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La rassegna stampa sandrina di giovedì 29 settembre


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LA RASSEGNA STAMPA SANDRINA DI GIOVEDI' 29 SETTEMBRE

Da Il Piccolo di Trieste

Parla il "Vate": «Trieste-Treviso è nobiltà»
Bianchini: «Il modello del club biancorosso andrebbe preso ad esempio»

di Raffaele Baldini

Mito della nostra pallacanestro, uno degli ultimi veri intellettuali a tutto tondo: Valerio Bianchini è uno che allinea pensieri e dichiarazioni, parlando di italiani, giovani e tradizioni. È uno che si schiera apertamente per la valorizzazione del prodotto italico. Esigenza per rilanciare il movimento azzurro o presa di coscienza di una deriva… globalizzata? "L’economia insegna, nei momenti difficili bisogna reinvestire sulle proprie qualità, esaltare le risorse. Se l'Italia ha perso terreno sul piano industriale, non può prescindere da valori atemporali come il gusto e la creatività. La pallacanestro ha fatto l'errore di globalizzarsi a discapito della qualità, banalizzando il concetto di mercato aperto. Allora la questione assume caratteri grotteschi quando poi ci si ritrova ad incensare competenze italiane in giro per il mondo come Messina, Scariolo, Trinchieri o giocatori del calibro di Hackett, Melli e Datome. La Nazionale è simbolo di questa incapacità di darsi una identità: si organizzano spedizioni federali per pregare le "stelle" Nba, invece di lavorare per allargare una base responsabilizzata di atleti nostrani".

A proposito di italiani, la serie A2 è da un po’ che perora la causa: che ne pensa? "Continuo a restare seriamente preoccupato per la serie A1, in cui la società di punta (Milano, ndr) decide di investire su giovani italiani di punta, ben sapendo però che gerarchicamente potrebbero stare fra gli “sventola-asciugamani” e i complementi da “garbage-time”. In A2 invece il percorso intrapreso è quello giusto, ma anche qui con dei distinguo: bene che ci siano solo due stranieri e il resto del gruppo italiano, purchè non ci sia l'idea forte del quarantenne da svernare piuttosto che il giovane da lanciare. La Lnp deve porsi un obiettivo dichiarato: sfruttare questi campionati per preparare i giocatori al professionismo". Nessuno ha fatto un esame approfondito di come gli italiani lavorino per emergere. Si è fatto un’idea della generazione nuova che si approccia alla pallacanestro? "Non demonizzo le giovani leve, e non penso che manchi in loro la volontà di emergere. Devono solo essere messi nelle condizioni di poter intraprendere un percorso di crescita in palestre e con istruttori adeguati, avendo il futuro un po’ più sgombro da presenze… esotiche (stranieri, ndr), senza saltare gli studi e vivere con la paghetta del nonno".

Trieste è da anni che riesce a reggere la categoria grazie all'investimento dei prodotti locali (Spanghero, Ruzzier, Tonut, Coronica ecc.). C'è realmente la possibilità di sussistere con le proprie forze con un minimo di programmazione? "Ci dovrebbe essere sempre questo tipo di “modus operandi” nelle società di A2, che non hanno il mecenate per ambiziosi traguardi o un consorzio strutturato e solido. Trieste per nobiltà cestistica e bacino florido può avere un vantaggio alla base, le altre comunque possono concorrere ad investire nei prodotti locali, traendo beneficio alla distanza. Anche la Fortitudo Bologna sta facendo questo tipo di percorso con risultati brillanti e non a caso è un’altra nobiltà della palla a spicchi". Se le dico Trieste e Treviso, cosa le viene in mente? "Non posso pensare a Trieste senza pensare al maestro Cesare Rubini. Sì, certo, in epoche recenti mi passano davanti agli occhi quel manipolo di talenti orchestrati da Boscia Tanjevic in un Rinascimento cestistico giuliano, o gli ultimi fulgidi esempi di produzione autoctona come Stefano Tonut. Treviso la penso come un’eccellenza europea, che ha scritto pagine storiche di pallacanestro e personaggi clamorosi come Kukoc, Del Negro, Rebraca, Obradovic. Ma soprattutto è un esempio di lungimiranza e progettualità, materializzate nella magnifica "Ghirada"".

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Dalla Marca in arrivo una piccola legione
L’Alma spera in un PalaRubini gremito

Può una sfida come Trieste-Treviso perdere di significato per il fatto di giocarsi alla prima giornata di campionato? Certamente no. Come soleva ripetere l'ex tecnico dello Jadran, Walter Vatovec, «il derby è sempre il derby» e Alma-De Longhi, in programma domenica alle 18 sul parquet del PalaRubini, non fa eccezione. Se da Treviso il tam tam del tifo parla di una mini mobilitazione con tre pullman e numerose macchine già sulla strada del capoluogo giuliano, rimane tutta da verificare la risposta del popolo biancorosso.

Una campagna abbonamenti andata bene, ma non ancora benissimo, la pericolosa concorrenza della capolista Triestina e un clima non proprio caldissimo nel corso del pre-campionato lasciano la porta aperta a qualche incertezza. Da spazzare via, a colpi di biglietti venduti, per creare lo stesso clima che lo scorso anno trascinò i ragazzi di Dalmasson a una delle vittorie più esaltanti della stagione. Soltanto qualche mese fa, con oltre 5600 presenze sugli spalti, fu record di tutto il campionato di serie A2, quest'anno sarà difficile riuscire a ripetere gli stessi numeri. Difficile, ma non impossibile. E se provassimo a vincere la scommessa per riempire ancora una volta il palazzo? Nel frattempo la squadra biancorossa fa il suo, continuando a preparare la partita. Dal punto di vista tattico, ma anche da quello psicologico. (lo.ga.) 

