Jump to content

Recommended Posts

Posted

GIOVEDÌ 24 OTTOBRE 2024

- Passano gli anni, cambiano sponsor e categorie, ma nell'immaginario collettivo Trieste contro Treviso rimane una sfida dal sapore antico. E come scrive Lorenzo Gatto su "Il Piccolo", è unn duello che affascina e che, non a caso, porterà quasi 400 tifosi biancorossi sul parquet del PalaVerde nell'anticipo della quinta giornata in programma sabato alle 20.

Cinque pullman e numerosi mezzi privati per andare a vivere da vicino l'ennesima pagina di una storia lunga quasi cinquant'anni. Un mix di ricordi dolci e amari per una rivalità comunque molto sentita: non è un caso che i derby del triveneto abbiano segnato momenti significativi nella storia delle due società. Il primo indelebile ricordo nella stagione 1979/80, l'Hurlingham di Rich Laurel affronta in trasferta la Liberti di Marione De Sisti. Le alchimie di Dado Lombardi tengono Trieste in partita, proprio in extremis Roberto Ritossa segna il canestro decisivo. Prima o dopo la sirena? La panchina trevigiana protesta, Martolini e Fiorito convalidano dando il via alla festa triestina e a un finale di stagione dal quale i neroverdi trassero la spinta per centrare la promozione. Una decina d'anni dopo, la sfida dei canestri si trasforma nel derby dell'abbigliamento. Da una parte Treviso griffata Benetton, dall'altra Trieste che sposa il quadrifoglio di Stefanel.

Strade e filosofie diverse per arrivare al successo: c'era chi cercava di costruire campioni e chi invece preferiva prenderli già pronti. Se Treviso ingaggiava talenti come Kukoc, Del Negro, Woolridge, Rusconi e Pittis, Trieste puntava sui giovani con Bodiroga fiore all'occhiello di una squadra che con Pilutti, Fucka, Sartori, Cantarello, Bianchi e De Pol ricostrui partendo dalle fondamenta. Il ricordo più amaro, senza dubbio, è datato 3 marzo 1995. L'Illy del dopo Stefanel, sbarazzatasi in semifinale della Scavolini, contende alla Benetton la Coppa Italia nella finale di Casalecchio di Reno. Trieste va a un soffio dall'impresa: sotto di uno, a 20 secondi dalla fine, Steve Burtt ha il pallone e punta il difensore. Uno come lui in 99 casi su 100 va a canestro. Quella volta, invece, decise di servire un compagno. Nessuno se l'aspettava, compreso Pol Bodetto, destinatario dell'assist. Palla alla Benetton che portò a casa la coppa. Negli anni 2000 uno dei ricordi più dolci. Stagione 2001/2002, Trieste a caccia della capolista, un derby triveneto con Cesare Pancotto sulla panchina e Derell Washington in campo che vide i biancorossi imporsi al fotofinish grazie a una bomba di tabella dell'allora trentenne ala di Fort Knox. Altri tempi, altri obiettivi (la Benetton di D'Antoni andò poi a vincere lo scudetto) ciò che resta è la grande rivalità di due piazze chiamate a mostrare il volto migliore della loro passione. La peggior sconfitta per i colori triestini è il 104-46 rimediato al PalaVerde nell'A1 2003-04 poi il fallimento che cancellò per diversi anni il fascino di questa sfida. L'ultimo ricordo importante i play-off di serie A2 che nel 2018 diedero il pass per la finale promozione dell'Alma.Contro la De Longhi Treviso, la formazione di Dalmasson si impose nei due match giocati al PalaTrieste per poi andare a chiudere la serie con una prestazione autoritaria proprio al PalaVerde. Vittoria e qualificazione alla finale, ultimo passo per chiudere un cerchio e riconquistare la massima serie. 

- Adesso per Pep Clotet inizia una difficile missione salvezza. Ma c'è chi due anni fa sulla panchina alabardata è riuscito in un'impresa ancora più ardua, perché era subentrato a febbraio dopo 24 giornate con la Triestina fanalino di coda a ben cinque punti dalla penultima, con sole 14 partite a disposizione per rimontare.

