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    • DOMENICA 1° GIUGNO 2025 - «Abbiamo vissuto stagioni leggendarie, quello che siamo riusciti a fare a Trieste negli ultimi due campionati, conquistando la promozione e confermandoci poi nella massima serie con un eccellente sesto posto, è qualcosa che non bisogna dare per scontato». Lodovico Deangeli, capitano della Pallacanestro Trieste intervistato da Lorenzo Gatto per "Il Piccolo" che ha chiuso contro la Germani Brescia il suo cammino da neopromossa in questa stagione di Serie A, sottolinea i meriti di una squadra capace di bruciare le tappe andando oltre le aspettative della vigilia. Una stagione lineare, condotta sempre con entrambi i piedi ben saldi nella zona playoff. Ripensando al vostro cammino, c'è stato qualche segreto particolare? «Nessun segreto, sono stati determinanti il valore di una squadra molto forte e lo spessore delle persone che ci hanno consentito di vivere un campionato davvero splendido. Un mix di uomini capace di creare legami solidi all'interno dello spogliatoio. Come dico sempre, se gli ingredienti sono di qualità, la pietanza non può che essere buona. Da questo punto di vista dobbiamo riconoscere i meriti di chi, parlo del nostro general manager Arcieri, ha saputo scegliere con lungimiranza i protagonisti di questo campionato». Quali sono stati i momenti più belli di questi ultimi nove mesi? «Me ne vengono in mente due, la gara d'esordio contro Milano e l'ultima di stagione regolare a Verona contro Sassari. La vittoria con Milano perché è stata la naturale prosecuzione della gara-4 dei playoff di Serie A2 contro Cantù. A giugno del 2024 avevamo lasciato un palazzetto colmo di gioia ed entusiasmo, lo abbiamo ritrovato a settembre tale e quale. E quell'entusiasmo è stato energia che ci siamo portati dietro nel corso di tutta la stagione. L'ultima con Sassari perché ha coronato i nostri sforzi permettendoci di centrare il sesto posto e con esso la qualificazione a una coppa europea. Non era facile, in campo neutro e con l'obbligo di vincere per non compromettere quanto fatto fino a quel momento. Ma, ancora una volta, sono stati importanti i nostri tifosi a farci sentire come a casa». Ci sono stati, invece, momenti complicati da gestire? «Quando coach Christian ci ha comunicato che avrebbe chiuso la sua esperienza a Trieste per fare ritorno negli Stati Uniti c'è stato un attimo di difficoltà. Con Jamion, a livello umano, tutti noi abbiamo creato un legame fortissimo e la sua partenza, quanto meno a livello inconscio, ha un po' pesato». Cosa vi hanno lasciato due anni di permanenza di coach Christian a Trieste? «A livello cestistico, un'apertura mentale e un modo di vedere la pallacanestro molto diversa da quelli che sono gli standard italiani. Jamion valuta i giocatori analizzando aspetti che magari in Italia non siamo abituati a prendere in considerazione, sa cucire il suo gioco addosso ai suoi uomini trovando per ognuno uno spazio. Dopo due anni con lui, sicuramente, mi sento un giocatore capace di pensare in maniera diversa». Dal punto di vista umano, invece, cosa vi è rimasto? «Lo splendido ricordo di una persona molto empatica, capace di creare con i suoi giocatori e creare un rapporto che va oltre l'aspetto lavorativo». Terminato il campionato, si guarda alla prossima stagione. Quale sarà il futuro di Deangeli? «La mia volontà sarebbe quella di fare ancora parte di questa squadra, da quanto ho potuto capire gli spiragli per rimanere anche nel prossimo campionato potrebbero esserci». - Ex giocatori, o allenatori, un denominatore comune, l'aver amato e continuare ad amare, senza retorica, l'Unione. Come scrive Guido Roberti oggi, Denis Godeas, Maurizio Costantini e Massimo Pavanel sono alcuni di quei volti iconici che di diritto ad esempio entrarono nelle locandine del centenario della società, nel 2018. Percorsi o momenti diversi, talvolta intersecati, e la medesima terribile ansia per un futuro nebuloso. L'accumulo di nubi non è però frutto del caso, ci sono dei perché e delle responsabilità precise, se si arriva al punto di non ritorno. Scelte scellerate sul piano della gestione finanziaria, sportiva, comunicativa, e non per ultima istituzionale. La comunità tanto decantata dal presidente Rosenzweig vituperata dai fatti. Una proprietà, quella statunitense dell'Unione, contestata ieri anche tramite uno striscione apparso all'esterno dello stadio Rocco. L'ARIETE GODEAS Denis Godeas della Triestina è il miglior marcatore nella storia. Uomo di calcio, che ha giocato e segnato in tutte le categorie. E forse proprio quello è mancato all'Unione prima del dicembre 2024, uomini di calcio. «Posso capire