SandroWeb Posted May 24, 2021 Report Share Posted May 24, 2021 LUNEDÌ 24 MAGGIO 2021 - Era arrivato in alabardato nell'estate 2017, dopo aver fatto penare la difesa dell'Unione con la maglia della Virtus Verona nel play-off di serie D. Quattro anni dopo, proprio la partita contro la sua ex squadra, è stata per Davis Mensah la sua ultima con la Triestina. L'attaccante infatti, già a febbraio, aveva trovato l'accordo con il Pordenone per giocare in neroverde dalla prossima stagione. Mensah, qual è il suo bilancio dopo quattro anni con la Triestina? «Sono stati anni intensi, belli, con il grande rammarico di non essere riusciti ad andare in serie B: la finale col Pisa resta il rimpianto più grande della mia carriera, una ferita che fa ancora male. La Triestina mi ha portato nel calcio vero, ha creduto in me e la ringrazierò sempre perché mi ha dato la possibilità di crescere. Lasciarla dopo 4 anni è stata una scelta difficile». Come è nata la scelta di andare al Pordenone? «Sinceramente a inizio stagione non avrei mai pensato che questo sarebbe stato l'ultimo a Trieste, ma poi ho avuto questa possibilità e credo che qualsiasi giocatore non potesse rifiutare una proposta del genere. Magari fossi stato più giovane anche sì, ma ad agosto farò 30 anni e certi treni passano una volta sola. Mi dispiace che dopo l'accordo col Pordenone qualcuno mi ha rimproverato di non aver dato il massimo, invece io ho dato tutto me stesso, era anche un mio interesse: non ho mai vinto un campionato e questo sarebbe stato nel curriculum, non aver vinto qualcosa in carriera con la Triestina rimane una ferita». L'esperienza in alabardato l'ha fatta crescere?«Sicuramente, soprattutto a livello umano, ma non solo. Ho conosciuto grandi allenatori e tutti mi hanno dato qualcosa, anche quando ho giocato meno: Gautieri ad esempio mi ha insegnato tanto nei movimenti, nel 4-3-3 è un maestro. Li ringrazio tutti perché è grazie a loro se ho potuto migliorare. Ma di imparare non si finisce mai».Pensa di poter migliorare ancora? «Certo, non sono giovane ma ho iniziato tardi a giocare a calcio per cui credo di avere ancora margini di miglioramento. So che tecnicamente devo migliorare tanto, ma ci metto sempre tanto impegno». Cosa non ha funzionato nella sfida con la Virtus Verona? «Non ha funzionato che quest'anno abbiamo fallito tanti obiettivi. All'inizio volevamo vincere il campionato, poi arrivare secondi, poi terzi, ma più scendevamo e più non ci riuscivamo. Ai play-off eravamo carichi, ma forse il doppio risultato ci ha penalizzato, pensavamo di portarla a casa col minimo sforzo, invece siamo stati dei polli». Cosa si aspetta dalla serie B? «Sarà difficile, è normale, le categorie sono fatte apposta. Ma a Pordenone entrerò in punta di piedi, senza presunzione e per imparare, come quando sono arrivato a Trieste dalla serie D, con umiltà. Sono fiducioso: so che sarà difficilissimo, ma se non ci provi, come fai a sapere se ce la puoi fare?».Ha avuto timore che il Pordenone potesse retrocedere? «Un po' sì, giocare in B per me è un sogno, come quando dalla D guardavo alla C. Un giocatore vuole sempre salire». Come saluta i tifosi alabardati? «Quando ho firmato la Triestina, ho passato alcune notti a sognare cosa sarebbe stato segnare sotto quella curva, che avevo visto piena da avversario. I tifosi mi hanno dato grandi emozioni, non mi hanno fatto mai mancare niente, li ringrazio tutti dell'affetto: tecnicamente avrò anche sbagliato, ma l'impegno c'è sempre stato. E quando sono tornato dall'infortunio, sentire il loro applauso e il loro sostegno è stato bellissimo. Sempre forza Unione». - Gli occhi sono quelli che, dopo parecchi giorni dall’ultima battaglia di campionato, trasudano ancora tanta emozione. È innegabile che per Andrea Coronica (intervistato dal sottoscritto per City Sport) questo finale di stagione sia stato probabilmente diverso completamente da tutti quelli dei passati anni. Perché i mesi messi ormai alle spalle fanno parte di un’annata per ovvie ragioni complicata, con tante difficoltà da fronteggiare dentro e fuori dal campo, con l’Allianz abile a inanellare una partecipazione ai play-off tutt’altro che scontata. E di ciò che accadrà al capitano biancorosso nell’immediato futuro? Beh, è un capitolo ancora tutto da scrivere. Andrea, quale è stata sensazione più viva negli istanti successivi che hanno accompagnato l’ultima sirena dell’anno? “Un turbinio di emozioni, senza alcun dubbio. Per noi giocatori triestini e per chi già da tanti anni indossa questa maglia il finale di campionato rappresenta