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Nella Triestina d’attacco mancano le reti al Rocco
Un solo gol nelle partite casalinghe contro le sette realizzate nelle gare in trasferta
Nelle due sfide interne non sono mancate le occasioni ma con meno spazi si fa fatica

di Antonello Rodio

Nello scoppiettante avvio di campionato della Triestina, c'è un dato che però balza all'occhio e lascia quantomeno perplessi: nelle prime due trasferte l'Unione ha messo a segno addirittura 7 reti, mentre nei primi due incontri casalinghi ha realizzato appena un gol. Una differenza così marcata non passa inosservata e la facilità con cui sono stati infilzati Cordenons e Legnago, stride infatti un po' con le difficoltà incontrate con Carenipievigina e Union Feltre. Quali i motivi dunque? Innanzitutto va esclusa qualsiasi sindrome Rocco: i tifosi sono un notevole valore aggiunto, gli alabardati esperti sono avvezzi a qualsiasi palcoscenico e i giovani non hanno patito nessuna titubanza da stadio amico. E allora, al di là della casualità, del fatto che comunque anche nelle due sfide interne la squadra di Andreucci ha creato molto più degli ospiti e della differente qualità degli avversari, le cause vanno ricercate sul piano tattico o, meglio ancora, negli spazi disponibili.

Come logica vuole, chi arriva al Rocco si presenta generalmente con un atteggiamento molto abbottonato, cercando di intasare gli spazi per portare via un pari. Se lo sa fare bene, come l'Union Feltre, è dura abbattere il muro, soprattutto se non ci sono velocità e precisione nell'ultimo passaggio e nell'esecuzione, cose in effetti mancate alla Triestina. Sono le classiche sfide che, se le sblocchi subito, poi si avviano su un binario più facile, altrimenti con il passare dei minuti diventano sempre più complicate. E l'assenza dei giocatori di maggior movimento (Bradaschia, Corteggiano e Turea sono entrati solo nella ripresa per motivi fisici), quelli capaci del guizzo decisivo, non ha certo agevolato il compito. Quando la Triestina gioca in trasferta, le squadre di casa tendono fisiologicamente ad avere un atteggiamento un attimo più aperto e, di conseguenza, a lasciare qualche spazio in più. Ma non tutto è spiegabile così. La possibile causa scatenante delle goleade esterne, è in fatto che le partite contro Cordenons e Legnago si sono aperte subito, dopo pochi minuti, senza lasciare il tempo che la rete delle disposizioni tattiche diventasse un'inestricabile ragnatela. Il botta e risposta nei primi venti minuti con il Cordenons ha subito scosso la partita, e paradossalmente il vantaggio dei pordenonesi è stato quasi un toccasana. E dopo l'uno-due alabardato gli spazi si sono aperti. A Legnago l'Unione ha sbloccato la situazione dopo appena due minuti, e a carte scompigliate non ha creato problemi nemmeno il pareggio degli avversari, perché qualche spazio, grazie anche all'atteggiamento della squadra avversaria, si era ormai già aperto. Che partita sarà dunque con l'Altovicentino (che ieri ha battuto il Levico in Coppa Italia per 3-2). In realtà, una squadra costruita per vincere e già in ritardo di 4 punti dovrebbe giocare a viso aperto per tentare il colpaccio, dando vita a una bella partita e lasciando spazi anche alla Triestina. Ma sarà davvero così? 

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L’Interclub gioca su tutte le ruote
B donne, D uomini e giovanili, con squadre in tutte le categorie

di Marco Federici

La nuova stagione sportiva è ormai alle porte per un’Interclub Muggia impegnata sui vari fronti che compongono l'attività cestistica. Il settore seniores femminile, quello maschile e il vivaio che poggia sulle fondamenta del minibasket, saranno rappresentati anche nel 2016/2017 e, a titolo benaugurale, tutte le formazioni del sodalizio rivierasco sono state presentate ieri al PalAquilinia. A dare il saluto istituzionale è stata la sindaca di Muggia Laura Marzi accompagnata dall'assessore alle politiche giovanili Luca Gandini, mentre la parte del padrone di casa è spettata al presidente dell'Interclub Marco Salviato: «Auguro a tutti i nostri atleti una stagione fatta di quel divertimento che dovrà essere il primo obiettivo - ha affermato il massimo dirigente neroazzurro - e baderemo a costruire una giusta mentalità fatta di sportività, correttezza e lealtà. Ciò che facciamo come società è reso possibile dall’aiuto delle tante famiglie che mettono a disposizione il loro tempo. A tutte loro, così come al sindaco, agli sponsor e allo staff tecnico, va il mio ringraziamento».

A proposito di staff: Nevio Giuliani sarà il responsabile tecnico del settore femminile, Fabio Zgur lo sarà nel maschile e Marco Manuelli guiderà il minibasket. In tutto saranno 25 tra allenatori e istruttori che si spartiranno 260 atleti, quasi la metà dei quali iscritti al minibasket. A questa componente numerica si intreccia un altro dato che restituisce l’importanza della società sportiva nata nel 1968, l’unica in regione ad avere squadre presenti in ognuna delle categorie dei tre distinti settori. Con queste solide premesse l’Interclub si accinge a tuffarsi in un’annata che vedrà la prima squadra femminile in serie B e la prima squadra maschile (nata solo 4 anni fa) al suo battesimo in serie D: inizieranno le ragazze di coach Giuliani domenica a Bolzano, mentre i ragazzi allenati da Birnberg esordiranno nel weekend successivo e saranno seguiti, pochi giorni dopo, dall’attività giovanile, apripista l’Under 18 Eccellenza. 

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