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I suntini sandrini di domenica 1° agosto 2021


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DOMENICA 1° AGOSTO 2021

- Sognare è un diritto. E l'Italbasket può farlo: lo scriver Roberto Degrassi oggi su "Il Piccolo", con la Nazionale volata ai quarti di finale dell'Olimpiade. Da seconda del girone. Battendo Germania, Nigeria e pure qualche pregiudizio. Vogliamo ricordarli? Al buon Meo Sacchetti, il ct che ragiona da buon papà, frettolosamente qualcuno - ancora prima del torneo preolimpico - stava già per dare il benservito. E ancora: i tanti dubbi legati all'assenza di qualche califfo (Belinelli e Datome, con Hackett chiamatosi fuori da tempo) e alla difficile individuazione di un leader. L'Italbasket ha sgretolato tutti i dubbi e neutralizzato i veleni, prima centrando una qualificazione storica a spese della Serbia e adesso entrando tra le top 8.«Keep Dreaming. Grazie a tutti quelli che si svegliano presto per guardarci, che tifano con tutto il cuore e che stanno continuando a sognare insieme a noi!» è il messaggio affidato ai social da Stefano Tonut, felice come fosse tornato schiacciando a canestro seduto sulle spalle di papà Alberto. Sogna, Stefano. E fa sognare.Quello che non posta sui social comunque lo confida a chi gli è vicino. «Tra le possibili avversarie gli piacerebbe affrontare la Slovenia. Luka Doncic è il nuovo fenomeno, l'idea di sfidarlo non può che stuzzicare qualsiasi giocatore», racconta papà Alberto, incantato dalla Nazionale. E mica solo per il giovanotto in canotta numero 7, quello di famiglia.«Questa Italia sta dimostrando di avere mille risorse. Quando non trova una grande serata nel tiro da tre punti sa rimediare con una difesa accanita. Gli otto punti concessi alla Nigeria nel quarto conclusivo significano qualcosa. Stefano mi ha confessato che comincia, come i compagni, ad accusare un po' di stanchezza. Gli ho risposto che ormai si trovano al luna park e devono cercare di salire sulla giostra più bella».A quale edizione della Nazionale somiglia questa? Tonut senior ha fatto parte di un'Italia esaltante, oro agli Europei 1983. «Difficile trovare somiglianze con la selezione dei miei tempi. Non ne trovo nemmeno con gli azzurri di Tanjevic laureatisi campioni d'Europa nel 1999. Boscia aveva due centri veri come Roberto Chiacig e Denis Marconato, Sacchetti adesso deve adattare i lunghi con il solo Tessitori "5". Azzarderei un confronto con l'Under 20 con cui Stefano ha vinto l'oro a Tallinn nel 2013: mancavano veri centri e la quadratura del cerchio venne trovata adattando i vari Abass e Lombardi». In quel trionfo degli azzurrini oltre a Stefano altri due triestini, Michele Ruzzier e l'assistent coach Furio Steffè.L'ARGENTO DELL'ALPINO C'è un altro confronto al quale però questa Italia deve inevitabilmente prestarsi. L'ultima Olimpiade cui la Nazionale di basket ha partecipato risale a 17 anni fa. Atene. Medaglia d'argento pazzesca, perdendo in finale contro l'Argentina. Sulla panchina Charlie Recalcati, in campo una squadra che - a parte qualche eccezione come Gianmarco Pozzecco, Gianluca Basile e Jack Galanda - difficilmente potrebbe venir ricordata tra le versioni più talentuose della storia azzurra. Ricordiamo gli altri uomini d'argento: Radulovic, Soragna, Marconato, Righetti, Rombaldoni, Bulleri, Mian, Chiacig, Garri. Da notare una robusta rappresentanza regionale: il Poz, l'udinese Galanda, il buon Chiacig dalle Valli del Natisone e Michele Mian, nato ad Aquileia e sbocciato a Gorizia.E proprio all'"alpino" tocca cercare di trovare una similitudine tra la sua Nazionale e quella attuale. «Ritrovo l'atteggiamento giusto, positivo. Questa è un'Italia che è bella da vedere, diverte, ci mette il cuore. La squadra di Sacchetti sta dando un bel messaggio. Si nota la consistenza del gruppo e se conserverà lo spirito mostrato finora potrebbe regalarci ancora qualche bella sorpresa» racconta Mian che confessa di non essere rimasto da un giocatore in particolare. «I singoli sono al servizio del gruppo, come è giusto che sia. Potrei citare Fontecchio ma non posso dimenticare Mannion, e come non sottolineare la continua crescita di Stefano Tonut? Avevo giocato contro un giovanissimo Polonara e ha fatto progressi enormi negli anni».Mian, come si costruisce un gruppo affiatato e vincente? «Individuando le pedine giuste e agendo sempre con convinzione. L'argento che conquistammo alle Olimpiadi di Atene nel 2004 non era figlio del caso, l'anno precedente avevamo chiuso al terzo posto i Campionati europei in Svezia e quel risultato ci aveva dato fiducia. Credevamo nel lavoro che avevamo cominciato e abbiamo affrontato i Giochi in Grecia con la consapevolezza delle nostre capacità».In finale quel gruppo nulla potè contro un'Argentina troppo superiore. Ginobili. Nocioni. Oberto. E due soggetti come Luis Scola e Carlos Delfino che ancora adesso sanno farsi rispettare eccome nella nostra serie A ma che 17 anni fa erano armi illegali.

