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I suntini sandrini di martedì 7 marzo 2023


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MARTEDI 7 MARZO 2023

- Il passo indietro della Triestina di Gentilini al Martelli non è legato al risultato negativo. Come scrive Ciro Esposito oggi su "Il Piccolo", magari qualcuno si era illuso che, dopo la striscia positiva di febbraio, l'Unione potesse ancor ambire al terz'ultimo posto. È normale e giusto che la passione dei tifosi si riaccenda alla prima fiammella. Ma anche se con il Mantova fosse arrivato un pareggio che, per quanto visto in campo poteva starci, il gap accumulato in un torneo disastroso per cinque mesi era ed è un fardello quasi impossibile da recuperare. Ora è chiaro che il penultimo posto con un distacco massimo di otto punti dalla quintultima resta l'unico e ultimo obiettivo. Ma per raggiungerlo, e questa è la dura lezione di Mantova, questa Triestina non può mollare di un millimetro la tensione agonistica e la concentrazione nell'affrontare qualunque gara. Visto il livello tecnico della squadra un calo di tensione diventa fatale anche se solo per un tempo. Lo sbaglio di approccio diventa poi gravissimo negli scontri diretti quando anche l'avversario lotta per la sopravvivenza. Domenica pomeriggio la scelta per necessità di Gentilini di reinserire Ghislandi dopo tante giornate di panchina in un ruolo di ala destra mai frequentato dal ragazzo non ha aiutato. La Triestina ha pagato nella prima parte della gara un atteggiamento che si pensava fosse stato cancellato a partire dal pareggio tignoso ottenuto a Verona. E invece in campo si sono intravisti i vecchi fantasmi fatti di passaggi banali sbagliati anche per l'incapacità di stare corti o azioni solitarie anche in zona gol (Paganini) senza vedere un compagno libero. Di fronte c'era un Mantova frastornato e decimato dall'influenza ma capace di giocare con l'umiltà trasmessa dall'arrivo di Mandorlini. Gentilini a fine gara ha difeso lo spirito dei singoli. Il tecnico cerca di tenere compatto il gruppo dai dubbi esterni ma da oggi deve ricordare loro con i fatti che l'obiettivo salvezza si può raggiungere solo se in campo si aggredisce l'avversario come successo nelle prime cinque gare della sua gestione. Restano 8 match e la Triestina deve vincerne 3-4 (guardando soprattutto il gap dalla quintultima ora Mantova e San Giuliano, con l'Albinoleffe quartultimo battuto ieri dalla Juve) e poi un'altra va vinta nell'eventuale play-out. Per riuscirci non basta la copertura e puntare sul golletto che prima o poi può arrivare. Servirà quel qualcosina in più davanti che non può arrivare da Mbakogu o Adorante, specie se utilizzati in staffetta, ma che invece può essere inventato dai vari Tavernelli, Paganini, Felici e aggiungiamo anche Minesso o anche dall'innesto a centrocampo di un tassello in più come Pezzella o Tessiore.C'è un mese di tempo nel quale si possono "scavare" dei punti vitali (con Pro Patria, Renate, Vicenza, Lecco) ma ad aprile, con gli scontri diretti e l'auspicabile spareggio-salvezza, arriverà la resa dei conti. Meglio attrezzarsi sia sul piano caratteriale che su quello tattico con più coraggio e prendendosi i rischi conseguenti. Le possibilità di raggiungere i playout restano intatte. Bisogna crederci e soprattutto provarci.

