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I suntini sandrini di giovedì 8 dicembre 2022


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GIOVEDÌ 8 DICEMBRE 2022

- Batte il cinque la Pallanuoto Trieste e con uno schiaffo a mano aperta al Bogliasco continua a macinare punti pesanti con vista sul vertice della Serie A1. Lo scrive oggi Francesco Bevilacqua su "Il Piccolo": senza Bini, out per infortunio e Petronio costretto ai box dall'influenza con gli onori e gli oneri del capitano che passano sulle spalle di Mezzarobba, ad una Trieste assetata bastano due tempi per inabissare la formazione ligure, troppo poco aggressiva per poter anche solo disturbare la macchina irriducibile di Daniele Bettini che stravince 20-6 anche il turno infrasettimanale valido per l'ottava giornata del torneo. L'assedio della Bianchi è incalzato da una prestazione ispiratissima di Andrea Mladossich e soprattutto dalla fluidità di gioco propria di chi non sta disputando una partita ogni tre giorni. È proprio Mladossich a rompere il ghiaccio, seguito prontamente da Mezzarobba, Inaba e Razzi che a metà del primo quarto scombinano tutti i piani degli ospiti, svegliati dal rigore di Puccio e dal 5-2 di Guidazzi in risposta al bis di Mezzarobba. Il 6-1 della seconda frazione è una doppia mandata sull'incontro: comincia Inaba, quindi Valentino, Mezzarobba, Mladossich, Bego e ancora Mladossich imbavagliano qualsiasi intenzione della squadra di Malagotti, a caccia di punti sul sentiero sbagliato. Puccio timbra il cartellino grazie ad un rigore sulla sirena ma la voragine che apre il secondo tempo è quanto mai scoraggiante per i liguri. Mladossich inaugura anche il cambio campo, Guidaldi beffa il neoentrato Ghiara, avvicendatosi con Oliva, ma Razzi chiude la pratica con una gran esecuzione in rovesciata prima del 14-3 in superiorità numerica che vale il gol numero cento del campionato alabardato. C'è tempo per infierire: Podgornik ed Inaba ne mettono due a testa mentre Razzi e Bego scolpiscono il 20-6 dopo il break, piuttosto timido di Brambilla e Blanchard. Briciole di una torta che Trieste non ha mai dato l'impressione di voler spartire. Trieste-Bogliasco era l'ultimo impegno casalingo prima della gara di ritorno degli ottavi di finale di Euro Cup contro il Noisy Le Sec tra poco meno di una settimana, anticipato dall'uscita siciliana di sabato pomeriggio contro il Telimar Palermo.

- Il suo rientro a tempo pieno sulla fascia destra dopo l'infortunio, è stato uno degli aspetti che hanno funzionato di più per la Triestina contro la Feralpisalò. Ma Davide Ghislandi, intervistato da Antonello Rodio, sa che può fare ancora di più: è un giovane con la testa sulle spalle, con una buona capacità di analisi, ambizioso ma con la giusta umiltà di chi sa di dover ancora imparare. Ghislandi, quest'estate l'Atalanta l'ha mandata a crescere a Trieste con una società ambiziosa: come reagisce un ragazzo di 21 anni a una stagione così diversa dal previsto? «Ripeto le parole del mister, che valgono anche per me e rispecchiano gli insegnamenti dei miei genitori: da situazioni così, si esce solo più forti. È una situazione pesante, a vedere la classifica si prova vergogna, per primi noi che andiamo in campo. Ci si sente di aver toccato il fondo, ma ne usciremo più forti, come calciatori e anche come persone».Come giudica finora la sua stagione?«Sono sicuro che posso e devo dare di più, ma sono soddisfatto dell'ultima partita, con i compagni siamo riusciti anche a costruire e a offendere». Il suo infortunio è arrivato nel momento peggiore per un giocatore, quello del cambio panchina con modifiche nel sistema e nei metodi. «Gli infortuni fanno parte del mio lavoro, ma quel momento in effetti è stato abbastanza difficile, perché si sa che il giudizio iniziale si basa proprio sui primi giorni di lavoro»Il rientro è stato simile a fare dei corsi di recupero? «Sì, perché quando rientri è comunque faticoso, sai che ti devi gestire, capire come sta il tuo corpo e quanto puoi spingere. E inserirsi anche in nuovi meccanismi è stato doppiamente faticoso».Il suo approccio prima con Bonatti e poi con Pavanel?«Più o meno lo stesso, non li conoscevo bene, ma di entrambi sapevo già qualcosa attraverso altri giocatori. Il primo l'avevo sfiorato con la Primavera, mentre Pavanel ha allenato due amici come Brogni e Bergonzi che me ne avevano parlato bene». Con la Feralpi finalmente la squadra ha tenuto botta per 95 minuti: questione di condizione fisica o di tenuta mentale? «Il calcio è sì anche un gioco con un aspetto mentale, ma si tratta di un mix, è fatto soprattutto di episodi che influiscono molto sulle partite e che devi portare dalla tua parte. E sia chiaro che non è una scusa, ma qualche volta avremmo davvero meritato di raccogliere qualcosa di più». Ora però serve continuità, a partire dal Sangiuliano. «In settimana negli allenamenti non c'è stato nessun senso di rilassamento, c'è una diversa apertura che giova a tutti, ma sappiamo che abbiamo solo pareggiato e per domenica siamo carichi, visto che ci giochiamo parecchio». Contate ancora nella salvezza diretta? «Spesso è un concetto che si dice così per dire, ma noi ora veramente pensiamo partita per partita, senza guardarci alle spalle, bensì concentrandoci solo sulla prossima gara. Anche perché ora pesano sempre di più».In cosa sente di dover migliorare?«Fisicamente ho dei limiti naturali che però penso di saper sopperire in altri modi, piuttosto ora con Pavanel stiamo lavorando su una cosa specifica: giocando con due punte e un altro riferimento vicino, io da terzino appena ho la palla devo guardare avanti e cercare anche una soluzione lunga dove c'è più densità di compagni, con una palla che sia giocabile o comunque rigiocabile. E in questo devo migliorare perché altri mister in passato prediligevano un giro palla maggiore. Ma ora quello che ci serve è questo e io ascolto sempre gli allenatori».Cinque minuti in serie A li ha già fatti: l'obiettivo è tornarci e sempre con la maglia dell'Atalanta? «Ho dei sogni che vorrei coronare ai più alti livelli, lavoro per quello e sì, mi piacerebbe arrivare lì, con la squadra della mia città. Ma soprattutto mi piacerebbe sempre fare un passo avanti, ogni anno fare dei progressi, senza l'arroganza di dire che dovrei stare più in alto»

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