- «Sono venuto a Trieste per giocare». Miguel Angel Martinez sa che sarà dura, sa che Offredi ha tante qualità e che il posto dovrà conquistarselo, come ogni portiere che arriva in una squadra dove da qualche anno c'è un titolare fisso. Ma la caparbietà, la decisione e la forza di carattere del portiere spagnolo classe 1995, cresciuto nella cantera del Real Madrid, trasuda già dalle sue parole. Martinez, aveva richieste anche dalla serie B, come mai ha scelto la Triestina?«C'erano altre opzioni in categorie maggiori vista la mia stagione scorsa, però il progetto Triestina è molto ambizioso e accattivante, lo ritengo più importante per il mio futuro che andare in serie superiori: e poi questa non è una piazza di serie C e ha dimostrato con i fatti di volermi tanto».Che esperienza è stata crescere nella cantera del Real Madrid? «Sono entrato a 14 anni e ci sono stato per cinque stagioni: è stata un'esperienza incredibile, lì si lavora in modo speciale per creare talenti e i migliori calciatori al mondo, dal futuro molto importante. Mi ha fatto crescere tanto». Come è nato poi il trasferimento in Italia? «Nell'ultimo anno del settore giovanile ho subito un infortunio importante con due interventi al ginocchio che mi hanno tenuto fuori dai campi per un anno e tre mesi. Sono andato in prestito al Getafe, poi in Inghilterra con la Nike Academy ed è arrivata la chiamata del Catania che mi permetteva di rimettermi in gioco». All'inizio però è stata dura... «I primi due anni ho avuto poco spazio, avevo davanti Pisseri nei migliori anni della sua carriera. Allora ho deciso di cambiare aria e tornare in Spagna per giocare nel San Agustin. Mi è servito tanto, quando sono rientrato a Catania ho trovato un allenatore che mi ha dato tante opportunità come Lucarelli, con lavoro e sacrificio sono diventato titolare nelle ultime partite».E poi la scorsa stagione la consacrazione: peccato per il covid vero? «Si, stavo facendo un grande campionato con tanti interventi decisivi, poi il covid mi ha fatto perdere una decina di partite e in seguito ho avuto problemi di stomaco. Poi nel finale di stagione mister Baldini mi ha rimesso in campo. Una stagione sofferta e livello mentale, ma mi ha aiutato tanto a crescere». Di lei a Catania si è detto un gran bene: come mai allora è finita? «Hanno pensato a rinnovare il contratto e anche l'allenatore mi voleva, ma l'intoppo è stato che hanno deciso di avere un budget molto piccolo per i portieri. Io dovevo fare la mia strada e pensare al mio futuro, e la Triestina mi dà questa opportunità».Come si descrive come portiere? «Sono uno molto reattivo, riesco ad aiutare la squadra con uscite alte dietro la difesa, da spagnolo con i piedi me la cavo bene per poter fare bene anche il gioco da dietro. Sicuramente sono uno molto ambizioso, che voglio sempre di più a costo di fare tanti sacrifici». Qui trova un Offredi che è titolare da tre anni: ci sarà competizione? «Offredi è un portiere importantissimo per la serie C, lavora come un grande professionista. Io sono venuto qua per giocarmi le mie carte, perché la mia intenzione è quella di giocare, sono venuto qua per questo. Sarà una lotta pulita, sempre nel massimo rispetto fra di noi».Il suo obiettivo? «L'ho detto, sono assolutamente venuto per giocare e farmi valere: noi daremo all'allenatore tutti gli strumenti per giudicare, poi ovviamente sarà il mister a decidere». 

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