SandroWeb Posted June 2, 2024 Report Posted June 2, 2024 DOMENICA 2 GIUGNO 2024 - È finita come si temeva, con una sconfitta che sancisce una retrocessione annunciata. Stagione da dimenticare fotografata da un dato: in 15 trasferte giocate lontano da Chiarbola (tredici di stagione regolare e due di play-out), la formazione di Fredi Radojkovic non è mai riuscita a conquistare un risultato positivo. Lo scrive oggi Lorenzo Gatto su "Il Piccolo": è il punto più basso nella cinquantennale storia della Pallamano Trieste, una società che, dopo aver dominato a lungo nel campionato italiano con i suoi 17 scudetti vinti e le sue 6 coppe Italia in bacheca, dal 2005 (data dell'ultima finale scudetto disputata) a oggi ha subito un lento e inevitabile declino. Rientrata nella massima serie grazie alla rinuncia di Fondi e alla wild card concessale dalla federazione, Trieste aveva provato a ripartire con un progetto pluriennale grazie all'ingresso di imprenditori che hanno cercato di dare solidità economica alla società. Un progetto che si è scontrato con la dura realtà di una città che fatica a supportare le sue realtà sportive di vertice in una stagione cominciata con tante aspettative e finita nel peggiore dei modi. La squadra non è mai riuscita a trovare continuità di gioco e di risultati, scivolando con il passare dei mesi nelle zone basse della classifica e non trovando dentro se stessa le risorse per uscire dalle sabbie mobili della lotta salvezza. Un corsa ad handicap complicatasi nella fase decisiva con la rinuncia a Kosec e Pranjic e l'infortunio che ha privato il tecnico Radojkovic di un giocatore fondamentale per gli equilibri del gruppo come Massimiliano Di Nardo. Trieste è scivolata fino al terz'ultimo posto al termine della stagione regolare, nei play-out non è riuscita a invertire il trend negativo proseguendo la sua discesa verso la retrocessione. Cosa attende la Pallamano Trieste nel prossimo futuro, oggi più che mai, è un grande punto interrogativo. Da parte del presidente Michele Semacchi e del vice presidente Federico Lanza, le anime che hanno permesso a questa società di sopravvivere in mezzo a un mare di difficoltà, ci saranno attente e serene valutazioni. Vale la pena continuare a portare avanti una tradizione della quale Trieste, dopo la scomparsa del professor Lo Duca, sembra essersi dimenticata? Dalla risposta a questa domanda dipenderà il futuro di quello che rimane lo sport che ha portato più lustro e titoli alla città. - «A Cantù ho trascorso tre anni bellissimi, ho conosciuto persone magnifiche con cui conservo tuttora rapporti di amicizia, ho potuto riconquistare la maglia azzurra a distanza di anni dall'oro europeo di Nantes. Ma...» Ma cosa, Alberto Tonut? «Ma il mio cuore tifa Trieste, è la mia città. Lo confesso, sono completamente di parte». Come scrive Roberto Degrassi, martedì sera, al PalaDesio, ad assistere alla prima sfida della serie di finale promozione tra l'Acqua San Bernardo Cantù e la Pallacanestro Trieste, ci sarà anche lui. Sono passati trent'anni dall'esperienza da giocatore in Brianza (campionati dal 1991 al 1994) ma Alberto Tonut ha mantenuto i contatti con quella piazza. «Non manco mai alle rimpatriate, ho partecipato a una di recente, nella Cantù attuale ci sono ancora personaggi con cui avevo condiviso quegli anni come il fisioterapista Lanzi. Una finale tra Trieste e Cantù è un confronto di alto livello, avessi potuto scegliere mi sarebbe piaciuto che fossero state promosse entrambe». Che finale sarà? «Positiva per Trieste, spero. I ragazzi sono retrocessi l'anno scorso anche a causa di tanta sfortuna e sarebbe una bella impresa centrare subito la risalita, soprattutto pensando al livello della A2 del prossimo anno. Si prospetta una stagione davvero competitiva con le grandi deluse che ci riproveranno e due retrocesse dalla serie superiore del calibro di Pesaro e Brindisi. Cantù già da qualche anno sta tentando l'assalto alla serie A. Sia Trieste che i brianzoli presentano roster con elementi da categoria superiore. I biancorossi - continua Tonut - possono farcela ma sarà importante riuscire a vincere una delle due partite iniziali a Desio. Si parla tanto di fattore campo ma secondo me la formula attuale regala un premio dal valore relativo. La pressione in gara1 infatti sarà soprattutto su chi ospita, Trieste è in condizione psicofisica ottima e può riuscire ad approfittarne». Cantù nella storia personale di Alberto Tonut è però importante per un motivo che non c'entra con il parquet. «Ci è nato mio figlio Stefano. E la storia vale la pena di essere raccontata. La sua nascita era attesa nella seconda metà di novembre, di conseguenza io parto serenamente con la mia squadra, Cantù appunto, per andare ad affrontare Venezia al Taliercio. Appena arrivo in albergo ricevo una telefonata che mi informa: "Guarda che tua moglie ha iniziato il travaglio, tuo figlio nascerà tra qualche ora". Due settimane in anticipo rispetto a quelle che erano le attese. Vado in campo. Nella notte del 7 novembre 1993 mentre Stefano viene al mondo all'ospedale di Cantù, io gioco e vinco al Taliercio. Appena finita la partita mi faccio riaccompagnare a Cantù da Pierluigi Marzorati e vado finalmente a conoscere mio figlio. Curiosa coincidenza: diventato grande, Stefano al Taliercio avrebbe giocato per sette anni di fila vincendo due scudetti. Quell'impianto era evidentemente nel suo destino». E con Stefano, Alberto sarà in tribuna martedì sera. Entrambi a tifare Pallacanestro Trieste. Più neutrale per esigenze del ruolo sarebbe invece l'ospite che vorrebbero portare con loro ad assistere alla partita. «Da Monza al PalaDesio è un attimo. Quasi quasi carichiamo anche il Poz....» Quote
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