sbagliare allenatore e giocatori, può succedere, ma con il budget che c'era, questa stagione è stata inaccettabile. E partendo da –9 la prossima è difficile andare lontani. È tutto sbagliato e parlo proprio di competenze, guarda caso quando è arrivata gente di campo come Tesser e Delli Carri le cose sono cambiate». Chiara l'allusione ha chi ha fatto mercato, in primis Alex Menta, direttore generale originariamente in tandem con Morris Donati. Prosegue Godeas, secondo cui la crisi sportiva è nesso causale con quella finanziaria. «Siamo a giugno e non si sa se la società si iscrive, non si sa chi sarà il direttore sportivo, l'allenatore, e tutto ciò non è normale. Il budget iniziale così alto è una aggravante, folle direi, ed è stato gestito in maniera oscena. Una squadra di D, messa in C, faceva più di 6 punti all'inizio. Un altro conto è far la squadra a vincere, magari ti va male, ma sarai quinto-sesto, non ultimo così». Cosa auspicare, ancor più dopo la revoca del marchio da parte della tifoseria alabardata, è di complessa traduzione. «Non vedo niente di positivo qui, è tutto folle. Se fossi un tifoso mi preoccuperebbe la gestione anche in caso di iscrizione, così non è una gestione normale. L'unica salvezza, direi, è che la iscrivano e che vendano. Un altro anno gestito da queste persone qui non può fare del bene». ROCCIA COSTANTINI Follia è una parola, non sarà un caso, che arriva spontanea anche dai pensieri di Maurizio Costantini, bandiera da giocatore, allenatore a due riprese, ed ottimo conoscitore di calcio e settori giovanili. «I soldi non sono stati spesi, sono stati buttati. E peraltro, se ne mancano parecchi, significa che hanno speso anche più di quello che era nelle loro risorse. Ci sono tante società che con quei soldi ci fanno sicuramente 6-7 anni, con risultati discreti e raggiungendo gli obiettivi. Da un punto di vista amministrativo sono da rivedere, dal punto di vista sportivo davvero una gestione brutta. Io mi occupo di settori giovanili e quello che hanno dilapidato senza avere un giocatore in prima squadra è drammatico per non dire folle». In tutto ciò Trieste ricorderà l'impresa sul campo di Attilio Tesser, del direttore Delli Carri in un mercato condotto con tasche vuote, e dei ragazzi da dicembre. «L'amico Attilio, Delli Carri ed i ragazzi sono stati bravi, era una situazione complicata e hanno dimostrato grandi valori. Ad oggi invece la società non lo ha dimostrato». Nessuno ha sfere di cristallo ma il pessimismo serpeggia, quasi a prescindere dall'iscrizione alla ventura Serie C. «Difficile ipotizzare quel che accadrà – prosegue "Roccia" –. Per certo le notizie non consentono di stare sereni. Se anche dovessero arrivare notizie buone nei prossimi giorni, non è comunque un buon punto di partenza, lo scoramento generale è alto e ricreare entusiasmo non sarà facile, almeno con questa proprietà». IL TECNICO PAVANEL Parte da ancora più lontano Massimo Pavanel, uno che in campo usciva senza polmoni, protagonista anche da allenatore di una bellissima stagione in cui sarebbe forse bastata la tecnologia Var per proiettare la Triestina da lui guidata in B nella finale col Pisa. «Parto dal concetto di visione. Ogni volta che arriva una nuova proprietà sento parlare di nuovo centro sportivo, di progettazione, magari anche con risorse stanziate e tutto apparentemente perfetto, ma io le ruspe che iniziano dei lavori continuo a non vederle. Anche in questo caso con questa società ho sempre sperato di vedere questo primo passaggio, al di là del risultato sportivo immediato perché quello arriva se hai visione, e il Pisa che ci batté insegna». A rischio logicamente anche la prosecuzione del settore giovanile qualora le vicende alabardate finissero in tribunale e non altrove. Ancora una volta senza avere dato la possibilità a ragazzi triestini di giocare qui (Crosara ultimo in ordine di tempo). «Non si discutono le buone intenzioni e nemmeno che siano stati messi tanti soldi, ma Trieste ha bisogno, e ha le possibilità, di fidelizzare. Chiedo quanti giovani di qui giocano in prima squadra? Quanti triestini? Nessuno, e senza valorizzare il territorio, e magari le terre vicine, è difficile fare tutto». Pavanel, persona buona d'animo e strettamente legato alla Triestina, conclude con la condivisione di un sentimento che accomuna la tifoseria in questi giorni di fine primavera. «Provo grande delusione, se non rassegnazione, è un disco che si ripete, l'ho vissuto da dentro e lo sto rivivendo da fuori, provo profonda tristezza »
    • Ma il Pordenone è l’ Alessandria xe stai fermi un anno o ga riva far la squadra per settembre?
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