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Cossa El Ga dito? Inviato dal mio motorola razr 40 utilizzando Tapatalk
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Più che altro è incomprensibile come gli sia atato consentito avvicinare e parlare, per consigliarlo, con uno degli arbitri
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Secondo mi el dovessi confessar per cavarse un peso 🤣
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CITYSPORT.NEWS DI LUNEDÌ 2 GIUGNO 2025 https://www.citysport.news/download/CS-02giugno2025.pdf
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LUNEDÌ 2 GIUGNO 2025 - «Vincere, vincere, vincere», il cavallo di battaglia con cui Paul Matiasic si è presentato a Trieste, non è solamente uno slogan. È la ferma convinzione che il presidente della Pallacanestro Trieste ha saputo inculcare nella mentalità di un gruppo di lavoro che, in questa stagione, allo scudetto ci aveva creduto davvero. Lo avevano detto i giocatori a stagione in corso e, in tempi non sospetti, lo ha ribadito anche Michael Arcieri (intervistato da Lorenzo Gatto per "Il Piccolo") in una chiacchierata di fine stagione che vuole già guardare al futuro. «Siamo dispiaciuti per come è finita – sottolinea il giemme biancorosso –. Tutti noi eravamo convinti di avere le carte in regola per arrivare fino in fondo. Sappiamo di aver disputato una buona stagione, il sesto posto e la qualificazione alle coppe europee, che sia Basketball Champions League o qualcosa di diverso, sono risultati tangibili. Resta però la sensazione di aver lasciato qualcosa di incompiuto perché – continua –, davanti a noi avevamo una semifinale contro Trapani che ci stimolava. È vero che ci hanno battuto due volte in stagione regolare ma è anche vero che noi li avevamo sconfitti in Coppa Italia. È finita così, prendiamone atto e facciamo tesoro di questa esperienza per migliorare». Trasformare le delusioni in motivazioni è il segreto di ogni successo, sarà così anche per la Trieste della prossima stagione. «È la prima volta, da quando sono in Italia, che provo questa sensazione – racconta Arcieri –. Il primo anno a Varese ero arrivato in corsa e si parlò solo di salvezza, l'anno dopo ci fu la penalizzazione per la questione Tepic che ci privò dei playoff che sul campo avevamo raggiunto. Lo scorso anno a Trieste, per la prima volta, sono partito per vincere un campionato e, tra alti e bassi, ci siamo riusciti, per cui questa stagione è l'unica in cui mi sono ritrovato senza aver raggiunto l'obiettivo. Sicuramente servirà da stimolo per fare meglio nella prossima, stiamo ragionando da mesi su come sarà possibile migliorare questo gruppo». Mercato, dunque, partendo dalla scelta dei giocatori che saranno chiamati ad affiancare i confermati Ross, Ruzzier, Brown, Uthoff e Brooks. «Nella scelta dei miei giocatori, una volta appurate le fondamentali qualità umane, sono due gli aspetti che considero. Fuoco dentro e versatilità sono aspetti che considero imprescindibili. Se guardate ai giocatori che sono rimasti, Brown può giocare da guardia e ala piccola, Ross da play e da guardia, Uthoff e Brooks ci coprono tre ruoli. L'unico che gioca da play puro e Ruzzier. Detto questo, se c'è qualcosa che ci ha detto il campionato appena concluso, anche considerando che il prossimo anno saremo in Europa, è che ad alto livello c'è bisogno di maggiore fisicità». Tutta da valutare, invece, la scelta del nuovo allenatore. Il fatto che, Brown a parte, le conferme siano arrivate dopo l'annuncio della partenza di Christian avevano fatto pensare che il coach poteva già essere stato scelto. Nell'ultima settimana si è parlato di un'ipotesi legata all'arrivo di Fois, l'assistente di Gianmarco Pozzecco sulla panchina azzurra, rumour che poi non ha trovato conferma. L'impressione, ma qui davvero si parla solo di sensazioni, è che anche l'allenatore della prossima stagione non sia stato ancora scelto. «So che in Italia gli allenatori decidono i giocatori, a Trieste non funziona così. Se mi chiedi l'identikit direi che il profilo può essere quello di un coach che abbia esperienza europea. Sono tanti, in ogni caso, gli aspetti che entrano in ballo nella scelta. Jamion non aveva esperienza dei campionati europei ma aveva altre qualità che sono state decisive quando ho scelto di portarlo a Trieste». Un'ultima considerazione sulla campagna abbonamenti. «Ci stiamo lavorando, ci vorrà ancora un po' di tempo per definire le strategie e presentarla ai nostri tifosi » - Stride un po' parlare di parentesi pensando alla gestione Biasin-Milanese. Come scrive oggi Guido Roberti, in termini assoluti il buon Mario ha sorretto finanziariamente la società per 6 anni, in termini concreti la densità di emozioni vissute fanno aprire quella parentesi in un ventaglio di ricordi indelebili. La salvezza per evitare l'Eccellenza, la promozione dalla D, il centenario, gli anni dei campionati a porte chiuse. E poi genesi ed epilogo. 