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Un articolo profetico di Morelli sul destino di Ts


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Non so se ieri via sia capitato di leggere l'articolo (quasi un epitaffio) di Roberto Morelli sul futuro di Trieste.

Riassume qualcosa che mi ronzava in testa da tempo...

i circoli che contano , economici e politici , hanno deciso , senza confessarlo pubblicamente , di trasformare Trieste in un dormitorio di lusso , de-industrializzandola di proposito...

Una città camera e salotto

Che sarà di Trieste fra 20 anni?

la domandina, banale e un pò odorosa di complottismo da fine dicembre, scaturisce in realtà dall'osservazione dei tasselli sparsi dall'attualità di questi giorni e settimane, e dal mosaico che sembrano fatalmente destinati a comporre.

Proviamo ad elencarli, senza pretendere di esaurirli.

Il recupero del porto vecchio, la negazione (finora) dei finanziamenti per quello nuovo, la sostanziale esclusione del nostro scalo dal progetto Unicredit.

La mancanza di collegamenti sia a Ovest che a Est. Una discreta ma costante crescita del turismo, alimentato (in futuro, speriamo) dal rilancio delle crociere. Una qualità della vita sempre alta, una propensione culturale spiccata. L'indisponibilità di aree produttive, paralizzate dal nodo delle bonifiche.

Proviamo a gettare questi tasselli nell'ipotetica sfera di cristallo di una Trieste del 2030. Che città ne esce? Un ordinato, sonnacchioso, gradevole e anestetizzante quartiere residenziale di un'ampia area produttiva che va da Monfalcone a Capodistria. Il centro città di una metropoli portuale che attraversa il confine ed è una successione di moli e centri commerciali, ed è inconsapevole di essere metropoli, esattamente come il Veneto, ma come tutte le metropoli esercita una funzione baricentrica: nel nostro caso non per attrazione, bensì per reciproca esclusione, per l'essere noi né carne né pesce, portuali ma non troppo, internazionali ma non abbastanza, innovativi ma non del tutto, amanti dello sport e del salutismo quanto possa garantirne la pratica dello spostamento della brandina, in cui siamo eccelsi. La Trieste del domani sarà la sublimazione dell'attuale: senza spazio né tempo, un dolce cuscinetto tra aree industriali che pulsano e staccano fatture, e da dove la sera sarà rassicurante rientrare per passeggiare sul lungomare del porto vecchio risanato.

Il sindaco Dipiazza ha suscitato molte critiche per avere fatto spallucce al fatto che il progetto Unicredit-Maersk prevede (se ci si riuscirà) un colossale potenziamento del porto di Monfalcone, e pressoché nulla in quello di Trieste. In realtà, nell'osservare che Monfalcone è a trenta chilometri dal capoluogo, egli ha semplicemente prefigurato la "super-città" (e non già il superporto, che non c'è) che va prendendo forma. Qui si abita, lì si lavora. E lo stesso accadrà con Capodistria. Avremo anni di conferma di una tendenza che già s'intravede: manager, quadri e imprenditori che vengono a lavorare in Slovenia, e ad abitare a Trieste.

E' un bene, è un male? Difficile considerarlo un bene, impossibile ignorare la delusione per lo scemare dei sogni (mai realmente alimentati) di grandezza mitteleuropea, semplicemente da sciocchi ignorare come tutto ciò sia in parte ineluttabile. Quel che accadrà è il frutto del vivacchiare dell'oggi. Nel rapportarsi a Roma e al governo in questi anni, la classe dirigente della città avrebbe dovuto lavorare, senza destra né sinistra, per ottenere tre cose: collegamenti ferroviari decenti a Ovest e a Est (compresa una vera connessione con il porto di Capodistria che non si farà mai, perché la Slovenia non la vuole); la soluzione del nodo delle bonifiche; il raddoppio del molo contenitori e il banchinamento per la logistica. Non abbiamo ottenuto alcunché di tutto questo, e ne paghiamo le conseguenze.

Non tutti i mali vengono per nuocere, né ha senso dolersi di quel che non si può cambiare. Una città gradevole, elegante e affascinante come Trieste sa e può essere non è necessariamente destinata al tramonto, se i propri figli hanno sbocchi professionali qualificati poco lontano. E però non basta: tra l'essere un quartiere residenziale per pensionati e un capoluogo d'area internazionale c'è un abisso. La differenza la faranno la nostra capacità di elaborazione strategica, la qualità direttiva, la fantasia politica. E' un compito ambizioso, ed è la stessa differenza che passa tra guidare o subire un processo. Per essere concreti e non alimentare chiacchiere a vanvera, cominciamo da due obiettivi precisi: l'autorità portuale unica fra Trieste e Monfalcone, e i quattrini per la piattaforma logistica da ottenere dal ministro Matteoli. I tasselli, li abbiamo tutti sul tavolo. Dovremmo solo disporli nell'ordine giusto.

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