SandroWeb Inviato 13 Aprile 2021 Segnala Inviato 13 Aprile 2021 MARTEDÌ 13 APRILE 2021 - È il momento di fare appello all'orgoglio. Anzi, chiamiamolo pride, così è comprensibile anche a quelli che sembrano in queste settimane i più neghittosi della compagnia. Come scrive Roberto Degrassi oggi su "Il Piccolo", probabilmente la parola orgoglio è risuonata anche ieri nello spogliatoio dell'Allianz durante la riunione tra staff tecnico e giocatori per confrontarsi dopo la prestazione di Bologna, fallimentare dal punto di vista caratteriale. Domani sera si viaggia di nuovo. A Trento, dove hanno abbattuto di recente Milano e Venezia. Se poche ore non possono ridare la forma appannata, possono però dare una scossa emotiva e mettere ciascuno di fronte alle proprie responsabilità.I DUE VOLTI La serie A giunta alla ventiseiesima giornata attribuisce ancora all'Allianz un posto tra le prime otto. Per mesi ormai Trieste, nonostante lo stop per il Covid, ha mostrato al panorama baskettaro nazionale di meritarsi un posto nei play-off, vincendo cinque volte in trasferta, portando un giocatore (Alviti) in Nazionale, lontana dai patemi della salvezza, obiettivo stagionale raggiunto in largo anticipo.Una squadra orgogliosa, di fronte a un momento difficile, reagirebbe con determinazione, quasi con rabbia, con la voglia di andare a prendersi quel risultato che ritiene le spetti. Una voglia così feroce da mascherare fisiologiche flessioni. Cattiveria. Spirito di sacrificio per fare di quei 160 minuti il countdown per un premio meritato.Niente a che vedere con l'Allianz delle ultime esibizioni, con la pasticciata, remissiva, confusa prestazione alla Segafredo Arena. Non è piaciuto a nessuno vedere una squadra che già nel linguaggio del corpo di qualche giocatore preannunciava una sorte segnata. La Virtus - anzi, i due terzi della Virtus, vista l'assenza di quattro califfi - è superiore, d'accordo, ma chi perde senza combattere ha sempre torto. Domani a Trento l'Allianz ha la possibilità, vincendo, di fare un passo quasi decisivo verso i play-off. Perdendo con uno scarto inferiore ai 10 punti, verrebbe raggiunta ma rimarrebbe credibilmente in corsa. Perdendo ripetendo una prova come quella di Bologna si infilerebbe in un tunnel dal quale, con autostima a zero e pile scariche, farebbe fatica a uscire indenne.GIOCO FISICO Eugenio Dalmasson negli spogliatoi ha denunciato che la sua squadra è in difficoltà contro chi pratica difese fisiche. Una sorta di deja-vu. È già successo in questa stagione ma era stato detto anche in quella passata. Preso atto di questa carenza, serve però una soluzione e la responsabilità in questo caso è tecnica. L'Allianz che ha vinto in questa stagione lo ha fatto giocando di squadra. Non lo fa più, troppe soluzioni individuali e forzature. Da Ros e Upson meritano il massimo rispetto per l'impegno e la devozione alla causa ma se nelle ultime settimane sono stati loro i Mvp vuol dire che qualcun altro ha girato a vuoto.HENRY E DOYLE I due esterni Usa stanno diventando un corpo estraneo ed anarchico. Iniziative estemporanee, tiri scagliati senza logica (nè misura, vero Milton?), un sorriso fatalista quando servirebbero occhi di tigre e denti a sciabola. A Doyle non si chiede solo qualche tripla. Da Henry ci vorrebbe qualche segno di reazione: il bel giocatore visto in Supercoppa e al debutto in campionato contro Cremona non si è più ripetuto. E gli alibi sono finiti, dopo l'infortunio, il Covid con successive debilitanti cure, le incomprensioni con il coach e le panchine punitive. I minuti adesso li ha. Ma sono poveri di sostanza.IL VICE LOBITO Fatalmente, i problemi sono sempre gli stessi. Se Juan Fernandez non gira, cala la notte. E il Lobito è il più spremuto della squadra. Le squadre avversarie, inoltre, capita l'antifona si occupano principalmente di disinnescare lui vista la difficoltà per Trieste a trovare alternative. Faceva tenerezza vedere il buon Tommy Laquintana, richiamato in panchina a Bologna dopo aver sprecato maldestramente un possesso, nascondere la testa sotto la maglia e singhiozzare. Il play pugliese, da avversario, impressionava per cazzimma, intraprendenza