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atleticoiero

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  1. Il mio è un discorso che si focalizza soprattutto su quello che è avvenuto "alla base" del nostro calcio negli ultimi trenta/quarant'anni, ovvio che dappertutto ci sono le eccezioni (e per fortuna) però in linea di base i due punti fondamentali sono questi: - Non è stato trovato un antidoto ad un "sistema calcio" che era stato pensato per un'Italia che semplicemente oggi non esiste più e che dopo gli Anni Novanta è andato deteriorandosi ed involvendosi (grazie anche alla mafia dei procuratori notevolmente ingigantita). La crisi dell'attività, benemerita del C.S.I. e degli oratori, e il dilagare delle "scuole calcio" a mio avviso è il punto principale. - Il nostro resta un calcio rimasto per certi versi fermo agli Anni Novanta (sostanzialmente il calcio di Sacchi ed eredi) con grosse contraddizioni e difetti di impostazione, siamo ancora capaci di creare grandi collettivi e meccanismi tattici ma non sappiamo più creare giocatori in grado di interpretare individualmente una partita, fattori che oggi sono sempre più fondamentali.
  2. Il secondo problema, più di natura tecnico/tattico e di "filosofia calcistica", rimanda alla peculiarità e all'insularità del nostro calcio che già negli Anni Trenta aveva conosciuto uno sviluppo assolutamente anomalo nel panorama calcistico europeo (e di grandissimo successo). Sostanzialmente la scuola calcistica italiana è una scuola ibrida che si basa su tre grandi caposaldi: - Grande attenzione alla fase difensiva (di fatto tutto il calcio mondiale post Anni Sessanta e post WM viene influenzato dalla nostra scuola). - Preponderanza di calciatori specialistici e non eclettici o "senza ruolo", nel nostro calcio ogni calciatore ricopre una funzione precisa, negli altri paesi europei (ed in Sudamerica) il ruolo coincide semplicemente con la posizione in campo. - Schieramenti di gioco mai simmetrici (eravamo gli unici al mondo a giocare con la coppia marcatore/fluidificante e tornante/seconda punta). Questo modo di intendere si rivela immediatamente vincente sul breve periodo (negli Anni Sessanta dove eravamo all'avanguardia del mondo) ma pieno di controindicazioni sul lungo periodo. Inoltre il nostro calcio fraintende completamente la lezione del Calcio Totale, sia apologeti che detrattori: per il 90% dei calciofili italiani l'Ajax e l'Olanda hanno imposto in Europa il "calcio atletico" quando basta leggersi l'ultima autobiografia di Crujiff per avere tutto un altro quadro. Cruijff infatti ringrazia Michels perché gli ha insegnato "a correre poco e bene" e che la grande rivoluzione riguarda l'interpretazione e la copertura degli spazi nonché l'utilizzo di giocatori veramente poliedrici e polivalenti capaci di interpretare INDIVIDUALMENTE e non COLLETTIVAMENTE entrambe le fasi di gioco (concetto molto importante) simultaneamente, fatto che cozza completamente contro l'impostazione del calcio italiano rimasto ad una bipartizione molto forte tra fase difensiva ed offensiva. Questo fraintendimento si amplifica fino ad estreme conseguenza con Sacchi, il "profeta" che ha insegnato il calcio dell'Ajax agli italiani quando il calcio di Sacchi non c'entrava veramente una mazza con quello di Michels e Crujiff. Era infatti un calcio di stampo COLLETTIVISTA molto simile a quello belga o a quello delle squadre dell'Est Europa basata su un rigido funzionalismo, quindi Sacchi mantiene il punto 1 ed il punto 2, solamente declinati in modo diverso (pressing e baricentro alto) ma cancella completamente il punto 3 perché schierando una squadra a zona e in modo simmetrico si faceva terra di pipe di tutti i grandi specialisti che produceva il nostro calcio. Un Gentile nel modulo di Sacchi si sarebbe depotenziato, non sarebbe stato Gentile perdendo le sue caratteristiche migliori di