce ne fossero tanti come lui..... Quote
diego Posted November 2, 2009 Report Posted November 2, 2009 Che bravo el Princi. El ga fatto un quadretto niente mal de questa città. Ma .....anche lui in negativo.Come sempre continuemo a pianserse doso e a dir "se poderia ma..." .Trieste gaveria le potenzialità per....ma...... .I se e i ma no ga mai fatto storia.Senza polemica con nissun con certezza posso dir che Trieste xe stada una "potenza" industriale nel suo piccolo e podeva continuar a esserlo . La storia del declino post guerra la conoasemo tutti. Quote
gimmi Posted November 2, 2009 Report Posted November 2, 2009 Che bravo el Princi. El ga fatto un quadretto niente mal de questa città. Ma .....anche lui in negativo.Come sempre continuemo a pianserse doso e a dir "se poderia ma..." .Trieste gaveria le potenzialità per....ma...... .I se e i ma no ga mai fatto storia.Senza polemica con nissun con certezza posso dir che Trieste xe stada una "potenza" industriale nel suo piccolo e podeva continuar a esserlo . La storia del declino post guerra la conoasemo tutti. A dir el vero mi non credo, purtroppo, de conosser ben la storia del declino post bellico de trieste. Ghe ne go lette e sentide tante, ma va a distinguer el vero dal falso, la demagogia dalla realtà dei fatti.. La mancanza de investimenti perchè questa iera terra bruciata nell'ipotesi de una invasion sovietica dopo la morte de Tito (scenario bellico sul quale la Nato poggiava le strategie difensive nei anni 60), l'immobilismo nel porto voludo dai potenti con prioglio e pacorini che pagava niente gli spazi, lo strapotere furlan in una region a statuto speciale creada per favorirne che poi se rivela un boomerang, ecc.ecc. buh.. Anche adesso sulle ipotesi de sviluppo tanti parla, me par, per farghe ciapar aria alla lingua... El parco del mare, per dir, me par una stronzada galattca.. credo che ciò che davvero non vadi sia una politica che dell'originale gestion della res pubblica non gabbi neanche un pallido ricordo. Xe solo una squallida corsa alle poltrone e al piccolo potere per sè stessi e i 4 lacchè de turno. Credo che ormai tanti ga perso completamente anche la voia de incazarse.. Quote
diego Posted November 3, 2009 Report Posted November 3, 2009 Piccolo @ gimmi Mi no intendevo el declino " post bellico" come conseguenza politica de un paese che ga perso la guerra. La parabola discndente de Trieste xe vignuda con el smembramento e la perdita del tessuto industriale. Da sempre la ricchezza de una città e de uno stato xe basada sulla potenzialità economica che xe ottenuda con l'attività industriale.Trieste gaveva tutto questo perchè Trieste xe nata e se ga sviluppado con questo . Per una politica miope adottada dal Governo semo restadi in braghe de tela. Con tutto quel che ne ga conseguido e che Princivalli ga portado in evidenza disendo che "trieste se trascina".Adesso!!!! Quote
arska Posted November 3, 2009 Report Posted November 3, 2009 un baloner non-mona de sti tempi, xe un bon segnal! Quote
Stefano79 Posted November 5, 2009 Report Posted November 5, 2009 un baloner non-mona de sti tempi, xe un bon segnal! Quoto Quote
MONTAG Posted November 5, 2009 Report Posted November 5, 2009 Non sono d'accordo con alcune delle idee di Princivalli, ma il fatto che ci mette la faccia, che dice anche cose antipatiche e per una volta non sentiamo l'inutile cianciare di luoghi comuni che riempie la bocca di molti calciatori mi sembra notevole. Bello avere un capitano così... Quote
