Il film avrebbe dovuto ricostruire l'episodio dell'incontro fra il campione di colore e il dittatore tedesco sulla base della versione sempre sostenuta dallo stesso Jesse Owens,[9], ma si attiene invece alla narrazione ufficiale e comunemente accettata, secondo la quale al momento della premiazione Hitler abbandonò il palco d'onore ignorando a bella posta l'afroamericano Owens, reo di aver sconfitto il tedesco e "ariano" Luz Long.
In realtà, stando all'autobiografia scritta dallo stesso Owens,[10] le cose si svolsero in modo molto diverso:
«Dopo essere sceso dal podio del vincitore, passai davanti alla tribuna d'onore per rientrare negli spogliatoi. Il Cancelliere tedesco mi fissò, si alzò e mi salutò agitando la mano. Io feci altrettanto, rispondendo al saluto. Penso che giornalisti e scrittori mostrarono cattivo gusto inventando poi un'ostilità che non ci fu affatto.»
(Jesse Owens, The Jesse Owens Story, 1970.)
Anche la figlia di Owens, Marlene Owens Rankin, che a nome della "Jesse Owens Foundation" corresse la sceneggiatura del film, è dello stesso avviso:
«In realtà, mio padre non si è mai sentito snobbato da Hitler. In retrospettiva, mio padre fu profondamente ferito dal fatto che Franklin Delano Roosevelt, il presidente americano dell'epoca, non l'avesse ricevuto alla Casa Bianca.»
La tesi di Owens è stata confermata anche dal giornalista sportivo tedesco Siegfried Mischner,[11] che raccontò di aver assistito personalmente alla stretta di mano fra Hitler e Owens, avvenuta però nella "pancia" dell'Olympiastadion, e perciò lontano dagli occhi della stampa mondiale.
Di quella stretta di mano Owens possedeva però una fotografia, che custodiva gelosamente nel portafoglio, e che negli anni '60 mostrò a Mischner e ad alcuni suoi colleghi affinché lo aiutassero a cambiare la versione falsa ma già allora universalmente riconosciuta della vicenda. Nonostante la sua insistenza, però, nessuno di loro lo accontentò. A tal proposito Mischner dichiarò:
«Owens era deluso, scuoteva la testa in segno di disapprovazione. Non ho scuse per il nostro comportamento, ma all'epoca la stampa era molto allineata, e nessuno di noi voleva passare per quello che aveva riabilitato anche solo minimamente la memoria di Hitler il mostro.»