marcatore, Antognoni avrebbe giocato davanti alla difesa nel 4-4-2, Conti sarebbe stata una seconda punta e non un'ala, Baggio sarebbe stato incollocabile e così via. Con questo modo di intendere il calcio gli unici giocatori collocabili sarebbero stati i "gregari", anche di lusso alla Tardelli oppure, gli Oriali, i Benetti, Marini, ecc. Curiosamente nello stesso periodo Crujiff da allenatore all'Ajax attua l'esatto processo opposto: sempre nella sua autobiografia si può leggere che lui odia gli schieramenti zonati e simmetrici, e afferma che il calcio olandese negli Anni Ottanta era stato rovinato dal 4-4-2 in linea, applicato dal 90% delle squadre. Così lui decise di ripristinare il libero (curiosamente il ruolo più importante secondo lui), le marcature a uomo integrali (sia in difesa che a centrocampo) adottando il suo celebre 3-4-3 che poi è stato il modello di riferimento del Barcellona. La grandissima differenza è che Crujiff, da buon epigono del calcio totale, non si basava su specialisti ma su calciatori veramente eclettici e polivalenti, senza ruolo, in grado di giocare in ogni zona del campo. Il problema nasce quando l'impianto sacchiano, a partire dagli Anni Novanta, viene strutturato in maniera verticista nei settori giovanili italiani: smettiamo di produrre giocatori di talento mentre continuiamo a sfornare principalmente gregari, più o meno di lusso (mediani, esterni di fascia, punte sgobbone, ecc.) mentre in difesa l'impostazione precoce della zona impoverisce la nostra tradizione di marcatori. Invece le innovazioni di Sacchi, pur se moderate, sono estremamente benefiche per le nostre squadre maggiori che grazie al nuovo approccio metodologico e alle innovazioni (seppur riviste) sacchiane vincono tutto tra gli Anni Novanta e i primi Anni Duemila. Lo stesso trionfo dell'Italia nel 2006 lo vedo molto legato a questo processo, non a caso Lippi è stato il tecnico italiano che meglio a interpretato questo "cambio di mentalità" nel calcio italiano. Il problema è che anche in questo caso vinciamo molto subito ma ci riveliamo perdenti sul lungo periodo. Questo perché la rivoluzione di Crujiff attecchisce in Spagna: gli iberici non rinunciano al possesso palla e al gioco orizzontale, loro caratteristiche distintive, ma producono giocatori polivalenti e "senza ruolo" tecnici e dal baricentro basso un po' in tutte le posizioni del campo. Poi questi cambiamenti iniziano ad attecchire anche in altri paesi europei (Francia, in parte Portogallo, Germania ed Inghilterra). Noi in Italia invece continuiamo a mantenere un impostazione di squadra squisitamente sacchiana: grande enfasi sul collettivo, sui meccanismi tattici, culto del "giuoco" (in realtà un culto per il collettivo e l'Ego del tecnico), del sistema di gioco, ma grande povertà di aspetti e contenuti tecnici e di tattica INDIVIDUALE e non COLLETTIVA che invece le altre scuole non hanno trascurato e dimenticato. Il disastro definitivo è venuto quando su questo scheletro sacchiano è stato instillato nelle giovanili non tanto il gioco posizionale guardioliano ma l'inutile "possesso palla" o "tiki taka", un giropalla estenuante che ha castrato ancora di più la fantasia e l'estro di giocatori in realtà strutturati e pensati ancora per un calcio Anni '90!! Così ci resta solo la nostra ottima scuola portieri (perché il portiere lavora tantissimo a livello individuale!) mentre le punte non esistono più perché devono fare gli appoggi e gli scarichi, di autentici difensori idem perché devono solamente fare passaggio di mezzo metro al compagno vicino e non marcare il proprio avversario o leggere o coprire lo spazio, le ali idem perché se fai possesso palla non devi saltare l'uomo ma cercare i "vertici" o gli "appoggi". Insomma un bel disastro: credo che solo la lezione di Gasperini, se e come si espanderà a livello giovanile, potrà invertire questa tremenda rotta!