Lo ricorda Antonello Rodio sul quotidiano locale: come finì quella stagione tutti lo ricordano e quel tecnico è Augusto Gentilini, che anche da San Benedetto del Tronto dove abita, continua a seguire le vicende dell'Unione.

Gentilini, lei era arrivato in una situazione difficilissima: quale fu la ricetta per risollevare quella squadra?

«In queste occasioni si cerca ovviamente di portare idee e organizzazione, ma innanzitutto si cerca di trasmettere serenità, ridare ai ragazzi la consapevolezza dei propri mezzi. Quando i risultati sono negativi, le qualità vanno a scemare e c'è poca fiducia in se stessi. Insomma bisogna ridare fiducia ai giocatori, poi ovviamente i risultati aiutano».

In pratica è stato questo il primo discorso fatto alla squadra?

«Si. E credo che un allenatore esperto come Clotet questo l'abbia già detto ai ragazzi».

Ma oltre all'aspetto mentale contano anche gli eventuali cambiamenti tattici?

«Credo che al primo impatto la tattica sia secondaria, va innanzitutto ricreato il feeling con il gruppo coinvolgendo tutti, sia chi ha giocato di più sia chi lo ha fatto meno. È normale che quando le cose non sono positive, nella testa si vede tutto nero, quindi bisogna lavorare sotto questo aspetto con grande determinazione. Poi, man mano, si possono aggiungere le proprie idee e quello che è il proprio credo calcistico».

Quanto conta però la dispo nibilita dei giocatori?

«Tantissimo, perché se uno predica nel deserto è aria fritta. Come ho sempre detto, io ho avuto la fortuna di trovare un gruppo serio, ragazzi validi che si sono messi a disposizione e che hanno creduto in quello che proponevo, ed è fondamentale che il gruppo creda in quello che uno dice».

Della situazione attuale della Triestina che ne pensa?

«Seguo tutto perché la Triestina mi è rimasta nel cuore. Mi dispiace davvero per la città e per i tifosi che abbraccio fortemente, mi auguro che la squadra possa uscire presto da questa situazione e la gente possa quanto prima tornare a sorridere e a riempire lo stadio. Ho vissuto sulla mia pelle queste cose e so cosa provano i tifosi triestini».

Ma che idea si è fatto sulle motivazioni dell'attuale disastro?

«Il mio può essere solo un giudizio esterno, quando non vivi lo spogliatoio non puoi sapere le cose. Però mi sembra una squadra costruita male, poi certamente per il mio modo di vedere il calcio ci sono troppi stranieri e questo non agevola il lavoro. Non solo per la lingua, ma anche perché il calcio italiano è diverso per metodologia e modo di lavorare, inoltre sono differenti i modi di vivere e l'alimentazione».

Conta anche la particolarità della serie C?

«Certo, in serie C oltre alle qualità fisiche e tecniche servono mentalità, intensità e cattiveria. Questo a dire il vero ormai lo richiede tutto il calcio moderno, poi ogni categoria ha le sue caratteristiche, ma senza intensità e agonismo fai fatica anche in serie D».

Come mai dopo quell'impresa non è stato più su nessuna panchina?

«Ho ricevuto delle proposte, ma dopo essere andato a parlare non le ho ritenute idonee e ho preferito stare sereno. Sono sempre in attesa, ma sembra serva poco lavorare in una certa maniera, inoltre se non hai il procuratore come me è ancora più dura. Però credo ancora che ci sia qualcuno che crede di più in quello che si sa fare piuttosto che nelle public relation»

Join the conversation

You can post now and register later. If you have an account, sign in now to post with your account.

Guest
Reply to this topic...

×   Pasted as rich text.   Paste as plain text instead

  Only 75 emoji are allowed.

×   Your link has been automatically embedded.   Display as a link instead

×   Your previous content has been restored.   Clear editor

×   You cannot paste images directly. Upload or insert images from URL.

Loading...
  • Recently Browsing   0 members

    No registered users viewing this page.

×
×
  • Create New...
×
Il Forum di Elsitodesandro
Home
Activities
Sign In

Sign In



Search
More
×