Starlite Inviato 8 Dicembre 2009 Segnala Inviato 8 Dicembre 2009 Visto che ieri Il Piccolo ghe ga dedicado un'intervista a tutta pagina, riporto qua l'articolo su questo che ormai xe un personaggio della nostra città. Se riva lettere minatorie con proiettili a qualchedun de solito xe lui. Balzado agli onori della cronaca, come si suol dire, con l'aggression a Giulio Andreotti in piazza Unità mentre iera accompagnado dall'allora sindaco Franco Richetti. Sedicente leader del POT - la Prima Organizzazione Triestina - amico de Luigi Del Savio, altro unico conosudo membro del POT e assassino dell'allora assesor comunale Cecchini, ucciso per la strada a cortelade a San Giovanni. Insomma... una personaggio... Ecco l'intervista sul quotidiano de ieri: UNA VITA DENTRO E FUORI DI PRIGIONE Deganutti: «Condannato a scontare un ergastolo a rate. Pago ancora per quell’aggressione a Andreotti» «Quando a Trieste arriva Berlusconi, non posso uscire di casa Scambiavano per antrace il detersivo Vim messo nelle buste» IL PREGIUDICATO IL PERSONAGGIO «Nel 2010 dovrò tornare in carcere per un cumulo di condanne. Circa 10 anni, peggio di un assassino» «Ho 400 tatuaggi sparsi per tutto il corpo. A 19 anni sono finito per la prima volta in galera» Da giovane gravitavo attorno ad Avanguardia nazionale ma non avevo alcuna tessera. Adesso simpatizzo per Borghezio A modo mio, molto mio, credo di aver fatto politica fondando la Prima organizzazione triestina Gerardo Deganutti compirà 53 anni il prossimo 23 dicembre; nella sua vita ha conosciuto numerose carceri d’Italia, da Trieste a Regina Coeli, da Ferrara a Gaeta. n «Conosco bene il rione di Ponziana e ritengo che le telecamere vadano infittite per garantire a tutti più sicurezza. Altri nodi da risolvere: riordino delle Ater e diritto alla casa». n «Ricordo con piacere due importanti inchieste da cui sono stato prosciolto: la prima fu quella sull’omicidio del’assessore Eraldo Cecchini. Sono stato assolto anche dall’accusa di avere incendiato un armadio dei telefoni del Tribunale». di CLAUDIO ERNÈ Sul suo corpo sono incisi più di 400 tatuaggi. Coprono la pelle delle mani, delle braccia, della schiena, del petto e che non risparmiano nemmeno la fronte su cui si legge, in una sorta di corona formata da caratteri tutti maiuscoli: «Gott Mit Uns - Arbeit Mach Frei - Per non dimenticare». «Li ho fatti fare tutti in carcere. Gli ultimi in quello di Padova nel 2000» afferma Gerardo Deganutti, 53 anni di età il prossimo 23 dicembre, 18 dei quali trascorsi in varie galere italiane: dal Coroneo, a Regina Coeli, da Solicciano, a Reggio Emilia, Bari, Udine, Tolmezzo, Ferrara, Gaeta. «Tre ulteriori mesi li ho passati agli arresti domiciliari nel mio appartamenti di via Battera; inoltre non so da quanto tempo sono un sorvegliato speciale che non può lasciare il territorio del Comune di Trieste e deve stare a casa dalle 21 alle 7 del mattino. Non posso votare da più di 30 anni e sto attendendo l’esito di una dozzina di altri processi, alcuni dei quali stanno per andare in giudicato. Ho paura che nel 2010 dovrò iniziare a scontare un cumulo di condanne per altri dieci anni. Altri processi a mio carico stanno per avviarsi e non riesco nemmeno a immaginare se e quando finirò di scontare tutte le condanne che mi stanno piovendo addosso. Non ho rubato, non ho ferito o ucciso, non ho stuprato o assaltato banche. A modo mio, molto mio, ho fatto politica, ho fondato la Prima organizzazione triestina, mi sono autocandidato sindaco di Trieste, ho spedito lettere ritenute minacciose a numerosi uomini politici, amministratori, giudici. Mi sono azzuffato per strada e sono rientrato tardi a casa, non rispettando gli ordini che mi erano stati impartiti dalle autorità. Ma non credo di meritarmi una condanna paragonabile per severità e durata a quelle inflitte agli assassini che hanno ucciso volontariamente una persona. Non credo di meritare un ergastolo che mi viene inflitto a rate». Parla con proprietà di linguaggio Gerardo Deganutti, già allievo del Ginnasio - Liceo ”Dante Alighieri” e compagno di classe di alcuni ragazzi e ragazze che oggi sono degli affermati professionisti. Qualcuno è diventato anche avvocato ma non lo