  3. Allora, te la riassumo così: Secondo me una delle cause principali è di tipo politico/sociologico. L'Italia calcistica degli Anni Sessanta aveva due grandissimi punti di forza, uno al vertice ed uno alla base: al vertice c'era Coverciano, uno dei primi centri federali europei che ha creato la scuola di allenatori italiana, credo l'assoluta eccellenza del nostro calcio. Alla base c'erano gli oratori e l'attività del C.S.I., il cosiddetto "calcio minore" che era improntato sul spontaneismo e su un approccio multisportivo e multilaterale. Mio padre fino ai quattordici anni ha giocato o per strada oppure in oratorio, dove oltre che al calcio venivano praticati altri sport (tennistavolo, basket, corse campestri, ecc.) e poi appena a quattordici anni è stato tesserato da una società di calcio dove trovavi i maestri di calcio (quasi spesso ex calciatori) che ti specializzavano sia dal punto di vista tecnico che tattico insegnando la tecnica e la tattica INDIVIDUALE (scrivo maiuscolo perché è un concetto importante). Quindi si iniziava a giocare a calcio tardi (appena a quattordici anni) ma con un bagaglio tecnico e coordinativo già ben consolidato che poi, gente che aveva giocato e che capiva di pallone, affinava creando il grande specialista. E' grazie a questo particolare metodo che l'Italia calcistica tra gli Anni Sessanta e Novanta ha creato una generazione di specialisti che non ha eguali nella storia: grandi portieri, grandi difensori (marcatori, fluidificanti, stopper liberi), grandi ali e grandi attaccanti (prime e seconde punte), grandi registi avanzati o fantasisti (i numeri dieci), ovviamente un approccio di questo tipo lasciava un po' scoperto il centrocampo dove servivano giocatori completi e polivalenti, cosa che l'Italia (che ha sempre puntato sugli specialisti) non ha mai del tutto assimilato. Se facciamo un'ipotetica Top 11 dell'Italia tra il 1960 ed il 2006 possiamo trovare una quantità industriale di difensori, punte, numeri dieci, ma una grande povertà di centrocampisti completi e di valore. Viceversa se facciamo un'ipotetica Top 11 della Spagna (ma anche della Francia o del Portogallo) dello stesso periodo troviamo una sovrabbondanza di centrocampisti di valore ma pochissimi attaccanti e difensori di autentico valore internazionale. Il grande problema è che quest'impostazione poteva reggere solamente per com'era strutturata la società italiana di questo "glorioso trentennio" tenendo conto che a partire dagli Anni Ottanta l'attività del C.S.I. è stata progressivamente smantellata e sostituita dalle "scuole calcio" (rigoroso virgolettato) che sono state il ricettacolo in molti casi dei peggiori arrivisti ed incapaci del calcio. Nelle "scuole calcio" italiane inoltre è mancato del tutto l'approccio multidisciplinare e multilaterale degli oratori e dei campionati C.S.I.. Così molti talenti sono stati o specializzati precocemente oppure si sono veduti castrare il talento in quanto agli allenatori delle "scuole calcio", molto spesso dopolavoristi frustrati e a digiuno di pallone, intendevano spesso cavalcare le mode del momento (Sacchi, Guardiola, ecc.), ma qui entriamo in un discorso tecnico/filosofico che affronterò prossimamente. Così a partire dagli Anni Ottanta e Novanta è venuto a meno il calcio C.S.I. e gli oratori, sono nate le scuole calcio con gli obbrobriosi "San Luigi F" (nulla contro i biancoverdi naturalmente) ed è rimasto un unico centro nevralgico, Covericano, trasformatosi da eccellenza in un grosso apparato burocratico e clientelare in pieno stile italico per riciclare calciatori, amici e amici degli amici.
  4. Credo che nella storia del calcio non esista un movimento calcistico che è in crisi endemica da decenni come quello italiano. Forse gli unici paragoni sono quelli di Austria e Ungheria, nazioni che però da quando erano ai fasti si sono viste notevolmente ridotte dal punto di vista territoriale (soprattutto l'Ungheria) dopo i conflitti bellici. L'Austria cessa di essere una potenza calcistica negli Anni Cinquanta, l'Ungheria nel decennio dopo. E' vero che altre nazionali si sono ridimensionate (Brasile, Germania) o non producono più i talenti di una volta (Olanda) però una crisi così perdurante non ha paragoni nella storia. Io ho elaborato a riguardo una mia lunga e personale teoria, impopolare ai più perché sfata molti luoghi comuni sul calcio italiano, ma non so se sia corretta o meno né pretendo che lo sia.
  5. 7 a 3, ma nel primo tempo quell'incontro fu equilibrato a quanto ricordo, per una finale con così grande dislivello in campo nei novanta minuti bisogna risalire a Milan - Steaua del 1989 (finale che alcune fonti, addirittura interne al mondo rossonero, mi dicono aggiustata). Lo stesso 4 a 0 di Atene del Milan nel 1994 fu molto episodico
  6. Evidentemente si vuole dare una stretta ai fondi americani...
  7. Domanda alla quale può rispondermi solo Kaiser: tra i giocatori della Prima Squadra del San Luigi quanti sono prodotti al 100% del San Luigi e non pescati in altre società locali? Da Pulcini o Esordienti per intenderci...
  8. Bisogna fare solo i complimenti al San Luigi e al suo presidente Peruzzo, forse se i biancoverdi stanno egemonizzando il calcio locale molte colpe va a chi ha gestito in modo scellerato la prima squadra cittadina in questi ultimi vent'anni (e tanti sono!). Menta dovrebbe solo che prendere appunti in Via Felluga e non solo lui!
  9. Male, molto male, purtroppo abbiamo problemi enormi davanti e oggi ho visto anche una squadra spenta in mezzo e pasticciona dietro. Confido solo nella scarsezza del Caldiero, squadra volitiva ma tutta in questo termine.
