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I suntini sandrini di mercoledì 10 febbraio 2021


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MERCOLEDÌ 10 FEBBRAIO 2021

- Il ritorno a Trieste di Hrvoje Peric un segnale importante in vista delle Final Eight di coppa Italia. Lo scrive oggi Lorenzo Gatto su "Il Piccolo": azione e reazione, l'infortunio di Grazulis e l'indisponibilità del lungo lettone, valutata tra le quattro e le sei settimane, ha visto l'Allianz muoversi tempestivamente sul mercato.Scelta opportuna, un messaggio forte lanciato a una squadra chiamata ad affrontare la kermesse meneghina con giustificate ambizioni. Scelta convinta, quella del lungo croato, che a Trieste nelle ultime due stagioni si era trovato bene e che ha accolto con entusiasmo la possibilità di tornare a lavorare in un ambiente nel quale si è sentito a suo agio.«La decisione migliore che potevamo prendere nel momento in cui abbiamo valutato la necessità di fermare Grazulis - ha raccontato Mario Ghiacci - Speravamo di poter gestire la problematica di Andrejs con una terapia conservativa per farlo arrivare alla fine della stagione purtroppo, al termine dell'allenamento di venerdì scorso, abbiamo dovuto arrenderci alla necessità di un intervento chirurgico. Preso atto della situazione, il primo nome che assieme allo staff tecnico abbiamo considerato è stato quello di Peric. Ci tengo a ringraziare Marco Bono e Luca Farina che non hanno mai fatto mancare il loro appoggio in queste decisioni e ancora una volta si sono dimostrati attenti, reattivi e sensibili alle necessità della squadra. Con Hrvoje l'intesa è stata immediata, ci ha dimostrato tutta la sua voglia di tornare con noi e l'accordo è stato modulato su un contratto con la formula di 1 mese + 1».Arrivato nel pomeriggio di ieri, Peric ha salutato con entusiasmo i vecchi compagni, si è presentato ai nuovi prima di mettersi a disposizione dello staff tecnico. Una presa di contatto con la squadra prima della partenza per Milano e la preparazione alla sfida dei quarti di finale contro l'HappyCasa Brindisi. «L'arrivo di Peric porta qualità ed esperienza - ha sottolineato coach Dalmasson- è un giocatore più interno rispetto a Grazulis, un atleta di cui conosciamo e apprezziamo i movimenti, il lavoro sul piede perno vicino a canestro. Cercheremo di sfruttare queste caratteristiche. Adesso la priorità è metterlo in campo, lui mi ha assicurato di stare bene, poi durante la pausa delle nazionali cercheremo di inserirlo in squadra e sfruttare i 10 giorni che ci separano dal campionato per aumentarne il minutaggio. E' un giocatore di talento ed esperienza, che conosce il sistema di lavoro e molti dei suoi compagni. Lo stop di 4/6 settimane di Andrej gli permetterà di mettersi da subito in gioco, per arrivare alla ripresa del campionato con un'arma in più»

- Quando domenica scorsa Mauro Milanese gli ha consegnato la maglietta ricordo a tre cifre quasi nessuno se n'è accorto. Eppure quella casacca rossoalabardata segnerà per sempre la carriera di un giocatore che entra a far parte della storia del club. La partita numero 100 non la dimenticherà Alessandro Lambrughi perché l'atmosfera al tempo del Covid è tristemente unica e si spera irripetibile. Niente pubblico, niente applausi in quello stadio che il capitano, assieme ai compagni, è riuscito quasi a riempire solo un anno e mezzo fa. «Certo che immaginavo questo giorno in un'altra cornice. Ma il primo pensiero in questo momento è che si esca da questa situazione. Il calcio passa in secondo piano. Comunque ho raggiunto un traguardo che per me è motivo di grande orgoglio». I primi passi nelle giovanili del Milan (quello super di Ancelotti) di cui è rimasto tifoso come molti triestini ("finalmente quest'anno siamo tornati a sognare lo scudetto" confessa). Poi quindici anni di calcio dalla A alla C, un solo brevissimo intermezzo a Miami, e due sole maglie: oltre 200 presenze a Livorno e poi la storia triestina. Una storia d'altri tempi.In un universo calcistico che tende a bruciare le tappe, allenatori e giocatori Lambrughi è un'eccezione. Scelta o casualità?«Entrambe, ho sempre privilegiato la continuità con un club. Ho cercato di scegliere la solidità, il progetto e il rapporto con la città. Sono stato anche fortunato e spero di continuare ad esserlo. Da qualche anno è più difficile, ci sono tanti professionisti sul mercato e anche ai club piace cambiare».Che rapporto ha con Trieste?«Questa è una delle più belle città sul mare che ho visto. La vita quotidiana è a misura d'uomo, lo stadio è splendido e le persone si identificano con la squadra. Questo è un aspetto che ho respirato anche a Livorno anche se le due tifoserie sono antagoniste».Il ricordo più bello e quello peggiore in questi tre anni?«Sono entrambi legati alla stagione dei playoff. La soddisfazione di arrivare in finale e poi la delusione di perderla all'ultimo davanti a ventimila tifosi. E stata una situazione difficile da metabolizzare».Cosa comporta per il calciatore fare i conti con l'epidemia?«L'assenza di pubblico, oltre a rendere il tutto surreale, ha appiattito l'impatto casa-trasferta. Con cinque-seimila persone sugli spalti la spinta si fa sentire».Questo comporta un possibile calo di concentrazione in campo?«Io in campo non l'ho avvertito. Diciamo che si sentono meglio compagni, allenatore e arbitro. Ma non vediamo l'ora di poter tornare in contatto con i tifosi che sono una componente fondamentale del nostro lavoro e soprattutto delle nostre emozioni».Ma l'epidemia ha lasciato degli strascichi sulle squadre e sui singoli.«Prima il lock-down e poi i contagi sono state situazioni nuove da affrontare. Senza voler trovare alibi la realtà dice che dove ci sono stati focolai, come da noi, il rendimento è stato rallentato. Anche perché un atleta colpito che deve stare fermo in quarantena non si riprende prima di un mese e mezzo. E quando il numero di contagiati è alto la ripresa di una squadra è davvero in salita».La retroguardia della Triestina è fatta da over 30. Cosa dici a difesa della categoria?«L'età non si cancella ma conta fino a un certo punto specie se, come è successo a me, non hai dovuto fare i conti con infortuni gravi. Gli stimoli e gli obiettivi che uno si pone sono in grado di colmare il gap con quelli più giovani».Cosa non ha funzionato in questa stagione?«Fino alla sosta di Natale eravamo in linea nonostante le difficoltà. Poi abbiamo giocato male per un paio di gare e ora ci stiamo riprendendo».E adesso si può recuperare il terreno perso in questi cinque mesi?«L'obiettivo che ci stiamo dando è quello di vincere la prossima partita. E poi quella successiva in modo tale da arrivare tra due mesi a giocarci le nostre chance nel finale».Ma è vero che in alcune partite vi è mancata cattiveria?«Si e no. Mi spiego: tutti scendono in campo determinati poi non sempre si riesce a fare quello che ci si aspetta. E così arrivano le prestazioni sotto tono. Se il gruppo trova continuità poi quella porta energia positiva. Penso che stiamo imboccando quella strada».Cosa farà Lambrughi da grande?«Penso di poter giocare ancora per qualche anno. Ho già un primo patentino da allenatore e cercherò di intraprendere quella strada. Ma non è ancora il momento».

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