ha mai difeso in giudizio. «Sono finito in carcere per la prima volta a 19 anni anni quando frequentavo con altri amici il viale XX Settembre. Conoscevo molti militanti di Avanguardia nazionale, ma non ho mai avuto in tasca una tessera anche se ho gravitato sull’area di estrema destra. Così almeno mi hanno etichettato. Certo qualche simpatia l’ho ancora. Lo dice il tatuaggio che ho voluto mi fosse inciso sulla fronte. Tutti lo possono leggere e tutti sanno che una di quelle frasi sovrastava l’ingresso di uno dei principali lager nazisti e un’altra era stampata sulla fibbia della cintura dei soldati del Reich. Non voglio offendere nessuno, ma ho ancora qualche simpatia per quelli lì...» Chi sono quelli lì? «Forse è meglio parlare d’altro. Comunque le mie idee convergono con alcune di quelle del Reich nazista così così come con quanto oggi va dicendo l’eurodeputato della Lega Mario Borghezio. Ho scritto di recente anche al Comune di Trieste che chiedeva consigli ai cittadini sulle microaree. Conosco bene Ponziana e ritengo che le telecamere vadano infittite per garantire a tutti più sicurezza ma devono essere risolti anche altri problemi: il riordino dell’Ater e il diritto alla casa». Ritorniamo alla sua storia? Quando è stato arrestato la prima volta? «Ho picchiato credo nel 1976 in viale XX Settembre un giornalista della Rai che mi aveva importunato col clacson della sua vettura. Si era fermato a pochi metri dal bar Ariete. Prima erano volate parole grosse, epiteti pesanti. Poi gli ho affibbiato un paio di pugni. Ero incensurato, ma sono finito in cella al Coroneo. Ricordo che fui difeso dall’avvocato Francesco Filograna». E il secondo processo? «Il secondo risale al 1978. Ero a Taranto nel Deposito della Marina militare. Ero in abiti borghesi e non mi ritenevo ancora un marinaio. Un tenente di vascello mi disse qualcosa che all’epoca ritenni inaccettabile per un borghese. Mi ribellai e finii in carcere per insubordinazione, danneggiamento e minacce. Quindici mesi, iniziati a scontare prima a Bari Palese e poi nel carcere militare di Gaeta, dove all’epoca erano detenuti Herbert Kappler e Walter Reder. Erano in borghese e ricordo ancora come riuscivano a farsi valere, a comandare e condizionare chi avrebbe dovuto impartire loro gli ordini. Me li sono trovati davanti in infermeria, perché non vivevano con noi semplici detenuti. Avevano un alloggio separato e se ben ricordo anche un attendente. Ricevevano tantissime lettere e soldi a iosa. In quel carcere mi feci tatuare per la prima volta: una donna con una rosa, un paio di manette e una pistola e la scritta” tutto passa”. Il disegno l’aveva battuto a mano nelle mia pelle un altro detenuto che usava un singolo ago e come inchiostro il Ducotone, una vernice lavabile per pareti». Quanti difensori ha avuto? Credo di averne perso il conto. A Trieste oltre all’avvocato Filograna mi hanno difeso d’ufficio e in gratuito patrocinio, Euro Buzzi, Dario Lunder e oggi Giovanni Di Lullo. Ma sono stato e sarò a breve scadenza sotto processo in altri Tribunali. Quando ero detenuto a Padova, Mantova, Reggio Emilia, Sollicciano, ho spedito parecchie lettere, in alcune delle quali avevo inserito della polvere di un t detersivo usato per pulire lavandini, bagni e pentole. Credo si chiami ”Vim”. Poteva essere uno scherzo, una provocazione, invece prima hanno ritenuto che fosse antrace, poi polvere graffiata dai muri delle celle. Per questo sono stato e sarò ancora processato per minacce e procurato allarme. Fra un paio di giorni, esattamente il 9 dicembre sarò in Tribunale a Bologna. Perchè a Bologna? Perchè, secondo l’accusa, ho minacciato con una serie di lettere recapitate nel maggio 2007 alcune donne magistrato che operano a Trieste: Lucia Baldovin, Maddalena Chergia, Manila Salvà, Cristina Bacer e Laura Barresi. Se mi condanneranno rischio di perdere definitivamente i benefici dell’indulto del 2006 e di dover scontare i tre anni che mi erano stati condonati. E’ verso, sono preoccupato perché nello scorso novembre sono finito per sette volte davanti ai giudici e le pene si stanno accumulando. Ricordo con piacere due importanti inchieste da cui sono stato prosciolto». Quali erano? La