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James Naismith, ufficialmente inventore del basket, era un canadese che era arrivato da poco negli states. Gli stranieri hanno contato fin dall'inizio.
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Da Euskal Herria · Inviato
#palazzettonuovo -
Molto giusta la tua osservazione. Ormai l’AI è diventata parte della nostra quotidianità, in modo percepito o meno. Per quanto mi riguarda — e non sono un informatico — nel mio lavoro senza AI non si può più stare sul mercato. Con assoluta certezza direi che siamo di fronte a una rivoluzione paragonabile all’introduzione del trattore al posto dei buoi, alla rivoluzione industriale, a internet: un cambiamento totale della nostra vita. Come già accaduto in passato, alcune professioni scompariranno o verranno ridimensionate, mentre all’intelligenza non artificiale (omo o donna) resteranno gli spazi decisionali più alti, di indirizzo, strategici, creativi. Le attività ripetitive, di ricerca o di mera applicazione saranno delegate alle macchine. In ambito scolastico, ad esempio, tutta la parte didattica e nozionistica potrà essere gestita dall’AI, mentre resterà all’insegnante quella educativa ed emotiva (sperem e semmai esista). Lo stesso per avvocati e giudici nella mera lettura/ricerca e applicazione (del mare magno) delle norme; o per i programmatori nella scrittura del codice: un ribaltamento totale dei ruoli e delle professionalità. Questo processo è inarrestabile, pena l’essere tagliati fuori da una competizione globale disumana. Tornando a noi e al basket già oggi, in ambito industriale, esistono telecamere e sistemi intelligenti che monitorano i movimenti degli operai o dei mezzi in movimento (carrelli, camion, etc.) per ridurre i rischi, migliorare le performance, ottimizzare i layout produttivi degli impianti. Lo fanno meglio di qualsiasi umano. È chiaro che questo può essere interpretato come sfruttamento e controllo (brutto) o come miglioramento della sicurezza (bello). Esattamente come la dinamite di Nobel: dipende da chi la usa e per quale fine. Così nel basket e nello sport in generale non si tratta più solo di fornire dati statistici all’AI, ma di integrare sistemi di raccolta info in tempo reale — video live, indicatori fisici e biometrici, ecc. — per poi farli elaborare e simulare. Il tutto per preparare, allenare, giocare e reagire meglio in campo. La poesia dello sport si perde? Probabile. Le prestazioni aumentano? Sicuro. Il rischio è che lo sport diventi macchina, e non più creatività, fantasia e imprevedibilità umana. (Ma poi in Formula 1 o Coppa America parliamo ancora di sport?) Ma questo è il mondo oggi. Il vero punto è chi possiede le piattaforme di AI: se sono tutte americane o cinesi, e noi europei ci limitiamo a usarle senza crearne di nostre, il rischio è di trovarci un giorno con il rubinetto chiuso. E chi controlla il vapore comanda e detta le regole di ogni tipo. Vale nello sport, nel lavoro e nella vita. Qualcuno sostiene persino che l’elezione di Trump sia stata influenzata anche da questo: dai dazi e richiesta di pagare le tasse dfella commissione europea sulle big tech americane da un lato, e dal controllo del potere di elaborazione dei dati a livello globale dall’altro. Sul basket: gli americani l’hanno inventato, gli americani hanno i muscoli e tecnica migliori; ma paradossalmente, negli ultimi anni, i migliori atleti NBA sono stati europei (basti vedere i vari MVP). Chissà come andrà avanti. Scusa lo sfogo quasi completamente OT.
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Anno scorso i parlava che i gavessi presentado un progetto per el "rimodernamento" del palazzo. Probabilmente i sta pensando ad altro, al momento.
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