e applicazione difensiva. Con la maglia dell'Allianz addosso, però, ha marchiato una stagione insufficiente. Servirebbe un colpo d'ala nel finale. - E così a tre giornate dalla fine di questa stagione tribolata la Triestina ha scoperto di saper gettare i punti anche con le big. A fine partita tutti i protagonisti, Pillon compreso, hanno parlato di cinque minuti di follia. Come scrive Ciro Esposito, più che di follia è più corretto parlare di mancanza di concentrazione e di sciagurata disposizione tattica dopo 80' esemplari sotto questo aspetto. È come se la tanta attenzione messa in campo per annientare l'indubbio potenziale del Perugia fosse svanita all'improvviso. I gol nati da una quasi innocua sponda di testa e da una ripartenza sono le conseguenze di un atteggiamento con poca verve senza voler togliere i meriti al super attacco del Perugia che si giocava in pochi minuti l'ultima chance di restare aggrappato al carro che porta alla B.Tutto il campionato della Triestina è costellato dai cali di tensione che ne hanno condizionato il rendimento anche nei momenti apparentemente più in controllo di una gara. Si tratta di un aspetto che va imputato ai giocatori che hanno via via dimostrato sul campo di non essere un gruppo solido anche se composto da giocatori di esperienza e livello per la categoria. Ma, oltre ai demeriti della squadra, anche Pillon non può chiamarsi fuori. E infatti, con l'onestà che l'ha sempre contradistinto, l'allenatore trevigiano non l'ha mai fatto. Se un gruppo non si muove all'unisono e va in sofferenza nelle difficoltà la responsabilità è non solo ma anche di chi lo guida ogni giorno. La costante attesa nei cambi, le scelte non azzeccate sono la spia che anche un tecnico di grande esperienza può non essere in forma come la squadra. A Perugia, con gli avversari che nella ripresa avevano cambiato assetto, un cambio a Sarno ormai esaurito e più minuti a Mensah per alleggerire la pressione (dalla sua parte era stato arretrato Elia, un'ala di ruolo) sarebbe stato utile. E poi nel finale, da un tecnico che per tenere l'1-0 al Rocco con il Carpi aveva giocato con sei difensori (cinque più Rapisarda), era lecito aspettarsi altrettanto a Perugia contro una squadra di primissimo livello. Nel calcio non c'è controprova e magari la Triestina avrebbe perso comunque su un campo dove il ko poteva starci a differenza della gara di San Benedetto. I mea culpa che si susseguono sono apprezzabili ma non servono a muovere la classifica e soprattutto a sferzare un gruppo che sul piano morale e tecnico rischia una deriva.Le ambizioni dichiarate dalla società erano altre rispetto alla caccia al quinto posto. Anche il club ha le sue responsabilità che peraltro paga in moneta sonante anche se ha cercato di correggere la rotta investendo altri denari su un nuovo staff a fine novembre e prendendo anche due terzini, non certo di primo pelo ma provenienti dalla B. Le disavventure non sono mancate (infortuni lunghi e due focolai covid) e vanno tenute in dovuto conto. Però ora tecnico, giocatori e club devono essere capaci di analizzare la situazione e fare fronte comune per evitare di mandare all'aria nel rush finale quanto è stato fatto finora pur tra alti e bassi. Servono tre partite da giocare senza tentennamenti non solo per il piazzamento che vale parecchio ma soprattutto per trovare un'identità necessaria per affrontare in modo competitivo i play-off. E anche per fare chiarezza sul futuro. Perché altrimenti questa rischia di diventare una stagione, oltre che deludente, anche buttata via. Non è accettabile nei confronti del presidente Mario Biasin che ha sempre risposto positivamente alle sollecitazioni del cugino Mauro Milanese. È la coppia che proprio cinque anni fa, nell'aprile del 2016, ha salvato la baracca dopo un altro fallimento, abbracciata in tribunale dal popolo alabardato in tutte le sue componenti. Proprio quei tifosi che da un anno non possono entrare allo stadio meritano un sussulto. Nel calcio, come nella vita non è mai finita. C'è una settimana davanti. Basta credere in quello che si fa Cita
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