prima quella sull’omicidio dell'assessore comunale Eraldo Cecchini ucciso a coltellate da Luigi Del Savio nel rione di San Giovanni il 24 aprile 1991. Del Savio era un amico, dicevano che faceva parte del Pot e sono finito sul registro degli indagati. Sospettavano che fossi il mandante. Sono stato assolto anche dall’accusa di aver incendiato un armadio dei telefoni del Tribunale. Purtroppo da quando nel novembre del 1984, 25 anni fa, per dimostrare il mio dissenso dal potere politico aggredii Giulio Andreotti davanti al Municipio, tutto ciò che accade a Trieste mi viene attribuito Con Andreotti le andò bene? Si. Non mi rendevo conto di rischiare al vita. Avevo un pistola giocattolo in mano. Poteva sembrare vera, ma con una mossa di karatè, l’ispettore Passanisi mi disarmò. Andreotti era un simbolo. Quando di recente è arrivato Berlusconi, gli uomini della Digos erano sotto casa mia. Volevo andare in piazza dell’Unità ma sono stato dissuaso. Non ho potuto vedere da vicino il premier. Deganutti chi ha conosciuto il carcere? Ho conosciuto povera gente e camorristi, militanti dei Nar e dell’Autononuia operaia rinchiusi a Trieste nei Primi anni Ottanta. Il nipote di Cutolo e Franco Freda che non dava confidenza ad alcuno. Ho visto scioperi del vitto e proteste e nei manicomi giudiziali persone legate ai letti con le cinghie di cuoio, Ho visto infami spioni, protetti in sezioni speciali, sono stato rinchiuso in celle di punizione e non ho mai usufruioto della buona condotta. Posso dire però che negli Anni 70 si gambizzavano gli avversari politici, oggi invcece vengono fatti fuori a colpi di gossip. Io questa fine non voglio farla». Cita
Renè Inviato 11 Dicembre 2009 Segnala Inviato 11 Dicembre 2009 El mato no xè mona, ga anca studià e ga una cultura e un frasario più che bon.. pecà che se ga butà a sta vita scalcagnada e fora de testa. mah!!! Cita
cassoggi.npc Inviato 11 Dicembre 2009 Segnala Inviato 11 Dicembre 2009 El mato no xè mona, ga anca studià e ga una cultura e un frasario più che bon.. pecà che se ga butà a sta vita scalcagnada e fora de testa. mah!!! , nò el xe mona cmq anca lu el gà la sua crose, magari tatuada da qualche parte Cita
666 Inviato 11 Dicembre 2009 Segnala Inviato 11 Dicembre 2009 assassino dell'allora assesor comunale Cecchini, ucciso per la strada a cortelade a San Giovanni. te son sicuro che se lui che ga copado Cecchini? mi me par che iera stado un'altro sciopado Cita
Starlite Inviato 11 Dicembre 2009 Autore Segnala Inviato 11 Dicembre 2009 assassino dell'allora assesor comunale Cecchini, ucciso per la strada a cortelade a San Giovanni. te son sicuro che se lui che ga copado Cecchini? mi me par che iera stado un'altro sciopado La frase completa che go scrito xe: Sedicente leader del POT - la Prima Organizzazione Triestina - amico de Luigi Del Savio, altro unico conosudo membro del POT e assassino dell'allora assesor comunale Cecchini, ucciso per la strada a cortelade a San Giovanni. Me riferiso a Luigi Del Savio, nominado poi nell'articolo, che iera dito, se no me ricordo mal, Gigi Cugno e che xe morto, sempre se no me ricordo mal. Cita
Starlite Inviato 12 Dicembre 2009 Autore Segnala Inviato 12 Dicembre 2009 Dal locale quotidiano odierno: IL FONDATORE DEI POT Evasione dai domiciliari Processo per Deganutti Evasione dagli arresti domiciliari. Ieri Gerardo Deganutti, 53 anni, sedicente fondatore del Pot, la Prima organizzazione triestina, è stato convocato davanti al giudice Massimo Tomassini per rispondere di questa ipotesi di reato. L’evasione dalla sua abitazione di via Battera 14 risale al 4 settembre 2007. All’epoca Deganutti aveva ottenuto l’autorizzazione dal Tribunale a uscire di casa dalle 10 alle 12 per potersi curare. Lungo il tragitto stabilito, aveva incontrato un amico, si era messo a chiacchierare ed era rientrato in ritardo nell’abitazione. Gli agenti lo attendevano in strada e non avevano mancato di fare rapporto. Da qui il fascicolo aperto dal pm Lucia Baldovin, il rinvio a giudizio e il processo. L’udienza è stata comunque rinviata a febbraio quando saranno sentiti i testimoni e, probabilmente, anche l’imputato. Cita
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