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GIOVEDÌ 7 SETTEMBRE 2023

- L'argomento del Rocco come un tabù, e di come negli anni per la Triestina sia diventato più fonte di risultati negativi e disperazione dei tifosi che di gioie e soddisfazioni, era già stato toccato nel precampionato e Attilio Tesser ne era pienamente conscio. Come scrive oggi Antonellop Rodio su "Il Piccolo", yutti hanno sperato che il tecnico potesse già invertire la rotta, ma evidentemente era troppo presto anche per lui. Nessun problema, c'è una stagione davanti per voltare pagina, questo era appena il primo round di un campionato che sarà lunghissimo.

APPROCCIO E come c'è bisogno di tempo per amalgamare una squadra tutta nuova e per affinare anche la condizione fisica, così è necessario avere pazienza anche sull'approccio che i nuovi alabardati avranno con lo stadio di casa. Forse lunedì sera contro il Trento questo atteggiamento, trascinato dal tifo e dalla bella cornice di pubblico, è stato fin troppo entusiasta e generoso, tanto da esaurire quasi tutte le energie nella scatenata prima mezz'ora. Uno slancio fatale perché le alternative, leggasi ricambi in panchina, per i motivi ben noti erano pochissimi.

MALEDIZIONE Fatto sta che alla resa dei conti, la partenza dell'Unione continua a essere da qualche anno quasi una maledizione. A questa, lunedì si è abbinato l'altro tabù, ovvero che quando c'è grande attesa e agli aficionados del Rocco si aggiungono anche spettatori occasionali o solo curiosi, puntualmente la Triestina stecca l'appuntamento. Non è una questione di giocatori, perché in questi anni ne sono passati a decine. Vuoi vedere allora che la storia della maledizione lanciata da una donna di etnia rom prima della costruzione dello stadio è proprio vera? Ma non doveva durare trent'anni (appena scaduti)? Un po' inquietante ripensando alla prima al Rocco persa con la Vis Pesaro, a tutte le delusioni negli appuntamenti decisivi, ai vari fallimenti degli ultimi 30 anni, alle feste che hanno fatto al Rocco tante squadre avversarie.

PARTENZE Ma lasciando da parte scaramanzie e superstizioni che potrebbero diventare assurdi pesi mentali se non addirittura alibi, atteniamoci agli aridi fatti. Il destino vuole che da anni la Triestina parta sempre in casa, ma da quattro campionati le cose vanno proprio storte. Ci sono state inattese brutte figure contro delle neopromosse, addirittura una sconfitta con il Matelica, un faticoso pari con il Seregno, quindi il netto ko dello scorso anno con il Pordenone, e adesso ancora una sconfitta con il Trento. Una sinistra abitudine che si è aggiunta all'altro peso sulle spalle dell'Unione, quello degli appuntamenti falliti davanti a una platea numerosa.

NUMERI Quando il Rocco fa numeri importanti, c'è sempre qualcosa che va storto. Lunedì c'erano quasi 6mila spettatori, un'ottima occasione per far appassionare nuovi tifosi, ed è andata come è andata. Lo scorso anno erano oltre 6mila al debutto, tutti delusi dal dominio del Pordenone. E proprio con i neroverdi era andata male anche nel 2019 quando vennero in 7500 alla partita che poteva avvicinare la Triestina alla capolista, per non parlare dei 20mila alla finale play-off del Pisa, quando ci si mise anche l'arbitro a rovinare il sogno del centenario. Ma perfino i 6400 dello scorso play-out con il Sangiuliano se ne andarono dopo un mesto 0-0. Questo per restare solo in ambito post-covid, perché anche prima gli esempi abbondano. Saprà una Triestina americana, infarcita sul campo di stranieri e guidata da un tecnico capace ed esperto come Tesser, a rinchiudere nel cassetto questo tabù? Lo sperano tutti i tifosi alabardati.

- Le indicazioni lasciate in eredità dal Memorial "Bortoluzzi" suggeriscono un equilibrato ottimismo. Giusto sapere cogliere le sfumature positive raccolte sul campo, altrettanto razionale evitare di drammatizzare di fronte a quelle lacune sulle quali coach Christian ha ancora settimane di tempo per lavorare in vista del campionato.

Come scrive oggi Guido Roberti sul quotidiano locale, dopo Brooks e Filloy, preceduti dai triestini Bossi e Ruzzier, ieri è stata la volta della presentazione ufficiale di Lodovico Deangeli e Luca Campogrande. Capitan Deangeli si appresta ad affrontare la sua terza stagione consecutiva in biancorosso. «Essere ripartiti da un gruppo di italiani dell'anno scorso è importantissimo, perché prima ancora del lato tecnico c'è il valore umano di queste persone e aggiunte come Ariel o Candu. È stata una estate di grandi novità a partire dall'arrivo di Arcieri, cui va il merito di aver portato a Trieste persone di qualità».

"Lodo" analizza le peculiarità del gruppo. «Le difficoltà che avremo le conosceremo solo quando arriveranno, per certo abbiamo un vantaggio che va però gestito con maturità. Siamo tanti, 10 giocatori veri che naturalmente hanno voglia di giocare, non ci sono tante squadre che possono ruotare così, ma abbiamo un obiettivo comune importante. Durante la stagione tutti avranno i loro momenti. Da considerare che tutti verranno a giocare con noi senza aver nulla da perdere, ci aspetteranno un po' come la Milano o Bologna, dovremo gestire la pressione».

Un capitano effettivo, molti leader di fatto. «C'è grande comunicazione tra di noi, all'interno della squadra ci sono tanti leader diversi. Leader tecnici, vocali o chi ha vissuto già partite importanti o magari ha vinto. Qualcuno accenderà sempre la luce». Con sguardo rivolto solo a ciò che si prospetta davanti Luca Campogrande. «Abbiamo sposato un progetto nuovo questa estate, molto interessante e ringrazio molto il coach ed il gm per la fiducia. È importante che ciascuno di noi possa mettere ogni giorno il suo mattoncino e l'entusiasmo, ad ogni allenamento. Noi che abbiamo vissuto la stagione scorsa abbiamo più carica da trasmettere a quelli che sono arrivati, per dare alla città e a chi ha creduto in noi, qualcosa di importante».

Da parte il passato dunque, per calarsi nella nuova realtà. «Dai momenti difficili bisogna reagire e quelli vissuti sono il passato, cambiamo pagina perché abbiamo obiettivi importanti, ritrovare la fiducia in un gruppo così è la partenza, sicuramente l'anno scorso mi prendevo pochi tiri, ho sposato questo progetto perché ho visto un sistema di gioco interessante anche per me».

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