12 aprile 2016, da un'aula del Tribunale usciva Mauro Milanese, triestino ed ex giocatore tra le altre dell'Inter, cugino – come la sorella Romina – di Biasin. L'Unione era loro, salvata dal fallimento, salvata poi sul campo, rinata. Primo salvataggio. Per il secondo bisogna andare al tragico epilogo, 16 maggio 2022. Il patron Mario muore. Non ci fu il tempo per saldare la parte finale di stagione, con una trattativa lampo Milanese riuscì ad assicurare la Triestina alla successiva serie C, con il passaggio a Giacomini. Secondo salvataggio, dal momento che quella Triestina oggi esiste ancora. Milanese racconta le sensazioni del momento, visto che il lavoro post 2016 è a rischio. «Quello che sorprende tanto è il contrasto tra le premesse iniziali, di dichiararsi un fondo ricco con l'intento di portare la Triestina in A, di prendere un centro sportivo, lo stadio, e dopo un anno e mezzo trovarsi a non pagare le imposte, a mancare scadenze, a perdere punti». Quale può essere la causa di questo corto circuito? «Vien da chiedersi come sono stati amministrati questi soldi. Forse si è esagerato prima con le promesse, per arrivare al punto attuale, in mezzo c'è un oceano, qualcuno quindi ha amministrato male i soldi». Torniamo al principio allora... «Forse è stato mal proposto il progetto, anche perché la società all'arrivo degli americani non era stata salvata, era stata acquisita da Giacomini ma non c'era un fallimento in corso. Mi ero illuso anche io appena arrivato questo fondo, che potesse finalmente portare la Triestina in A. I fatti sono andati in contrasto con le speranze». Il disastro inizia nel febbraio 2024 con l'esonero di Tesser? «Da quando è stato mandato via da terzo in classifica è stata una caduta libera». Milanese riflette sul valore del girone B l'anno in cui la sua Triestina sfiorò la B. «Gli ultimi anni il girone A è stato di livello scarso. Quando siamo arrivati noi in finale, ricordo ancora l'articolo del Sole 24 Ore sui 7 Paperoni del girone B, dietro di noi era arrivato il Monza di Berlusconi ma c'erano il Vicenza, Feralpi Salò, Ternana, oltre al Pordenone che quell'anno aveva concentrato gli sforzi per salire, e altre. Due anni fa è salito il Lecco. Noi abbiamo avuto la sfortuna di essere in gironi tosti». Due opzioni. La squadra è iscritta alla C ma parte da -9, sarà dura portare giocatori a Trieste? «I punti da fare sarebbero una cinquantina per salvarsi, quanti ne ha fatti un Alcione quest'anno perciò non è improponibile, ma è un aspetto puramente tecnico, dal punto di vista della credibilità è ovvio che la società deve dimostrare che questa crisi è finita. Per chiarezza sarebbe il caso di farlo, se davvero l'iscrizione verrà fatta e ne prendiamo atto, una dichiarazione sul budget, sul fabbisogno, dopo aver risolto il pregresso andrebbe fatta. Questo per non trovarsi punto a capo senza risorse il giorno dopo l'iscrizione». Opzione peggiore, la Triestina non ottempera all'iscrizione. Si rischia un anno senza calcio? «Non credo, come tempistiche secondo me forse ci sarebbe margine per fare campionati come l'Eccellenza, anche in caso di fallimento, magari viene concessa quella ventina di giorni. Penso alla mia esperienza del 2016, però all'epoca ci eravamo fatti trovare pronti con Mario mesi prima, con il rischio di andare in Eccellenza ma almeno i numeri chiari per sanare i debiti ereditati li avevamo. La storia del calcio però è anche piena di situazioni in cui di fronte a fallimenti o difficoltà spuntano filibustieri e personaggi contradditori». Capitolo strutture. Voi quelli che siete andati più vicini a completare l'opera? «Più che vicini era un progetto approvato e con fondi stanziati, un progetto che la morte di Biasin ha fermato, o meglio la società successiva ha deciso di non portare avanti, magari anche in forma ridotta rispetto all'investimento di Mario. Quello è un rimpianto, sarebbero rimasti dei campi per i giovani e la città a prescindere dalle società». Cosa resta ai tifosi, la salvezza sul campo? «Per la bravura di Tesser non avevo dubbi che avrebbe salvato la squadra, anche grazie al mercato fatto. Un grande recupero come quello di Gentilini due anni fa. Belle imprese, dubbi li ho avuti più per le cose fuori dal campo». Conlusioni? «Rimanendo positivi, la salvezza è arrivata, e se arriva l'iscrizione la proprietà dovrà fare chiarezza, anche a fronte del -9, se ha intenzione di vendere o se vogliono proseguire. In questo caso con quali basi, budget, allenatore eccetera. In tempi brevissimi perché nel calcio ogni settimana è buona per perdere tempo. Penso questa chiarezza sia esattamente quella che auspicano i tifosi». Quei tifosi che hanno revocato il marchio, feriti ancora una volta. «Era una delle regole del contratto, di non ricevere penalizzazioni, e certamente ha inciso anche il non aver mantenuto le promesse fatte».
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