Zithara Posted November 13, 2009 Report Posted November 13, 2009 A dir el vero mi non credo, purtroppo, de conosser ben la storia del declino post bellico de trieste. Ghe ne go lette e sentide tante, ma va a distinguer el vero dal falso, la demagogia dalla realtà dei fatti.. La mancanza de investimenti perchè questa iera terra bruciata nell'ipotesi de una invasion sovietica dopo la morte de Tito (scenario bellico sul quale la Nato poggiava le strategie difensive nei anni 60), l'immobilismo nel porto voludo dai potenti con prioglio e pacorini che pagava niente gli spazi, lo strapotere furlan in una region a statuto speciale creada per favorirne che poi se rivela un boomerang, ecc.ecc. buh.. Anche adesso sulle ipotesi de sviluppo tanti parla, me par, per farghe ciapar aria alla lingua... El parco del mare, per dir, me par una stronzada galattca.. credo che ciò che davvero non vadi sia una politica che dell'originale gestion della res pubblica non gabbi neanche un pallido ricordo. Xe solo una squallida corsa alle poltrone e al piccolo potere per sè stessi e i 4 lacchè de turno. Credo che ormai tanti ga perso completamente anche la voia de incazarse.. Trieste xe streta fra incudine e martel. Il vicino estero xe contro Trieste, un poco per stropar possibilità de concorenza un poco perchè no i pol veder Trieste ( la volpe e l'uva ) e lavora in modo subdolo e soteraneo per blocar e sabotar . Po' semo in poder asoluto del aministrazion italiana, ...ma al'Italia, dopo che el entusiasmo patriotico dei ani zinquanta se ga rafredado, de ani anorum, no ghe pol fregar de manco de Trieste, se no per usarla come zona scovazzon. Co se trata de impiantar "centrali nucleari e rigassificatori", porto petroli, roba che nissun vol gaver vizin, a Roma se pensa diretamente a Trieste e Monfalcon, se scomoda ministri e governi per poder far prima posibile. ZS, zona scovazzon. Questo senza voler far un panegirico del TLT, che se saria stado realizado nei ani zinquanta , unindo zona A e zona B, probabilmente in 12 mesi sarìa stado assorbido dei jugoslavi cussì come che i ga fato con la zona B . Se ga visto come a la epoca Tito gaveva sempre man libera, e come nonostante la ipotetica supervision del onu el faxeva in zona B pezo che in DDR. E in zona A a l'epoca iera ssai più slavi che in zona B, figuremose se tramando e lavorando nol gaveria annesso tuto el Tlt a la jugo. Insoma Trieste no ga mai ligà con nissun ( anca con Viena , se inveze de leger i libri de fantasia nostalgica lezemo quei de storia documentada, iera raporto no tanto idilico) no se parlemo coi vizini ( slavi e furlani ) e za quei apena più lontani ( veneti e austriaci ) più o meno ne ignora. Però soli no semo in grado de star: i triestini xe perlopiù indolenti, incompetenti e inconcludenti, no se riva a realizar niente de bon, solo robe inutili anzi se sta ziti e se aceta se xe robe orende tipo gassificador, po' xe de pensar che gananca el Tlt completo dei sui 717 kmq no gaverìa durà un giorno senza l'energìa eletrica e l'acqua jugoslava, nè tanto meno senza i miliardi de lire butadi dentro de aleati e governo italian. Quindi la zità xe destinada a una lenta agonia tra zentrali e gassificatori, e mi no vedo uscite per adeso Quote
babatriestina Posted November 13, 2009 Report Posted November 13, 2009 Verità, Zithara, verità... Quote
Zithara Posted December 4, 2009 Report Posted December 4, 2009 Verità, Zithara, verità... Riporto quel che ga scrito un signor che no conosso ma xe bastanza indovinà come articolo Sento dalla stampa di questi giorni cose meravigliose per la nostra città. Grossi trafficanti navali come Maersk e Msc abbandonano noi e se ne vanno a Luka Koper perchè li hanno gru più capaci (da 75 tonn.). Risulta pure che quest’anno ben 53 navi passeggeri finora, siano finite a Capodistria, con oltre 30mila turisti nonostante non ci sia un terminal passeggeri. Da noi neanche 10 navi