  10. Secondo me se da una parte il PSG mi sembra nella classica annata di grazia (come l'Inter nel 2010 o il Chelsea due anni dopo), dall'altra parte vedo molto equilibrio. L'Inter a San Siro dovrebbe fare una partita come l'andata nell'anno del Triplete: un muro dietro, pressing in mezzo al campo e ripartenze. Però non ha gli interpreti per questo modo di giocare, secondo me è ancora apertissima perché ho visto un Barça stellare ma decisamente rivedibile (molto zemaniano) dietro.
  11. Alla fine siamo stati anche dignitosi oggi contro un Vicenza nervosissimo e fisicamente ai travi dopo una lunga ed estenuante rincorsa. Continuo a pensare che questa sia una squadra buona ma con alcuni limiti che sono una vera e propria camicia di forza per Tesser: 1. Nessuno che cambia passo in mezzo tranne Ionita (oggi impalpabile) 2. Attaccanti mal assortiti e che non sono complementari. A questo si aggiunge una condizione psicologica deficitaria dopo i pasticci societari: anche oggi abbiamo incassato gol dopo il primo tiro in porta.
  12. Molto bello tutto questo... nell'Athletic gli unici stranieri ammessi erano i baschi nati in Francia o i baschi nati all'estero (soprattutto in Sudamerica).
  13. E nell'altra semifinale ghe xe una squadra con solo baschi (e qualche navarro)...
  14. Anche a me non dispiace un'Europa League organizzata così, ieri sera ci sono state partite spettacolari con un Manchester United - Lione da contorni leggendari. A mio modo di vedere la creazione della Conference è stata una delle poche buone idee avute dai burocrati della UEFA da Bosman in avanti. Se guardiamo le semifinaliste, oltre alle due inglesi (arrivate in semifinale un po' per caso) ci sono squadre come Athletic Bilbao e lo stesso Bodo che sono arrivate fino in fondo senza spendere e spandere grazie a tradizione (per i baschi), e competenza (per i norvegesi).
  15. Piccola curiosità: sia Inter che Arsenal raggiungono le semifinali con una media di 36% dei possesso palla, se per Inzaghi la cosa non può stupire anche perché la sua squadra ha il suo punto di forza in una difesa granitica, la cosa è invece strana per Arteta che viene considerato un epigono di Guardiola. Non è che si sta andando verso un calcio dove contano molto di più servire i singoli (oggi si dice "costruire relazioni") in determinate situazioni che costruire grandi sistemi?
  16. Onestamente era la partita che mia spettavo: ultimamente il Padova ha quasi sempre approcciato le partite in questo modo, ovvero difendersi con quasi tutta la squadra nella propria metà campo e poi cercare il gioco di sponda con Bortolussi o il contropiede, tattica di gioco non certo per puristi ma si vince anche così, soprattutto nelle categorie inferiori. Ero sicuro che se avessimo incassato il pero subito poi non saremmo riusciti a raddrizzare la contesa perché davanti, con difesa schierata, non abbiamo armi per fare male e a questo si aggiunge un incredibile cistume nel creare qualcosa su palla inattiva (punizione o corner), quindi muloni miei semo questi, e a mio modo di vedere abbiamo fatto fin troppo nel girone di ritorno: senza quella penalizzazione criminale (da parte della "società") saremmo salvi!
  17. Esatto... aggiungo che Platini si era messo contro la lobby dei procuratori e completiamo il quadro.
  18. Semplicemente si sono resi conto che avere gru in porta che non staccano un centimetro da terra è controproducente, infatti in Slovenia i portieri sopra il metro e novanta non vengono considerati a livello giovanile...
  19. Oggi i portieri sono 20 centimetri più alti di Peruzzi ma a livello di elevazione staccano la metà, non serve a nulla coprire la porta se poi sei incollato a terra....
  20. Non ho visto una brutta Triestina nel primo tempo dove siamo stati castigati da due episodi; il problema è che la squadra mi sembra davvero aver staccato a livello mentale (è inconcepibile che una squadra che lotta per salvarsi subisca un gol del genere dopo un minuto), inoltre secondo me il rombo di Tesser non copre bene le fasce dove soffriamo spesso. Non si potrebbe rinunciare al 4-3-1-2 o è un dogma inscalfibile?
  21. Oggi la peggior prestazione dell'era Tesser: squadra spenta, centrocampo lungo chilometri, attacco inconcludente dove nessuno teneva palla per fare salire la squadra. L'Albinoleffe mi è sembrata squadra discreta ma nulla più che è riuscita a capitalizzare le occasioni create sapendo che prima o poi ci avrebbero segnato. Noi nemmeno un tiro in porta... se qualche settimana fa ero ottimista stasera lo sono assai meno.
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