- Il modello del campionato sportivo più seguito al mondo per il futuro della Pallacanestro Trieste. Connor Barwin, intervistato da Roberto Degrassi oggi sul quotidiano locale, con dieci anni da giocatore nella Nfl di football americano e attuale direttore dello sviluppo dei giocatori dei Philadelphia Eagles, è uno dei soci della nuova proprietà Usa della Pallacanestro Trieste. Tra i componenti della Csgi (Cotogna Sports Group Italia) è quello più conosciuto in ambito sportivo. Quello a Trieste per Barwin è stato quasi un blitz. Arrivo domenica pomeriggio, ieri la ripartenza. Ma non si è trattato di una sortita turistica. Insieme al presidente Richard de Meo ha incontrato giocatori, staff e dirigenti. E anche se nelle sue parole torna spesso l'espressione "voglio imparare" dà l'impressione di aver già accumulato informazioni, valutazioni e idee per impostare le prossime stagioni del basket biancorosso.Quale è stato il primo contatto con Trieste? "Ero dispiaciuto per non essere arrivato in tempo per gustarmi il match. Sono stato però felice di aver catturato l'energia della soddisfazione per la vittoria. Ero contento di leggere la gioia negli occhi dei tifosi e di sentire le parole di Legovich e Ghiacci nello spogliatoio alla fine. E ho capito una cosa del vostro basket che mi piace". Cosa? "Qui conta ogni singola partita. Ogni occasione va catturata. Come nella Nfl. Nella Nba invece è diverso, non c'è questo pathos attorno a un match". Nella Pallacanestro Trieste ci sono giocatori statunitensi che sono beniamini dei tifosi. Dev'essere stato curioso vedere ad esempio Frank Bartley buon giocatore di football americano al college, a sua volta fan di...Connor Barwin. "Non so se fosse emozionato, del resto io qui mi pongo come una persona che deve solamente imparare. Dai giocatori, dal pubblico, dallo staff. Ho grande fiducia in loro".
Ogni socio della Csgi si è visto attribuire specifiche competenze nell'operazione Pallacanestro Trieste. Quali sono le sue? "Sono quello che ha la responsabilità di interfacciarsi sul piano sportivo. Con lo staff biancorosso ci sono collaborazione e condivisione. Io posso portare i consigli e l'esperienza di chi ha vissuto nel mondo della Nfl ma anche della Nba". Quindi può fare il punto sul mercato....(sorride) "Non prendo io le decisioni. Lascio che parlino Marco e Mario". Che cosa può portare un ex campione di football americano Nfl nella serie A1 di basket di Trieste? "Tre cose. Innanzitutto la mentalità per lo sviluppo e la crescita dei giocatori. La Nfl è molto competitiva, per reggere quella scena va curato ogni dettaglio. Servono costanza e consistenza. Secondo fattore: il modo di vivere l'arena, l'impianto dove si gioca. Negli Stati Uniti una struttura così vive ogni stagione di ogni anno, senza pause, in sintonia con la città. Terzo fattore: il bilanciamento tra quantità e qualità nella valutazione di un atleta. La tecnologia offre la possibilità di disporre di dati particolari sulle prestazioni dei giocatori in partita e in allenamento. Sono elementi estremamente utili e negli Usa ci sono strumenti all'avanguardia. Ma non bastano se non vengono bianciati con il rapporto umano e con il dialogo tra staff e singolo giocatore".
Quali sono i correttivi che pensate di apportare al club biancorosso? "C'è stato un lungo percorso, la due diligence prima di acquisire la proprietà del club è durata 8 mesi. Abbiamo visto che tutto ciò che ci era stato presentato ha trovato riscontro nella realtà. Questa città ama il basket. Uno dei nostri obiettivi è essere sempre meglio connessi con lo staff, i tifosi e Trieste. Abbiamo molto ancora da imparare ma abbiamo anche molto da dare e poter portare mentalità ed esperienza manageriale Usa può dare solo benefici. Vi faccio ora una domanda io. Cosa piace ai tifosi?" Venir coinvolti, sentire la vicinanza con squadra e società. Giocatori che combattono. L'applauso può scattare per una tripla o una schiacciata ma anche vedendo Spencer buttarsi a terra oltre la linea per catturare un pallone. "Ok, ci siamo. È quello che piace anche a me. Prima di tornarci da direttore dello sviluppo degli atleti ero stato anche un giocatore dei Philadelphia Eagles. Nell'ambiente della Nfl diversi giocatori non volevano andarci perchè dicevano che il pubblico era troppo critico e competitivo. Io invece ho sempre pensato che proprio per questi motivi fosse il posto giusto per me. Quello che devi fare è una cosa sola: combattere. Giocare duro in partita, impegnarti. Se tu giochi forte il pubblico ti ama perchè si immedesima in te. Se Trieste ama questo sono felice. È il posto giusto"

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