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Giovanni Colarich


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Go finido qualche giorno fa de legger un interessante libro dal titolo "Giovanni Colarich - L’inafferrabile fuorilegge istriano".

Molto interessante, lo consiglio; xe delle Edizioni Luglio (del 2006) e scritto da tale Francesco Fait.

In due parole: racconta la vicenda de sto Giovanni Colarich, polesan, bandito (ladro ed efferato asasin - sempre per ladrocinio).

Responsabile de 5 omicidi e numerosi furti tra Trieste e Pola (in alcuni casi in compagnia del suo complice triestin Antonio Giugovaz) soprattutto nella seconda metà del 1923, se pol dir che gabi praticamente messo in ridicolo la Questura e i Regi Carabinieri con le sue gesta e la sua latitanza.

Alla fine xe stado arrestado in un cinema de Trieste nel gennaio del '24, non senza difficoltà.

La cosa particolare xe che, nonostante sia stado un criminale che non se fazeva problemi a mazar per rubar o per continuar la latitanza, all'epoca xe sta anche visto in parte come un bandito gentile, quasi una specie de Robin Hood. E in questi termini mia nonna (allora 20enne) ghe raccontava a mio papà delle vicende de quest'uomo.

colarich-book.jpg

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A tal proposito, riporto quel che go trovado sul sito AdriaticoUnisce.it

MIO NONNO MI HA RACCONTATO DI GIOVANNI COLARICH

Erika Neji?

Classe III

Scuola Media Superiore Italiana “Dante Alighieri”

Pola - Croazia

Quand’ero piccola, mi piaceva moltissimo sedermi accanto a mio nonno ed ascoltare le sue storie, come del resto piace a tutti i bambini.

Ogni volta ne aveva una nuova; parlava sempre dei suoi bei tempi, di come fosse sopravvissuto alle due guerre e delle altre sue numerosissime avventure.

Ricordo un giorno particolare di circa un anno fa, quando mi disse:

“Eh, bella mia, te ne ho raccontate tante di storie, però ho tralasciato forse una delle più importanti. Adesso vorrei raccontarti una storia un po’ singolare, è un po’ lunga, ma ne abbiamo tutto il tempo.

Non so se ti ho mai accennato ad un certo Colarich, Giovanni Colarich di Siana, il rione che io da bambino ho abitato.

Ebbene, vorrei parlartene adesso, poiché credo che questo personaggio abbia anche un po’ fatto la storia di Pola e tutti ne parlavano negli anni Venti e Trenta.

Eravamo nel primo dopoguerra ed io avevo allora all’incirca otto anni. Sono passati fin troppi anni e molte cose le ho dimenticate, però mi ricordo benissimo di uno strano personaggio che in quel periodo terrorizzava i tranquilli abitanti di Pola. Me lo ricordo perché mio padre ne parlava spesso.

Ma chi era esattamente Giovanni Colarich? Ti chiederai.

Un giornalista, se ben ricordo, lo definì a quei tempi, “la primula rossa dell’Istria”, per l’abilità straordinaria di sfuggire alle “grinfie” della polizia e di ricomparire, qua e là, improvvisamente, nei posti più strani.

Ricordo di quando, in piena latitanza, fece una visita al Corriere Istriano, il quotidiano di Pola, si fece intervistare dal capo redattore e subito dopo si dileguò rapidamente. Egli fu soprattutto un uomo dalla vita sbagliata, solo più in là riabilitata quando, riacquisita la libertà, decise di mettere una pietra sopra il passato e di ricominciare”.

La storia iniziò ad intrigarmi e così cominciai a chiedere di più. Tra una tirata di fumo e l’altra, mio nonno continuò il suo racconto.

“Era il 1949. Colarich aveva allora 49 anni e ne aveva trascorsi già una ventina nelle patrie galere, da Ventotene, a Porto Azzurro a Volterra, ovunque veniva “comandato”, insomma.

Circostanze fortunate però lo favorirono e così nel 1949 fu rimesso in libertà, per effetto di uno scambio tra prigionieri italiani e jugoslavi.

Ricordo inoltre che, dopo la sua scarcerazione e il suo rientro a Pola, era molto benvoluto dalla gente del suo rione, la Grega, dato che aiutava tutti, nel limite del possibile. Vorrei però raccontarti, non dell’uomo buono che divenne dopo, bensì di quello che so del “Colarich bandito”, degli anni Venti.

La gente, allora, era terrorizzata alla sola idea di incontrarlo, si tappava a casa e, solo qualcuno, fra i più audaci, arrivava a sporgere il capo da una persiana quando Colarich passava. Dormiva di qua e di là, là dove lo portavano i passi, dove capitava. Di solito si spostava ed agiva di notte, mentre di giorno riposava. Non era mai a corto di idee, alcune delle quali anche originali.

Ad un cero momento, con i carabinieri e la polizia alle calcagna, decise che l’unico posto sicuro, per dormire, era il cimitero. D’accordo con il custode, si intrufolava abilmente in qualche sepolcro e lì passava la notte, per niente turbato da quell’insolita dimora. Diceva, infatti, che i morti non si muovono, non parlano, non disturbano, quindi dove trovare un posto più sicuro di quello? Agiva sempre nei modi e nelle circostanze più impensate, al sicuro da ogni sorpresa, e la faceva sempre franca. Polizia e autorità erano preoccupate, si davano da fare, le escogitavano tutte, ma andavano sempre a vuoto.

In Giovanni Colarich non c’era nulla di scontato o di prevedibile: agiva di giorno come di notte, da solo o in compagnia, nei luoghi e nei posti più impensabili. Era un uomo audace, furbo e intelligente e spavaldo: ecco perché era imprendibile.

Ad un certo momento però, capì che doveva andarsene e lasciare Pola. Non sapeva dove andare e Trieste fu la prima città che gli venne in mente. Trieste era una grande città, dove ci si poteva celare con maggior facilità, e di là poi magari scappare nel Friuli, nel Veneto o chissà dove. Pola ormai non faceva per lui, era diventata una trappola dopo le accuse mossegli per otto-nove omicidi, dei quali in realtà era stato artefice di uno solo. Decise così di lasciare il suo nascondiglio e, a notte fonda, raggiunse Dignano. Da lì, prese il treno e partì alla volta di Trieste.

Colarich fu catturato solo dopo una furibonda lotta con i carabinieri e i poliziotti. Era ormai in trappola.

La notizia si sparse fulminea in città, a Pola, nel resto d’Italia e all’estero. Per lui si aprivano le porte del carcere che fra alterne vicende, si sarebbero riaperte solo nel 1949 per una fortunata coincidenza.

Dal giorno del rilascio, quell’uomo cambiò profondamente. Iniziò a dedicarsi agli altri e diventò un grande altruista. Si dedicò pure allo studio della fisica e della medicina, dandosi da fare per giovare in qualche modo agli uomini, proprio quelli che una volta aveva offeso e pure odiato”.

Per tutta la durata della storia ero rimasta là, accanto a mio nonno, senza batter ciglio e, devo ammettere, che il suo racconto mi aveva intrigato molto.

Concluse così: “Ho voluto raccontarti questa storia acciocché tu sappia come un uomo possa cambiare nel corso degli anni.

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