nonostante ci sia un terminal e l’accoglienza con la banda, crostini, vino e salame! Alla partenza fuochi artificiali! Gli alti papaveri delle crociere dicono che qui non c’è mercato e che non verranno più. Il mercato a Luka Koper invece c’è e giustamente gli slavi ne approfittano. Allora credo che qui bisogna fare una bella riflessione circa il futuro di questa città. Il porto c’è e funziona ma non al massimo: Capodistria ci frega di continuo! Prima col sottrarci le chiatte di carbone per la centrale di Monfalcone. Poi con gru portacontainer più possenti. Infine con le navi passeggeri! Gli alti ingegni di questa città ci dicono che i costi di Trieste e Koper sono «quasi» uguali. Allora perché ci fregano? Secondo me per i costi che devono essere il 30% in meno dei nostri. Così mi dice la gente che lavora quando vado di là. Poiché questa tendenza può essere mantenuta nel tempo se fanno i bravi (come hanno sempre fatto) noi siamo destinati a perdere! Domanda: serve, dati i precedenti, buttar via un sacco di soldi per lo scalo legnami? Per la piattaforma logistica? Io dico di no! Se ci sono privati che vogliono tentare a loro spese bene, altrimenti nisba! Rammento a tutti (per averci lavorato) che il porto occupava 5mila persone fino a 20 anni fa. Oggi nemmeno 500. Perché in porto soldi li fanno:1) le ditte di spedizione (i soliti noti). 2) gli armatori, tutti stranieri meno Maneschi (ex Lloyd TS) 3) i camion privati, quasi tutti foresti. E siccome alla vita della città interessano redditi da spendere qui, che sono entrate per i negozianti, oggi l’importanza del nostro porto è inferiore a quella delle Coop Operaie che impiegano più gente! Allora dove mettere bene i soldi? Tentiamo la carta turistica: facciamo il Parco del Mare. Sono tutti convinti che è una risorsa. Io sono scettico, ma si può tentare. Cominciamo con allargare l’attuale acquario marino a tutta la vecchia pescheria. Se la cosa funziona dovremmo vederlo quasi subito e quindi proseguire se vale. Poi ci dicono che vale la carta congressi. Allora ampliamo subito la stazione marittima. È la cosa che si può fare senza intralci. Infine c’è l’area di ricerca. Da come se ne parla, sembra che lo stato sia avaro di soldi. Allora diamoli noi anziché alla piattaforma logistica! Ma per progetti mirati, che servano alla città come ad es. come annullare l’inquinamento della ferriera di Servola, che secondo me non va chiusa ma ammodernata! L’acciaio servirà sempre e comunque! E noi dobbiamo essere città industriale. Infine qualche parola sui trasporti. La ferrovia è quella che è: dobbiamo riuscire a liberarla da Trenitalia, essere padroni noi dei treni, di farvi la pulizia, di fare gli orari. Fino a quel momento saremo sempre schiavi delle Fs. E circa l’aeroporto di Ronchi non facciamoci illusioni. Quando vedo quegli enormi piazzali, una pista infinita, appena una ventina di voli al giorno , mi chiedo: ma vogliono ancora soldi? Ma per cosa? Non c’è il volo per Linate e giustamente quei pochi uomini d’affari che abbiamo si lamentano. Ma non è proprio possibile trovare del denaro pubblico/privato che comperi un paio di aerei da 20-30 posti da impegnare sulla rotta per Milano? Siamo proprio così a remengo? E i soldi che diamo per teatri, teatrini, feste in piazza? Pecà che tra la zente comune xe persone oneste e inteligenti come sto qua che scrivi, che saverìa cossa far, e tra i delinquenti locali, o scuseme, volevo dir i politici locali, xe sta lapsus, sti politici insoma, xe solo ineti che ghe xe istesso se la zità finirà svoda a crepar de fame, lori ghe basta intascar lori, po' i reklamiza che xe sta asfaltà do marciapìe e per quel dovesimo rielezerli. Quote
