SandroWeb Posted May 9, 2020 Report Posted May 9, 2020 SABATO 9 MAGGIO 2020 - Dalla Fip, nel consiglio federale di giovedì scorso, il segnale è arrivato forte e chiaro. Lo scrive Lorenzo Gatto oggi su "Il Piccolo": saranno le leghe a doversi occupare di scegliere una data per avviare la ripartenza dei campionati e tornare alla normalità. Come? Attraverso una lenta e graduale ripresa che dovrebbe consentire alle società di tornare in campo già a ottobre. In questo senso la federazione si attende una risposta a breve per poter deliberare già all'interno del prossimo consiglio federale. Per scegliere una data e pensare a una ripresa servirebbe la sfera di cristallo. Impossibile sapere oggi come cambierà la vita nelle prossime settimane, davvero un'impresa valutare se tra qualche mese ci sarà davvero la possibilità per giocatori e tifosi di tornare nei palazzetti in sicurezza. In questo senso si naviga al buio e il mandato con cui la Fip ha investito le leghe appare una sorta di gioco d'azzardo al quale i presidenti del massimo campionato Gandini e quello di serie A2 Basciano, dovranno necessariamente prestarsi. Entro il 15 giugno le società del massimo campionato che non intendono confermare l'iscrizione alla serie A dovranno fare domanda per chiedere il riposizionamento nella serie A2. Data ultima oltre la quale non è possibile andare. Chi dovesse rinunciarvi e non essere poi nelle condizioni di iscriversi alla serie A entro il 31 luglio rischia, così come successe a Trieste nel 2004, di dover ripartire dalle serie minori. Un aspetto da tenere in debita considerazione per chi, tra poco più di un mese, sarà chiamato a fare delle scelte. Mai come in questa stagione la solidità economica delle società diventa una passaggio fondamentale per garantire la regolarità dei campionati. Da parte della lega, dal nuovo presidente Umberto Gandini, servirà in questo senso un segnale di discontinuità rispetto al passato. Regole precise e volontà di farle rispettare. Non proprio quello che, negli ultimi anni, è successo nel massimo campionato dove, vedi l'esempio sulla capienza dei palazzetti, si è sempre trovato un modo per aggirare le disposizioni. Sarà l'organo di controllo dei conti ad avere la responsabilità di fornire alla Lega un quadro preciso della situazione. Riuscire a individuare le società effettivamente solide e creare una sorta di sbarramento per evitare il rischio di fallimenti in corso d'opera diventa un passaggio chiave per garantire la regolarità dei campionati. - L'incerta votazione nell'assemblea di Lega sulla quarta promozione determinata con il quoziente punti, e cioè il Carpi ad affiancare le prime della classe Monza, Vicenza e Reggina, non poteva non lasciare strascichi nei club di C. Anzi per le 16 società, tra le quali la Triestina, quella votazione è solo il primo passo di una partita la cui fine sarà fischiata solo dal prossimo Consiglio federale. Lo scrive Ciro Esposito: ne ha preso atto, subito dopo l'assise, anche lo stesso presidente della LegaPro Francesco Ghirelli affermando di concedersi una pausa di riflessione. Difficile comprendere quali possano essere le sue mosse visto che il numero uno non può certo disconoscere una regolare votazione della sua assemblea. Ha ragione dal suo punto di vista e anche in assoluto il presidente del Carpi Stefano Bonacini: «L'assemblea è sovrana e ha votato a maggioranza. E poi la matematica non è un'opinione. Se noi abbiamo giocato 26 partite e non 27 o 30 è dovuto alla decisione della Lega di fermare per motivi si sicurezza i due gironi nord e di far continuare quelli del Sud». La risposta della Reggiana prima e del Bari poi, ma ieri anche quella della Carrarese, tutti propensi a rivolgersi, se il caso, ai tribunali si basa sul fondamento giuridico della differenza appunto di partite giocate e anche dei diversi gironi intesi come tornei non assimilabili. Ma non ci sono solo le dirette interessate a contestare la scelta presa a maggioranza ma con ben 17 astensioni. Nel fronte di chi, al pari dell'amministratore unico della Triestina Mauro Milanese, vuole giocare i play-off ci sono molte delle società più ambiziose dei vari gironi. Quelle insomma che rappresentano l'anima imprenditorialmente più spinta di una categoria economicamente alla canna del gas. Il Padova non ci sta e annuncia ricorso nel caso in cui venga tenuto conto del merito sportivo per stabilire la quarta promossa: «Penso che faremo ricorso - ha dichiarato l'amministratore delegato Alessandria Bianchi - se verrà tenuto conto il criterio del merito sportivo. In caso di decisione del Consiglio federale orientata ad appoggiare questa linea noi non ci sentiremmo tutelati e sicuramente difenderemo la nostra posizione in tutte le sedi competenti». Ancora più spinta è la posizione del ds della Ternana Leone. «Ognuno ha avanzato le esigenze personali. E' normale che ci saranno i contenti e gli scontenti, ma dobbiamo attendere le decisioni del Consiglio Federale. Bisogna capire come salvare la Serie C. Oggi si dice che bisogna fare una C a 69 squadre ancora professionistiche, c'è un po' di incoerenza su quello che si vuole fare. Quel che è emerso è che almeno un terzo della categoria che non vuole il semiprofessionismo. Ci sono dei presidenti che vogliono investire nel calcio e altri che vogliono risparmiare. Non riesco ancora a capire che mission debba avere la Serie C, che strada bisogna percorrere. Se deve essere una categoria fatta per i giovani bisogna fare una C per questo e una C per chi vuole salire. Perché mi sembra che qualcuno voglia dire agli altri cosa devono fare, a ognuno deve agire in base alle proprie possibilità. Non è che tutti devono puntare alla stessa cosa. Se io voglio giocare per vincere, un altro può voler giocare per vendere i giocatori, un altro ancora per valorizzare i giovani o per essere sostenibile. Ma la Serie C in realtà non è sostenibile». Il Sudtirol vorrebbe «i play-off a 28 squadre» così come il presidente del Potenza Vincenzo Caiata.Insomma la sensazione è che in sede di Consiglio Federale l'esito del destino della C non sia scontato. Le scelte legittime in sede di Lega di annullare le retrocessioni portano a un format ipotetico a 69 squadre e se applicate per analogia alla B farebbero sbalare anche quel format con 23 squadre o 24. La Figc, che peraltro ha preso come indirizzo quello di giocare in condizioni di sicurezza a meno di un intervento diretto del Governo (che a quel punto dovrebbe indennizzare e intervenire per bloccare eventuali ricorsi), può veder di buon occhio una disputa dei play-off più avanti nel tempo. Insomma va dato atto che la C è stata la prima Lega a prendere una decisione anche perché non giocare vuol dire, a differenza di A e B, risparmiare costi a fronte di zero ricavi. Ma la frizione c'è. E potrà avere un peso sulle decisioni di Gravina e degli altri del Consiglio. Se un dirigente come Galliani che la sa lunga e che ha sempre sostenuto la linea di concludere il torneo sul campo magari in autunno, ieri ha predicato prudenza per il suo Monza «perché bisogna aspettare il Consiglio federale» significa che non è una questione solo di scaramanzia. Quote
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