qualcosa di importante. Ed è stato un momento che per certi versi mi ha ricordato la finale di A2 persa contro la Virtus: c’era chi, come Stefano Bossi, piangeva e veniva consolato da Daniele Cavaliero. In questa occasione è stato lui ad emozionarsi e a commuoversi, con molti di noi ad abbracciarlo e a consolarlo: personalmente sarà difficile rimuovere dalla testa queste immagini”. Quella che si è conclusa lunedì scorso è una stagione mai provata prima. Sia per voi giocatori che per un pubblico che, a parte un paio di giornate, non ha mai potuto seguirvi di persona. “È stata un’annata difficile per tutti. Per noi che giocavamo la sensazione di vuoto che provavamo senza i tifosi, i nostri supporter invece hanno dovuto sopportare per tanti mesi il distacco dalle tribune. Il sentire, ad esempio, in maniera chiara le voci degli allenatori e delle panchine è stato un qualcosa di strano che ci ha accompagnato a lungo”. Proprio sull’ambito dell’assenza del pubblico, quale è il rammarico più grande per te? “Quello di non aver potuto mostrare ai nuovi cosa significare avere un Allianz Dome strapieno di gente che tifa per la tua squadra. Anche solo per questo motivo venire a giocare a Trieste non è per niente uguale rispetto a tante altre piazze. Un vero peccato, non ci sono dubbi su questo”. Lo 0-3 nella serie contro Brindisi che cosa vi ha lasciato? “Principalmente la consapevolezza che le prime cinque squadre del campionato erano di un livello troppo alto rispetto a tutte le altre. Ma al di là di questo e per quanto riguarda principalmente noi e i play-off che abbiamo giocato, è stato un peccato non vincere almeno una partita della serie. A casa loro non avevamo fatto bene, qui da noi ci siamo andati vicini almeno ad allungare la nostra post-season. Penso che a lungo andare contro Brindisi almeno una gara l’avremmo potuto fare nostra, il destino ha invece voluto diversamente. E per certi versi purtroppo non tutto è girato come avremmo voluto”. A proposito: chi lo vince il campionato, secondo te? “Sono banale se dico Olimpia? Scherzi a parte, Milano ha un roster infinito ed è talmente tanto ben organizzata che sarà difficile strapparle il titolo. Con tutto che giocheranno anche le Final Four di Eurolega, la vedo comunque molto dura per le avversarie”. Riguardando il film di una stagione intera, secondo te il maggior pregio e il maggior difetto di Trieste? “Di positivo è che abbiamo avuto la capacità di accenderci, arrivando a vivere di grandi fiammate che poi ci hanno portato a conquistare un traguardo insperato all’inizio della stagione. Per contro non siamo mai riusciti a mantenere un rapporto costante in campo, incontrando sulla nostra strada tanti bassi importanti di rendimento”. Il ricordo più bello che racchiuderai nel tuo personalissimo libro annuale dei ricordi? “La vittoria in campionato a Milano, un momento di gioia condivisa con i ragazzi. Ma anche la mia prima partecipazione alla Coppa Italia e, aspetto forse più importante di tutti, il rapporto che ho avuto con ogni mio compagno di squadra. È una cosa che porterò sempre nel mio cuore”. Si parla molto in questi giorni di un ciclo in panchina che si è concluso… “Non spetta a me dirlo. Ma, a pensarci bene, io ho avuto nella mia carriera solamente due allenatori: Massimo Bernardi ed Eugenio Dalmasson. E non avere più quest’ultimo sarà una sensazione strana e particolare: quando una cosa diventa duratura te ne fai un’abitudine. Non so quindi cosa sarà il domani”. C’è un desiderio che Andrea Coronica ha per la sua Pallacanestro Trieste? “Che ci sia una proprietà sempre più forte che aiuti i grandi sponsor ad abbracciare questa nostra realtà. E che la “triestinità” che c’è stata in questo roster per tanti anni possa continuare: ha dato una forza incredibile in tutti i risultati che abbiamo ottenuto, così come la forza per affrontare momenti difficili. Quando parlo di questo aspetto, parlo anche chi non è nato in questa città ma che ha sposato la bellezza di questa piazza. Penso a Matteo Da Ros e al “Lobito”, giusto per dirne un paio. Sarebbe bello ripartire da questo nell’immediato futuro”. E del tuo futuro, che ci dici? “Attualmente è un grosso punto di domanda. Obbedirò a quelle che saranno le decisioni da parte della società: spero che le scelte future siano condivise da ambo le parti, per il bene del sottoscritto e di questo sodalizio”. Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Recommended Posts
Join the conversation
You can post now and register later. If you have an account, sign in now to post with your account.