Zithara Posted December 6, 2009 Report Posted December 6, 2009 (edited) Altra bella lterina de un altro sior che no conosso, ma trovo ssai azecato. "Una città con troppa anima. Nessuno ormai può dubitare che questa città sta morendo. Il bel salotto di Trieste (piazza Unità e dintorni) non è che un belletto, il resto è una rovina, un muro gonfio di muffa. Chi non si sia ancora fatto assuefare dall'atmosfera retrò della città, non può non vederne l'abbandono e la deriva. Dal punto di vista dell'industria, Trieste è ridotta all'ammorbante ferriera, all'isola industriale della Wärtsilä e poco più. Priva di un reale spazio industriale, oggi si contende l'esiguo golfo di Zaule alle navi metaniere: vere e proprie bombe ecologiche a ridosso della città. I trasporti super-veloci sollecitano il suo territorio ridotto ad un corridoio di Danzica quando ormai i più avveduti specialisti del trasporto hanno assodato che le grandi opere (il canale europeo Parigi-Londra) vengono sfruttate al 30%. Nei prossimi 10 anni i trasporti subiranno tali cambiamenti che nessuna opera chiamata ad essere nel frattempo realizzata potrà soddisfare. Il porto batte la fiacca da tempi immemori e comunque pensare che un porto possa dare impulso ad una intera città, riflette una mentalità ottocentesca. La ricerca e la scienza possono essere poco più che un fiore all'occhiello, mentre pensare al turismo per Trieste è come credere nella befana. Eppure tutto questo è vissuto come in un sogno, in una dimensione estraniata ed estraniante. Credo che questo stato di cose sia stato alimentato da una classe potente e influente a Trieste: gli intellettuali. Questa città sotto serra, sotto campana di vetro, offre un climax adatto al loro proliferare. Ne abbiamo per tutti gusti: scrittori, professori, giornalisti, drammaturghi, romanzieri... Essi offrono della città immagini e interpretazioni a profusione. La storia della città a sua volta offre molte ghiotte occasioni: dal tormento dei confini alla pluralità nazionale e linguistica; dal fascino della Mitteleuropa alla psicanalisi; dalla Trieste redenta alla Trieste cosmopolita. Si tratta di una Trieste di carta, di atmosfera, un continuo déjà-vu. Ma dov'è l'impresa? Il gusto del rischio? La creatività operosa degli imprenditori? Dov'è quella classe di uomini che sanno scommettere, azzardare, provare? Dove sta di casa il fare, subito, adesso, alle condizioni date, senza attendere il sostegno dello stato e del governo di turno? Mentre l'interpretazione dell'interpretazione rende asfittico qualsiasi tentativo, una classe imprenditoriale degna di questo nome non esiste più. Il ruolo dell'imprenditore è fuori corso quasi quanto quello dell'operaio. Ora tutti sono rappresentanti di qualcosa e di qualcuno: categorie, settori, aree di competenza. Tutto è fagocitato dall'apparato e la nomenclatura cresce sempre più. Andando avanti di questo passo la democrazia si ammala, diventa un corpo flaccido e appesantito che opprime la società civile. Pochi fanno un mestiere, la maggior parte "rappresenta" un mestiere. Allora chi si assumerà la responsabilità di una scelta? Di rispondere e di prendersi i rischi di fare qualcosa di concreto? Viviamo nel mondo del chiacchiericcio mentre mancano i discorsi. La vanità medianica ci ha bevuto la testa e i politici ne sono le prime vittime. Di questo passo non resterà che il vaniloquio sul porto, la Tav, la zona franca, i rigassificatori, la ferriera... omissis..." Spero de no scociar riportando sti discorsi seri, so che la magiorparte dei triestini se apasiona ssai de più a discuter de la palina de gelato dove che i fa più bona, ........ Edited December 6, 2009 by Zithara Quote
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